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Diaz, un pugno nello stomaco

Vedere Diaz - Don't clean up this blood, il film che racconta ciò che avvenne a Genova nel Luglio 2001, all’interno dell’omonima scuola è come ricevere un vero e proprio pugno nello stomaco. I fatti sono noti a tutti. Era la notte tra il 21 e il 22: un gruppo di agenti delle forze dell’ordine fecero irruzione nella scuola, dove si trovavano, disarmati, un centinaio di giovani che avevano preso parte al G8.

Quel pugno non venne sferrato a caso. Fu l’espressione della volontà di porre fine al primo grande esperimento di radicalismo democratico in Europa, molto prima del movimento degli indignados in Spagna, o di Occupy a Londra: le “Tute Bianche”.
E’ il caso di ripercorrerne la storia, per comprendere le ripercussioni che i fatti della Diaz ebbero sul movimento in Italia, ma non solo.

Le Tute Bianche nascono nei centri sociali, dove, alla metà degli anni 90 i militanti hanno iniziato a riflettere sulle profonde trasformazioni nella nostra società. I “centri sociali” nascono negli anni 70 in Italia come spazi sociali alternativi. Gruppi di giovani occupavano interi stabili dismessi o abbandonati, trasformandoli in spazi di autonomia corredati collettivamente con librerie, spazi di ristorazione, conferenze, concerti, eccetera.

Negli anni 80 i giovani attivisti italiani avevano sofferto il lutto per la morte della vecchia classe operaia e per la fine della fabbrica come l’avevano intesa i propri genitori e in cui avevano lavorato questi ultimi fino a quegli anni, mescolando alla tragedia una serie di ferite autoinflitte, tra cui l’eroina, l’isolamento e la disperazione. In Europa tutti i paesi occidentali vivevano quell’esperienza, ma dato che in Italia la lotta di classe era stata particolarmente intensa, negli anni 80 i giovani italiani ne furono colpiti più di altri.

Nel decennio successivo comunque, il lutto era stato elaborato del tutto, e i giovani dei centri sociali iniziarono a rendersi conto del nuovo paradigma del lavoro che caratterizzava la loro esperienza: il lavoro mobile, flessibile e precario.
Più che le tute blu del vecchio movimento operaio, erano ora le Tute Bianche a rappresentare il nuovo proletariato.

Il movimento appare per la prima volta a Roma all’inizio degli anni '90, nel momento in cui i partiti tradizionali e le organizzazioni della Sinistra stavano diventando sempre più marginali. Sin dall’inizio le tute Bianche rifiutarono qualsiasi affiliazione con qualsivoglia formazione politica: sostenevano di essere i lavoratori “invisibili”, dato che lavoravano senza contratti stabili, senza assicurazioni, senza identificazione. Il bianco delle loro tute intendeva rappresentare questa invisibilità. Ma questa stessa invisibilità divenne anche la ragione della forza del movimento.


La rivendicazione più importante riguardava il riconoscimento di un “salario garantito” per tutti. Le loro manifestazioni sembravano esplodere emergendo dal nulla, come le fulminee apparizioni di Ariel ne La Tempesta, e presto si diffusero in varie città.

Il successo fu travolgente, e il suo eco si fece sentire in Europa, e anche al di fuori.

Venne stilato un programma coerente, con cui intendevano orientare le loro lotte direttamente contro la globalizzazione neoliberista. Questo accadde a partire dall’esplosione delle manifestazioni in occasione del WTO a Seattle nel 1999, che fu il punto di partenza di un filo rosso che portò il movimento a essere protagonista delle manifestazioni di protesta in occasione di ogni summiti internazionale di quel periodo, a Nizza, Praga, Goteborg, fino a Genova 2001.

Qui il movimento portò nelle strade oltre 300.000 persone.

Quando fu permesso loro di manifestare, le Tute Bianche cercarono di raggiungere i luoghi del summit marciando pacificamente, e resistettero come meglio poterono quando furono attaccate dalla polizia con lacrimogeni, manganelli, e in generale con una violenza mai vista fino a quel momento, tanto da rassomigliatre più a una guerra a bassa intensità che a una azione di polizia.

Uno dei manifestanti, Carlo Giuliani, fu ucciso dalla polizia. Il giorno dopo ci fu il blitz alla Diaz, i pestaggi, le torture nella caserma di Bolzaneto.

Dopo quei fatti, le Tute Bianche decisero di scomparire. Hanno cioè deciso che il loro tempo si era, tragicamente, concluso. Avevano svolto un ruolo importante, ampliando il raggio dei movimenti di protesta dando coerenza alla loro azione politica, cercando di evitare la violenza improduttiva, dirigendola verso forme di espressione creative e spesso ironiche.

Diaz racconta come tutto questo è stato represso. Nel sangue. 
 

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