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Don Aniello Manganiello: Scampia mi ha insegnato a sperare

Per le strade di Scampia con Don Aniello Manganiello, il prete dell'antimafia delle opere che nel libro "Gesù è più forte della camorra" ha raccontato i suoi16 anni nel rione Don Guanella, il suo allontanamento, l'amore per Napoli e la sua gente, i semi della speranza e l'anticamorra delle opere.

“Perché il male trionfi basta che gli uomini del bene non facciano nulla". E lui è un uomo del bene, un uomo di pace che ha deciso di dire no agli uomini del male. Da quando quasi bambino è entrato in seminario. Da quando per la prima volta è sceso alla stazione di Napoli Centrale vestito di nero, come sempre, con uno zaino sulle spalle e tanta paura nel cuore. 

“Avevo la barba incolta e quando arrivai in quella che stava per diventare la mia parrocchia, qualcuno pensò che fossi un tossico!”. Sorride Don Aniello Manganiello mentre chiacchieriamo nel cortile della sua ex parrocchia di Scampia, nel rione Don Guanella: lo sguardo limpido, il volto abbronzato e quella camicia nera con il colletto rigido bianco mai al suo posto, sempre lasciato libero, come lo è lui.

Per 16 anni ha rappresentato la voce e le mani di Scampia: è sceso tra la gente, ha abbattuto le mura che separavano la vita dalle Istituzioni (quelle civili e religiose), ha cercato di far capire attraverso il suo operato, che una vita diversa è possibile, che la legalità può esistere, che combattere la camorra si può e che chi nasce a Scampia non ha un destino segnato.

Perché non sei più a Scampia?

“Ufficialmente per la regola dell’avvicendamento che stabilisce che ogni 9 anni i parroci possano essere spostati “d’ufficio”(ma in realtà a me questo è capitato dopo 16 anni). Comunque dopo l’avvicendamento, sono stato assegnato alla Parrocchia del quartiere Trionfale a Roma, zona benestante della Capitale, troppo distante dal luogo in cui sono vissuto così a lungo".

"Dopo tre mesi dall’inizio del mio incarico, ho deciso di prendermi un anno sabbatico e dedicarmi alla stesura del libro, scritto con Andrea Manzi: “Gesù è più forte della camorra” (Edito da Rizzoli)".

"Il problema è che alcuni episodi, passaggi, interventi, situazioni dove ha un ruolo forte il Cardinale di Napoli e i parroci di Scampia che non hanno mai gradito i miei interventi sul tema della politica, del sociale, del degrado del territorio di Scampia, hanno sicuramente condizionato la decisione dei miei superiori nel trasferirmi".

"Ecco perché ho contestato e ho fatto fatica ad accettare l’obbedienza, perché non mi sembrava libera da qualsiasi condizionamento; ecco perché la comunità di Scampia e la mia parrocchia, quando sono stato “allontanato”, hanno organizzato una fiaccolata: è stato emozionante vederne 2000 di parrocchiani in piazza per me! Quella è stata la vittoria più grande. Un seme di legalità era stato piantato anche a Scampia”.

Mentre parliamo le donne, le madri, i bambini, i ragazzi in motorino, un edicolante, il macellaio e il pescivendolo, il panettiere, un ex ragazzo di vita, tutti lo salutano e lo benedicono: "da quando te ne sei andato non vado più in Chiesa", "se ti hanno portato via che senso ha pregare?", "a te dovevano farti Papa, non a quel tedesco", "tu i giovani li hai messi a lavorare, li hai riportati a scuola, li hai allontanati dalla droga. Chi ci sta come te ora?".

Una vecchietta appena lo vede gli corre incontro per abbracciarlo: "Facciamo la marcia su Roma, se non torni!". Qualcun altro, vedendolo dopo un po’ di tempo in quel quartiere che era il suo, si illude per un attimo che sia tornato per sempre con loro.

Dove sei ora?

"Dopo aver lasciato Roma, sono tornato a Camposano, il mio paese natale, vicino Nola. Sono in un rione popolare, vivo da mia sorella che è vedova. Lì c’è una parrocchia ed io mi prendo cura della comunità visitando gli ammalati, o facendo lavoro di monitoraggio delle povertà che ci sono e dei bisogni. Mi sto attivando per dare dei riferimenti ai giovani che sono un po’ spaesati; inoltre dal momento in cui il libro è stato pubblicato, vado in giro per l'Italia e vengo invitato da politici e associazioni. Ho già presenziato ad una cinquantina di presentazioni”.

Cosa ti fa provare la lontananza da Scampia?

"Vado spesso, almeno due o tre volte a settimana a Santa Maria della Provvidenza, la mia parrocchia. Ogni volta che vado, le emozioni sono forti il dolore è tale da sembrare una pugnalata al cuore. L’essere stato privato di quella esperienza mi provoca sempre una sofferenza nuova".

Come hanno commentato i tuoi Superiori la pubblicazione del libro?

"Non ho avuto nessun riscontro né da parte della mia Congregazione né da parte della Curia di Napoli. Silenzio totale. Non so se sia disprezzoindifferenza o il tentativo di fare terra bruciata".

Cosa provoca questo in te?

"Grande amarezza. Tante vote mi dico "pensavo di avere una famiglia ed è stata solo una illusione. Perché non ho avuto nessuna difesa, mi hanno dato dello showman, dell’esibizionista; mi hanno descritto come un uomo alla ricerca di fama e celebrità, che si è cucito addosso il ruolo di prete anticamorra, che si è inventato minacce. Questo mi ha amareggiato molto".

Il sostegno di chi ti ha stupito?

"L’Opinione pubblica e soprattutto la mia gente, che mi ha sempre voluto bene e me lo dimostra ancora. I giovani dell’Associazione sportiva Don Guanella di cui sono ancora presidente. Una grande stima e vicinanza. E lo stesso tanti attestati di solidarietà e di stima ovunque vado".

Cosa ti ha insegnato Scampia?

"Scampia mi ha insegnato una vita essenziale, la bellezza di stare dalla parte dei poveri di stare vicino a loro; mi ha insegnato la speranza, mi ha insegnato che gli irrecuperabili non esistono. Mi ha insegnato l’ottimismo. Mi ha insegnato a vivere il sacrifico, cosa che peraltro avevo imparato in famiglia e durante l' infanzia. Però vedere tante famiglie vivere dignitosamente, nonostante gli stenti, mi ha insegnato ad accontentarmi anche del poco e a fare qualcosa per gli altri".

Cosa significa avere la vocazione?

"Sai la mia vocazione, con tutte le sue fragilità, si sviluppa in una situazione di grande povertà e di disagio economico e in un contesto di grande fede e di abbandono nelle mani di Dio. Credo che siano questi i due elementi: grande fede e forte senso di abbandono nelle mani di Dio in un contesto di povertà. Dio non abbandona, questa è la consapevolezza che ho maturato. Dio prima o poi risponderà alle invocazioni dei bisognosi. Nasce in questo contesto come consapevolezza di avere un Padre, io che non l’ho mai conosciuto, perché è morto prima che io nascessi. Un Padre al quale affidarsi e potersi addormentare tra le sue braccia. Da qui nasce la voglia di essere nella vita, per gli altri, quello che Dio è per me".

Cosa vuoi dire ai giovani?

"I giovani hanno bisogno di modelli, di vedere una Chiesa nuova, essenziale, chiesa del grembiule, come diceva Monsignor Tonino Bello, morto nel ’90. Vedere una Chiesa che mira ad educare piuttosto che ad insegnare, che accompagna alla scoperta della felicità e delle cose belle. Una chiesa vicina ai giovani senza la preoccupazione di imporre delle verità, ma di cercarle insieme ai giovani. Questo penso che i giovani vogliono. I giovani sono come quelli di ieri; non hanno nulla di meno. Quindi vanno accompagnati, non aiutati. Hanno bisogno di una chiesa che condivida il loro percorso e che li vada a cercare dove stanno, dove vivono e si divertono"

Cosa ti addolora della contrapposizione tra te e Saviano?

"Non mi piace questa accentuazione della mia posizione che invece è complementare. Quando io parlo di anticamorra, delle opere, intanto riprendo un pensiero di Sciascia, che diceva che non è sufficiente per debellarla l’antimafia delle parole. Per esempio il mio libro è uno strumento per educare alla legalità, all’esercizio del diritto di cittadinanza, a combattere tutto ciò che è espressione del non rispetto, degli altri e delle leggi. Però, a fronte di tutto questo, delle fiaccolate, delle manifestazioni, ci vuole anche l’antimafia delle opere. Nello specifico parlando del territorio di Scampia, più noi miglioriamo la qualità della vita di quella gente e più la camorra non ha dove attingere manovalanza. Gli togliamo l’ossigeno e il territorio. Quindi questa contrapposizione fatta dai giornali e dalle televisioni non va bene”.

Cosa possiamo fare noi?

"Paolo VI diceva ciascuno inizi da sé e il numero crescerà a dismisura".

Cosa ti manca?

"Mi manca Napoli, che sento come casa mia. Mi manca quella gente. Mi manca Scampia, la loro energia ed anche le loro battaglie. Ma io continuo a farmi sentire. Se ci sono muri illegali da abbattere e vedo che nessuno lo fa, cerco sempre di far rumore. Sto male se vedo che vengono gettati semi di illegalità laddove stavano cominciando a fiorire speranze. Siamo noi i primi a dover cambiare le cose: comprare un cd falsificato, comprare le sigarette di contrabbando, non fatturare, non chiedere uno scontrino: anche noi siamo conniventi e Napoli mi manca perché il suo intimo canto sta tra i vicoli dei quartieri spagnoli. Non per il folclore o il colore, ma per il dolore. La chiamano "zona a rischio", dove ogni pietra chiagne e rire, proprio comm'a gente che ce sta” (Napoli in La minore di Valentina Gaglione - ndr).

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