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Dopo la Memoria: gli insospettabili giusti

Il giorno dopo - non a caso il giorno dopo - la Giornata della Memoria che ricorda lo sterminio degli ebrei, può essere interessante ricordare anche chi seppe dire di no alla violenza nazista, pur mettendo a rischio la propria incolumità.

Non solo le formazioni resistenziali che si sono formate in quasi tutti i paesi europei, ma anche alcuni piccoli gruppi di oppositori tedeschi e singoli individui si sono apertamente opposti allo strapotere delle SS.

Fra questi spicca la figura di un ufficiale della Wehrmacht, Albert Battel, un avvocato iscritto al Partito Nazionalsocialista fin dal 1933, ma che si era già impegnato ad aiutare alcuni ebrei tedeschi a riparare in Svizzera.

In servizio come aiutante del maggiore Liedtke nella città polacca di Przemyśl, nel luglio del 1942 occupò con i suoi soldati il ponte che costituiva l’unico accesso al ghetto della città, dove erano stati ammassati gli ebrei locali.

All’arrivo di un distaccamento di SS dirette al ghetto per il consueto rastrellamento, Battel si oppose al loro passaggio minacciando di aprire il fuoco se avessero tentato di forzare il blocco. 

In seguito fece trasferire un notevole numero di ebrei negli scantinati del comando tedesco, salvandoli dalla deportazione, mentre quelli che non riuscì a trasferire furono poi deportati nel campo di sterminio di Belzec.

Ovviamente il suo comportamento fece scalpore e la questione arrivò fino ai livelli più alti della gerarchia nazista che decise però di soprassedere per evitare di accentuare gli attriti già esistenti tra esercito e SS. Così Battel se la cavò e, sopravvissuto al conflitto, tornò a casa dove morì nel ’52 per un attacco di cuore.

Nel 1981 fu iscritto nell'albo dei "Giusti tra le nazioni" dello Yad Vashem, al pari del suo superiore Max Liedtke (nella foto) che lo aveva spalleggiato a Przemyśl e di Wilhelm Hosenfeld, il capitano reso famoso dal film di Spielberg Il pianista.

Non furono in molti, fra i militari tedeschi, ad opporsi alla direttiva che imponeva la “soluzione finale del problema ebraico” e quei pochi rischiarono molto. Ma è importante mettere in luce che ci fu chi riuscì a trovare la forza e il coraggio di dire di no.

Non solo alcuni che avevano mantenuto qualche barlume di umanità, ma anche alcuni paesi seppero opporsi.

Come i governanti di Bulgaria e Danimarca, gli unici due paesi europei sotto l’ombrello nazista (il primo un alleato molto tiepido, il secondo occupato) che seppero rifiutare qualsiasi collaborazione alla deportazione dei “loro” ebrei (anche se i bulgari si impegnarono nel rastrellamento degli ebrei greci e macedoni).

Altri paesi invece hanno dovuto fare i conti con il proprio collaborazionismo e con le loro responsabilità nello sterminio.

Un film del 2014, Il labirinto del silenzio, descrive la storia del giovane procuratore Johann Radmann, figlio di un soldato privo di simpatie naziste mandato sul fronte orientale e disperso in guerra, che, grazie al giornalista Thomas Gnielka, inizia a capire che nessuno, nella Germania Ovest del 1958, conosce il nome di Auschwitz né, tantomeno, che cosa vi era successo. Tranne ovviamente le gerarchie istituzionali che tendevano a insabbiare le responsabilità dei molti criminali sfuggiti al processo di Norimberga e reinseritisi nella vita sociale.

Nella realtà storica il lungo e difficile cammino di ricerca e di raccolta delle testimonianze, fu svolto dal procuratore generale, Fritz Bauer - un ebreo tedesco fuggito all’estero durante il periodo nazista e diventato poi attivista della SPD - che riuscì a trascinare sul banco degli accusati le SS di guardia nei campi di sterminio e colpevoli di innumerevoli omicidi.

Grazie anche a lui, e al film, la Germania è riuscita a fare in qualche modo i conti con il proprio passato, così come è stato fatto in Francia grazie ad altri due film, La chiave di Sara e Vento di primavera, che hanno raccontato il rastrellamento ad opera della polizia francese degli ebrei parigini raccolti nel Velodromo d’inverno (nella foto) prima di essere avviati ai campi di sterminio.

Il nostro paese, autoassoltosi con il becero refrain degli “italiani brava gente”, sembra essere riuscito nella non facile impresa di pensare di non aver avuto mai colpe, ma solo i meriti della Resistenza e un’assoluta innocenza nella persecuzione della piccola minoranza ebraica italiana.

Senza nulla togliere a chi ha davvero contribuito a salvare tante vite e a combattere il nazifascismo, questa rimane una delle tante favole del patrimonio nazionale del belpaese.

 

Commenti all'articolo

  • Di Marina Serafini (---.---.---.234) 29 gennaio 2017 01:22
    Marina Serafini

    Ne "La banalità del male" H. Arendt riporta gli eventi e i racconti emersi in tribunale, durante l’interrogazione di uno dei principali responsabili delle deportazioni naziste. Osservazioni e ricostruzione di eventi si alternano in un testo ricco, a volte spiazzante, e a volte fin troppo tecnico nelle sue rievocazioni. E l’autrice descrive bene l’ottusità che sottostava a certe dinamiche: ciò che riporta al titolo stesso del testo. Ma sa anche raccontare che furono davvero in molti a rifiutare la pazzia e lo scempio, e molte popolazioni - o parti di esse - si esposero e rischiarono per supportare e aiutare le vittime di quella follia. Ho provato un certo sollievo nel leggere che tra questi c’erano molti Italiani - un paese, il nostro, ivi descritto come " non ostile " agli ebrei. Scrive l’autrice che vi si rifugiarino in molti, perchè era noto il fatto che la cultura razzista del reich faticava davvero ad attecchirvi. Mussolini purtroppo lo fece, formalizzò le leggi razziali, ma ciò avvenne solo quando non fu più possibile evitarlo. È poco, e drammatico, e orribile. È onestamente incomprensibile che sia potuto accadere ciò che nessuno dovrebbe mai dimenticare, ciò per cui qualsiasi essere umano dovrebbe provare profonda e inestinguibile vergogna, ma purtroppo non si può cambiare qualcosa che è già avvenuto. Si può e si deve imparare, ed è giusto non dimenticare mai, soprattutto in tempi nei quali slogan razzisti sono enunciati con toni sempre più udibili, e personaggi potenti esibiscono la propria violenza costruendo muri con mattoni impastati di ignoranza e arroganza. Gli italiani, allora, tra gli altri, in un mondo assurdo, persi in un incubo sconosciuto, fatto di confusione, di ignoranza, di paura e di violenza. Un periodo buio, vissuto nel dolore. Alcuni hanno mostrato di non essere umani, altri hanno mostrato di essere stupidi, altri solo di essere fragili. Ma c’è stato, tra loro, chi ha dato prova di sè, chi ha lottato perchè la natura umana fosse riconosciuta nella sua dignità. E tra questi onoratissimi individui è bello sapere che ci sono stati anche degli italiani… E se per una volta possiamo finalmente concedercelo, allora facciamo un bel respiro e diciamolo: italiani, brava gente!

  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.127) 29 gennaio 2017 13:47
    Fabio Della Pergola

    Questa frase - "formalizzò le leggi razziali, ma ciò avvenne solo quando non fu più possibile evitarlo" - non mi trova affatto d’accordo. L’Italia poteva benissimo evitare di emanare leggi razziali ed esistono perciò indiscutibili responsabilità non del solo regime, ma di tutta la società e della Chiesa che aveva una notevolissima influenza sul popolo italiano.
    Ovviamentee la deportazione degli ebrei avvenne solo dopo l’8 settembre 1943 quando furono tedeschi e i militi di Salò ad agire in tal senso. È stato quindi facile attribuire ogni colpa ad essi, salvando gli "altri" italiani. Ma le basi di quello che accadde dopo stanno appunto nelle leggi razziali emanate prima. Con queste responsabilità il nostro paese non ha mai fatto i conti.

  • Di Marina Serafini (---.---.---.234) 29 gennaio 2017 15:01
    Marina Serafini

    Sul fatto che l’Italia si fosse messa da sola in quella orribile posizione non ci sono assolutamente dubbi, e gia’ questo, da se’, e’ meritevole di condanne infinite. Credo comunque che "il giochetto" fosse sfuggito di mano molto presto e l’Italia non si trovava tanto nella posizione di paese alleato, quanto in quella di succube del reich... Intendo questo con la frase che contesti. Relativamente e pericolosamente alleati con un rullo compressore che minacciava la tragedia ovunque non la stesse gia’ mettendo in atto, quella stessa tragedia gia’ attuata altrove...Figurarsi cosa era nell’aria per chi si trovava ufficialmente - per propria vergognosissima scelta - sulle stesse linee... A far patti con il diavolo ci si trova in posizioni davvero insostenibili..

    Con questo non sto certo giustificando l’ingiustificabile, ma credo che la prospettiva vada ampliata al fenomeno complesso che si era venuto a creare. Ossia: il topo ha giocato al fianco del gatto finche’ non si e’ reso conto di essere topo a sua volta...
  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.127) 29 gennaio 2017 16:44
    Fabio Della Pergola

    Capisco quello che dici, ma insisto. Non per polemica, ma per puntualizzare una realtà storica. Le leggi razziali sono state emanate in Germania nel 1935 e in Italia nel 1938. A quella data l’Italia era ancora così autonoma da potersi permettere il lusso di "concedere" alla Germania di procedere con l’Anschluss dell’Austria. Cosa che due anni prima aveva bloccato mandando truppe al Brennero. Parlare quindi di un paese succube del Reich, nel ’38, è molto discutibile. La sudditanza psicologica e poi anche politico-militare avviene dopo, a guerra iniziata. Le leggi razziali sono state quindi un atto autonomo, anche se imitativo, e la responsabilità ricade interamente sul nostro passato storico, non su "altri".

  • Di Marina Serafini (---.---.---.228) 30 gennaio 2017 10:55
    Marina Serafini

    Ok, è solo che facevo il confronto con altri paesi che si sono accaniti contro i perseguitati in modo incomprensibile, esibendo una ferinità che ha stupito gli stessi tedeschi... Sembra che Hitler si sia addirittura preoccupato di far contenere gli interventi dei popoli slavi contro gli ebrei per paura di "sfigurare" al confronto...


    Quello che mi preoccupa un pò, è la modalità con la quale - tra l’altro - i nazisti incrementarono la cultura razzista verso le popolazioni esuli, rese appositamente apolidi, spogliate di tutto e buttate fuori dallo stato di provenienza... Ci volle poco perchè molti stati, sentendosi invasi da situazioni non troppo gestibili e da "problemi ingombranti" convenissero, alla fine, nella dichiarata necessità di una "eliminazione" del problema...
    Con le dovute differenze, oggi sta accadendo qualcosa che un pò rievoca quell’atmosfera inquietante...

  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.127) 30 gennaio 2017 11:32
    Fabio Della Pergola

    Con le dovute differenze... hai molta ragione: l’atmosfera è cupa e inquietante.

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