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Dico vs Unioni Civili. Per fortuna c’è Verdini, che è più a sinistra di Bersani

Le unioni civili nella formulazione del maxiemendamento al disegno di legge Cirinnà, recentemente approvato al Senato, possono essere considerate una enormità. Ogni opinione, si sa, è legittima.

Meno legittime, meno intellettualmente oneste, ci sono sembrate le levate di scudi, i brividi di sdegno che hanno attraverso le falangi, raccogliticce e male assortite, dell’izquierda democratica nostrana.

Era infatti tutta la sinistra, ma proprio tutta, compresi Rifondazione comunista e Comunisti italiani, per non parlare ovviamente dei Democratici di Sinistra, poi Pd, impegnata a sostenere quel secondo governo Prodi che avrebbe partorito il disegno di legge contemplante i (ve li ricordate?) Dico, vale a dire i Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi, disegno di legge che ovviamente naufragò assieme a quel governo.

E quel disegno di legge non data mica a decenni fa ma a meno di dieci anni fa. Eravamo infatti nel febbraio del 2007. E cosa prevedeva, quel disegno di legge, cara la nostra armata dei Speranza e dei Bersani, già ministro di quel governo, novelli Brancaleone da Norcia e Abacuc? Forse la stepchild adoption? Macché. Perlomeno la pensione di reversibilità? Manco per idea. E di diritti di successione? Sì, dopo nove anni di convivenza. E allora? Allora meno male che esiste l’ex macellaio della Lunigiana, il monicelliano monaco Zenone, alias Denis Verdini, l’unico capace di traghettare quell’armata parolaia e inconcludente in Terra Santa.

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