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Dopo il G8: salviamo il modello culturale dell’Europa

Potremmo uscire da questa crisi perdendo i valori più importanti della storia e della cultura europea. Se non ci sveglieremo, ci troveremo tutti in un mondo ad immagine Usa. Vogliamo questo?

Uno sguardo al passato

Da un po’ sento nostalgia dell’Urss. Non per ideologia, ma perché allora c’erano due idee in lotta che, per evitare che l’altra prevalesse, dovevano limitarsi. Quindi noi europei eravamo liberi da Friedman e dal neoliberismo, potevamo costruire il nostro welfare e nessuno ci diceva di fare sacrifici per salvare le banche, per aiutare le industrie, per aumentare la nostra competitività. Perché dire questo, tentare di ridurre pensioni, sanità e diritti avrebbe spinto le masse degli elettori a votare per i partiti di sinistra e così spostare le alleanze, sia pure di poco, verso il contendente.

Le assurdità scritte da Friedman devastavano solo gli Usa di Reagan dove ogni tendenza al sociale diveniva comunismo e l’Inghilterra della Thatcher che ne era la gemella socioculturale. Nel resto d’Europa, dove esistevano sinistra e partiti comunisti forti, dove il concetto di equità sociale, di redistribuzione della ricchezza era da sempre pane quotidiano, certe cose erano improponibili.
 
Ricordo che, all’epoca, mi dichiaravo contento del dualismo perché, dicevo, se non piace una parte può sempre andare dall’altra. O cercare di farlo. In realtà la cosa era ancora migliore perché ognuno dei due frenava l’ideologia opposta e doveva adottare parte dell’altra. Poi l’Urss si è dissolta e si è inventato che il comunismo era fallito. E tutti sono corsi ad aiutare l’apparente vincitore. Compreso il PCI. Anche se il dichiarato fallito non era il comunismo, ma il capitalismo di Stato e anche se lo stesso capitalismo di Stato non era fallito, ma aveva esaurito la sua funzione e, nel rispetto della teoria marxiana, era uscito dalla cronaca per entrare nella storia tentando di trasmutare sé stesso sotto la guida del suo capo. Ma tant’è.
 
Comunque mancò la controparte, mancò il freno al liberismo e lo stimolo al sociale ed è iniziata quella che, se combattuta fra Stati, chiameremmo terza guerra mondiale e, se fossimo il Dalai Lama, chiameremmo “genocidio culturale”. Non possiamo neppure chiamarla col suo nome che è ideologicamente vietato e perché il termine, lotta di classe, identificava la lotta dei poveri contro i ricchi, mentre questa è lotta di ricchi contro poveri O meglio, come ho scritto tempo fa, è nata non la rivoluzione, prevista da Marx, dei poveri che non hanno nulla da perdere, ma la rivoluzione dei ricchi che hanno tutto da guadagnare. E, se non ci sveglieremo, tra poco perderemo e ci troveremo tutti in un mondo ad immagine Usa. Usa che, ci viene detto, dobbiamo imitare.
 
Il modello americano
 
Ma gli Usa hanno il 50% della ricchezza in mano all’1% della popolazione (noi il 45% in mano al 10%); 50 milioni di abitanti senza alcuna assistenza sanitaria (noi nessuno); scuole per coloro in grado di pagare ricche rette (noi quasi gratis). Università con costi superiori all’acquisto di un appartamento (da noi troppo, ma circa 8.000 €), pensioni che possono sparire per il fallimento dell’azienda in cui si lavora. Vogliamo questo?
 
Inoltre hanno la pena di morte, riconoscono, cioè, allo Stato diritto di vita e di morte sui cittadini, hanno condanne aumentabili nel corso della detenzione a giudizio dei carcerieri. I giudici sono elettivi, quindi soggetti alle tentazioni per conquistare il consenso. Vogliamo questo?

Il loro sistema giuridico prevede che si può uccidere ed andare a spasso tranquilli: basta avere abbastanza danaro per la cauzione. Vogliamo questo? E da loro è così perché loro non hanno il timore del comunismo in casa, non lo avevano e non lo hanno oggi tanto che Obama è stato accusato di comunismo solo per volere l’assistenza malattia per qualche milione di americani in più. Ho letto che Will Smith, il noto attore, si è meravigliato nel conoscere l’aliquota fiscale massima che forse verrà proposta in Francia tra poco, ma si sarebbe meravigliato ancora di più se avesse avuto notizia di tutti i servizi che riceviamo in Europa in cambio. Anche in Paesi dissestati come il nostro. Nonostante corruzione e sprechi.
Negli Usa hanno tre milioni di detenuti, l'1% della popolazione, è come se se da noi avessimo 600.000 detenuti invece di 67.000. E loro quasi mancano i detenuti in attesa di giudizio grazie alla cauzione.

Nonostante questo la criminalità è così diffusa che in alcune città hanno dei quartieri chiusi da cancellate con sorveglianti armati. Ne “Il sogno europeo” J. Rifkin riferisce la sua meraviglia nell’aver notato che nei parchi europei gli anziani, anche all’imbrunire, passeggiano tranquilli con le mani congiunte dietro la schiena sentendosi sicuri. In Usa no. Vogliamo questo?
 
Noi dagli Usa dovremmo copiare solo l’unica cosa che nessuno propone ossia la conservazione per oltre 230 anni della stessa costituzione salvo emendamenti. Tutto il resto deve rimanere europeo, dobbiamo conservare i nostri principi sociali, il nostro concetto di Stato.
 
Salvare l’Europa

Dobbiamo salvare l’Europa da questo genocidio socioculturale. Ed economico.
Non sarà facile perché hanno ottenuto, in larga misura, di mutare le idee, hanno già portato molti a pensare che volere un posto fisso e la difesa dei diritti, sostenere la ricerca e l’intervento del pubblico è una forma mentale superata, retrograda, dannosa agli interessi della stessa classe lavoratrice. Anzi che anche solo parlare di lavoratori è segno di arretratezza. Basti pensare a come sono riusciti a far accettare dai lavoratori la così detta riforma delle pensioni e, in larga misura, quella del diritto del lavoro.

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