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Due paroline al "Servizio Pubblico" di Celentano

Adriano Celentano, ospite di Santoro a Servizio Pubblico, torna a parlare del suo intervento sanremese affermando che non si pente di nulla ma ripeterebbe esattamente quanto dichiarato durante il Festival della canzone italiana. Peccato, ha perso la terza occasione: correggere alcune espressioni/informazioni infelici. 

Caro Adriano,

si può dire che ho acceso la tv solo per vedere il tuo spettacolo? Sì, che si può dire. Specie se parliamo del decadente Festival della canzonetta italiana. Occupato per 60 minuti da uno show quasi interamente politico che ha svuotato del reale contenuto (seppur scadente) una manifestazione dedicata alla “musica italiana". Sicuramente, il tuo prolisso intervento è servito a catturare l’attenzione di chi non ama Sanremo, come me. Centrando così l’obiettivo degli organizzatori: fare audience. Numeri. Ma, a parte alcune brillanti riflessioni, mi spiace dirtelo, ho trovato i tuoi monologhi alquanto scontati, confusi e a tratti anche disinformanti.

Sparare a zero sulla Consulta, ad esempio, che ha respinto i quesiti referendari per cassare la legge Calderoli, senza spiegare i dettagli, lo trovo scorretto. Andava aggiunto che non si può approvare un referendum abrogativo con conseguente vuoto legislativo, non essendoci una normativa alternativa, se non il vecchio Mattarellum. Per questi motivi, gli Ermellini, hanno dichiarato inammissibile la proposta di Di Pietro e consigliato una riforma della legge elettorale.

Il Popolo Sovrano - siamo d’accordo - dovrebbe avere il potere supremo, ma se il suo volere (le firme raccolte per il referendum) va a cozzare con la stessa Costituzione, ecco che la Consulta ha il dovere di controllare e regolare le proposte popolari. Altrimenti, il rischio è di prevaricare quelle garanzie democratiche che fanno della nostra Carta costituzionale una delle migliori al mondo.
 
Sia chiaro, sono la prima a volere la cassazione del Porcellum, era quello che auspicavo, prima di capire che c’era qualcosa di sbagliato. Non si può lasciare un Paese senza una legge elettorale. E non si può nemmeno retrocedere a una legge ancora più datata e obsoleta, che a sua volta non è il massimo. Anzi. Oltretutto, la scenetta col Pupo, che fa opposizione, è stata a dir poco patetica. Uno teatrino impiantato per non irritare le varie parti politiche? Ce lo potevi risparmiare.

Così come potevi evitare quel “deficiente” al giornalista del Corriere, caro Adriano. Da un pulpito come quello del Festival della Canzone italiana, in eurovisione? Ma bravo. Hai approfittato della visibilità concessa da quello stesso popolo pagante il canone, per insultare una personaggio pubblico. Avresti potuto usare altri mille modi per criticare Aldo Grasso. Tranne che etichettarlo come imbecille. Peccato, hai voluto strafare, quando avresti potuto spacciare messaggi forti e chiari, senza scadere nel qualunquismo, nell’offesa, nel pressapochismo.

Molto meglio sentirti cantare, indubbiamente. E vederti ballare. Una delle cose che sai fare meglio, nonostante l’età. E invece sei stato tirchio, regalandoci solo qualche secondo di puro talento. Peccato, ripeto, mi hai delusa. Avrei preferito meno parole ad effetto, tipo spread, che va tanto di moda, e più arte. Quell’arte che ti ha reso famoso nel mondo come “Il Molleggiato”. 

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