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Diete mica tanto efficaci: South Beach, Dukan, Weight Watchers e dieta a zona in uno studio

Trial clinici mostrano che le diete South Beach, Dukan, Weight Watchers e dieta a zona non danno molti risultati. 

di Sara Stulle

È ormai da tempo che molti medici si dichiarano scettici di fronte al potere delle diete. Quelle “creative” che spopolavano negli anni Ottanta e Novanta, e che tornano periodicamente alla ribalta, o quelle di nuova generazione.

Oggi la pulce nell’orecchio sulla loro efficacia ce la mette anche uno studio condotto da un team di ricerca canadese, e pubblicato sulla rivista Circulation: Cardiovascular Quality and Outcomes. La ricerca, che come anticipato dal nome della rivista rivolge lo sguardo non soltanto ai problemi di peso, ma anche alla questione di salute cardiovascolare legata all’obesità, ha preso in esame quattro delle diete tra le più popolari negli Stati Uniti – South Beach, Dukan, Weight Watchers e dieta a zona – analizzandole in dodici trial clinici. I ricercatori hanno chiarito che, in un anno, i pazienti sottoposti a queste diete, spesso complesse da gestire o insostenibili psicologicamente, hanno perso tra i 2 e i 6 chili, che è proprio il peso che avrebbero perso se avessero seguito un normalissimo regime alimentare povero di grassi. Anzi, i dati raccolti dopo 24 mesi hanno mostrato che parte dei chili persi con alcune delle diete, in particolare Weight Watchers e Atkins, venivano sistematicamente riguadagnati, mentre non sono stati osservati miglioramenti rilevanti per quel che riguarda la salute del cuore.

Certo, dodici trial non sono abbastanza né possono rappresentare una risposta esaustiva, ma ci danno già un’idea abbastanza chiara della situazione e, a fronte di milioni di euro e di dollari spesi in diete popolari, i dati non possono essere ritenuti affatto soddisfacenti per poter sostenere che queste diete siano efficaci. Né se ce ne sia una più utile.

Pare, invece, che un possibile spiraglio per la cura dell’obesità provenga da un ulteriore studio, recentemente pubblicato su Science Signaling, che riguarda il cervello più che l’assunzione di cibo, perché è il cervello che controlla il desiderio legato all’atto del mangiare e anche il dispendio di energia, ed entrambi contribuiscono all’ottenimento del peso corporeo corretto o scorretto.

Il team – del quale hanno fatto parte anche gli italiani delle università di Torino, di Padova, della Sapienza di Roma dell’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico di Pozzilli – ha riscontrato che i topi che avevano due particolari enzimi inattivi – PI3Kβ and PI3Kγ – erano più magri, mostravano più massa muscolare e meno adipe rispetto a quelli in cui gli enzimi in questione erano normalmente funzionati. Perciò hanno provato a somministrare inibitori di queste molecole nel cervello dei topi più grassi. Ed hanno visto risultati nella perdita di peso, risultati che potrebbero portare, nel prossimo futuro, all’elaborazione di una terapia umana contro l’obesità.

In Italia più di un terzo della popolazione è in sovrappeso e una persona su dieci è obesa.
Al mondo gli obesi sono oltre 500 milioni.

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia
Crediti immagine: Alan Cleaver, Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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