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Damiano, Vespa e il mistero del risparmio sulle pensioni

 

(Nota: post aggiornato dopo la pubblicazione della puntata sul sito di Porta a Porta)

Durante Porta a Porta del 29 novembre l’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, Pd, ha sostenuto (al minuto 12 nel video) che già con i provvedimenti presi dagli ultimi governi, compreso il Berlusconi IV, in tema di riforma del sistema pensionistico si ottiene «un risparmio dell’1,4% del Pil ogni anno da qui al 2040». Vespa non ci ha creduto, e gli ha ribattuto – foglietto fornito dall’ospite alla mano – che quei risparmi non si ottengono su base annua, ma «spalmati nell’arco dell’intero periodo 2015-2040». Del resto «sarebbero 20 miliardi l’anno», ha osservato Vespa, scettico. Damiano ha ribadito affermando l’affidabilità dei dati («1,4 punti percentuali annui»), peraltro prodotti dalla Ragioneria Generale dello Stato, e dunque dal ministero dell’Economia che fu di Tremonti. E, di conseguenza, del governo dell’altro ospite, Reguzzoni. Il leghista ha espresso gli stessi dubbi di Vespa, pur senza essere in grado di ribattere dati alla mano.

Più tardi il quadro si è infittito. Vespa ha ripreso il discorso per dire che nel frattempo aveva contattato via sms il presidente Inps Antonio Mastrapasqua. Che ha confermato la sua versione: «il risparmio è possibile, ma cumulato» e rispetto al 2050. Damiano non ha ceduto di un millimetro. Salvo poi aggiungere, durante il battibecco che si è prodotto: la percentuale dell’1,4% del Pil di risparmio è «dal 2004 a oggi». Incartandosi, e producendo a questo punto l’esito di una profonda confusione.

Ma chi aveva ragione?

Secondo le previsioni della Ragioneria Generale dello Stato aggiornate al 2011 (che suppongo siano quelle citate da Damiano, pur se non sono riuscito a trovare il passaggio esattamente menzionato in trasmissione – essere più precisi?), nessuno. Si legge infatti nel rapporto pubblicato sul sito del MEF, a pagina 46:

Dopo gli anni della recessione, il rapporto fra spesa pensionistica e PIL si attesta ad un livello pari a circa il 15,4%, nel quadriennio 2011‐2014. Dopodiché la curva flette per circa un decennio attestandosi al 15% nel 2026. Nei quindici anni successivi si apre una fase di crescita che porta il rapporto al suo punto di massimo, pari a circa il 15,5%, nel quadriennio 2040‐2043. Da qui in poi il rapporto spesa/PIL decresce rapidamente attestandosi al 14,7% nel 2050 ed al 13,4% nel 2060, con una decelerazione pressoché costante nell’intero periodo.

Tradotto in un grafico,

Come si vede, non c’è nessuna diminuzione di spesa nel periodo 2004-2011, così come non c’èalcun risparmio dell’1,4% del Pil su base annua da oggi al 2040. Il che confuta le parole di Damiano. Che forse si riferiva alla differenza tra la spesa in percentuale del Pil con la normativa antecedente il 2004 e quella con la normativa vigente.

D’altro canto, un risparmio di quella entità non si produce nemmeno sull’intero periodo considerato. Il che confuta Vespa. Si passa infatti dal 15,4% del 2011-2014 al 14,7% del 2050, peruna riduzione della spesa dello 0,7% del Pil, cioè la metà di quanto ipotizzato in studio. Pochi miliardi, dunque, e in quarant’anni, quando già oggi nel resto dei paesi dell’Ocse la spesa in pensioni si attesta in media intorno al 7% del Pil (fonte: Passerini e Marino, Senza pensioni, p. 18). Se il problema è ridurre la spesa pensionistica, in sostanza, c’è ancora tutto da fare. Ecco perché si parla tanto insistentemente di riforma delle pensioni, e nessuno prende sul serio l’idea di Damiano che il governo Berlusconi-Bossi l’abbia già realizzata in buona parte.

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