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Diario di una rivoluzione (arancione) mancata in soli 82 tweet

Nascita, sviluppo, morte e abiuro del sogno insurrezional-sovversivo-democratico del primo cittadino napoletano Luigi De Magistris a sostegno di Antonio Ingroia e di Rivoluzione Civile.

 

Nasce il Movimento Arancione. La rivoluzione è quella di non delegare. Non apparteniamo a nessuno e il movimento arancione non è il mio”; annunciava felice il neogenitore Luigi de Magistris il 12 dicembre, precisando la sua natura eversiva: “Se difendere la costituzione è sovversivo, io lo sono”.

Questi sono i primi due tweet che verranno ricordati quale passo d’inizio dell’utopia romantica e rivoluzionaria del Movimento Arancione e soprattutto del suo “piccolo caporale”. Dall’appoggio a tempo determinato a “Rivoluzione Civile” di Antonio Ingroia alla disfatta elettorale (2,25%-1,79 tra Camera e Senato), la cronistoria di 75 giorni di campagna elettorale vengono sintetizzati in 82 post.

Ma di quale rivoluzione parla De Magistris? ”Il rivoluzionario è un sognatore e un amante”. Il suo credo è "Insorgi, fa' la tua rivoluzione". Sogna la libertà da ogni vincolo. Sogna senza tregua. Il sogno è la cosa più reale che ci sia”, e come recita l’abecedario del perfetto eversivo: “I poteri occulti governano di fatto il Paese; una rivoluzione democratica per liberare i palazzi del potere con il fresco profumo di libertà”.

La decisione di scendere in campo è annunciata il 22 dicembre: “Monti si dimette e Ingroia candidato premier. La vedrei come una svolta verso un governo di diritto. IO CI STO”. La scelta degli arancioni di appoggiare il magistrato palermitano si è rivelata frutto di un’attenta e quasi matematica analisi, di un’equazione confutata dal loro leader. “Monti-Vendola-Bersani-Liberalismo+ gerarchie vaticane+F35+ No art18+ alta velocità in Susa+inceneritori+ austerità= il nuovo che avanza?”, equazione retorica.

Rivoluzione Civile unica scelta perché “Con Ingroia premier via i partiti dalle banche, dare forza all’economia reale e contrastare la finanza creativa e criminale”, ed una promessa: ”La rivoluzione non si ferma e non si arresta, si interrompe quando avremo liberato il paese da cricche, massomafie, corrotti, evasori e riciclatori.”

La sola messa in discussione di uno status quo tanto cementato ha creato non pochi problemi alla lista del magistrato per pochi giorni di stanza in Guatemala. Sebbene abbia mietuto consensi di ipolitici non di primo pelo quali Emiliano,Orlando e di Pietro, Ingroia si è visto chiudere la porta in faccia ora da Bersani ora da Grillo.

Più grave, però, sembra il golpe controrivoluzionario che il sindaco napoletano ha denunciato mutuando le parole di Che Guevara: "Di fronte ai sabotaggi e poteri che cercano di frenarci, dobbiamo dimostrare la capacità del popolo di costruire la propria storia”. E di “vicenda strana in piena campagna elettorale” De Magistris parla in relazione della clamorosa situazione del 30 gennaio, quando gli autobus a Napoli non possono circolare per mancanza di benzina. Non si tratta di debiti o incuria del primo cittadino ma di “più di una manina che hanno chiuso i serbatoi” (21 febbraio).

Il 25 febbraio l’apogeo della sconfitta: tradotto in voti “napoletani”, 3,68% alla Camera e 3,06% al Senato. Rispettivamente 16606 e 12279 consensi nella capitale del movimento arancione per Rivoluzione Civica sono davvero pochi; per dirla alla De Magistris la rivoluzione “non ha scassato” o, almeno, Ingroia non c’è riuscito. Ecco, quindi, che il diario di bordo di un viaggio verso la libertà si è trasformato nella scatola nera di un naufragio politico da cui il capitano si è salvato calandosi con una scialuppa prima ancora del suo equipaggio: una manovra alla Schettino per intenderci.

Il liberatore di lungomare, nell’intervento del 26 febbraio, ha fatto un “sua culpa”: “La lista non ha saputo cogliere la voglia di cambiamento del paese. Nella lista c’era ancora troppa vecchia politica, migliore di altra vecchia politica ma era comunque una parte vecchia - e laconico- Rivoluzione civile ha perso e per me non ha futuro”.

Attenzione, però, ad addurre facili responsabilità, perché “Questa non è stata una sconfitta personale perché non era una candidatura personale. Quando mi sono candidato ho sempre fatto primo: 1° alle Europee e Sindaco di Napoli”. Incompreso e sempre proiettato in futuro, come un rivoluzionario dovrebbe essere, il leader arancione ha chiosato: "Il presidente Napolitano deve dare l’incarico a Grillo perché è il vero vincitore. Io ho sempre visto con favore i grillini a cui mi appello affinché possiamo collaborare per la città”.

Rivoluzione civile troppo reazionaria per lui che il 24 febbraio, chissà prevedendo la scoppola politica, aveva condiviso con il popolo della rete la sua svolta anarchica: “Da visionario penso che la fase più avanzata della democrazia sia l’anarchia. Sogno comunità che si autogestiscono senza poveri, solo l’amore”. Nonostante la sua metamorfosi kafkiana, da Che Guevara a John Lennon, da Masaniello a Pulcinella, i grillini non sembrano interessati alle avances di un “visionario” come De Magistris costretto alla maledizione di Cassandra.

Lui ostenta sicurezza: il futuro lo raggiungerà, prima o poi.

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