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Dalla musica ai diritti umani, tra divertimento e impegno: intervista a Riky Anelli

di Giorgio Moranda

Dal concerto a sostegno della liberazione delle Pussy Riot nel dicembre 2013, passando per il concerto al MAITE di Bergamo contro la violenza sulle donne nel marzo 2014, la collaborazione tra il cantante Riky Anelli e Amnesty International si è consolidata fino a diventare una vera e propria partnership che vedrà la presenza degli attivisti a tutte le date del suo “SvuotaTutto Tour 2014”.

Originario della provincia di Bergamo, noto al grande pubblico per la sua partecipazione al Festival di Sanremo nel 2001 e per la vittoria della targa “LaRepubblica.it” al Premio De André 2013, Riky è protagonista di un tour che si arricchisce, di giorno in giorno, di nuovi appuntamenti lungo tutto il Nord Italia a sostegno della campagna “Ricordati che devi rispondere – L’Italia e i diritti umani”, l’agenda in dieci punti per chiedere alle autorità italiane la tutela dei diritti umani. Abbiamo intervistato Riky e gli abbiamo chiesto di aiutarci a capire il senso più profondo e “umano” che lega l’essere uomo di musica e l’essere difensore dei diritti umani. Ecco cosa ci ha raccontato.

Viviamo in un’epoca storica complessa, nella quale anche la lotta per i diritti umani si trova ad affrontare un mondo in totale cambiamento. Il tuo sostegno, tramite questa partnership, assume un significato ancor maggiore. Quale pensi possa essere il senso dell’adoperarsi in questo campo al giorno d’oggi?

Buongiorno e grazie! Ritengo che impegnarsi per la tutela dei diritti umani sia indispensabile per chi ha la grande fortuna di avere l’arte al centro della propria esistenza. Ho il privilegio della possibilità di raccontare la bellezza. Non ricerco un senso in quello che faccio, è puro istinto; per come la vedo io, impegno sociale e musica sono un connubio inscindibile.

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Come sai, Amnesty si fonda sul principio che ogni essere umano nasce “libero ed eguale in dignità e diritti”. Pensi che per arrivare a una consapevolezza di questo principio, nel complesso mondo d’oggi, vi sia necessità di lavorare per un equilibrio tra il sé e la società? Quale percorso pensi di voler seguire in questa direzione?

L’uomo è anima libera e corpo libero e non vi devono essere costrizioni, la limitazione della libertà è l’unica cosa che, secondo me, va davvero “contro natura” in questo pianeta. Il rispetto per se stessi, soprattutto per la propria anima, porta per forza di cose al rispetto verso il prossimo. Questo è un punto su cui l’essere umano deve lavorare ancora molto. Il mio percorso, nel mio piccolo, è quello di aiutare il più possibile, attraverso la conoscenza e la divulgazione dell’operato di Amnesty, il mio pubblico a lasciarsi andare e operare nel sociale, ognuno secondo le proprie possibilità e tempistiche, con devozione, impegno e una sana dose di divertimento e sogno. Quando si smette di sognare non si diventa adulti, si diventa cupi.

Ti si può definire cantautore, italiano e socialmente impegnato. Un uomo, insomma, capace di crescere anche attraverso la musica. Da Sanremo a oggi un lungo percorso che porta al Riky del 2014. Quali pensi siano state le tappe fondamentali per arrivare alla consapevolezza di ciò che sei e soprattutto di ciò che vorrai essere? Quali i consigli da poter dare a chi con se stesso e con gli altri combatte, di giorno in giorno, la propria battaglia?

Il termine cantautore mi piace parecchio, mi ricorda la grande importanza della divulgazione di un messaggio. Sono cresciuto, ho studiato e meditato parecchio perché è l’unica cosa che mi abbia dato un senso in questi anni. Infatti lo faccio tutt’ora. La voglia di mettermi in gioco me l’ha regalata la strada, i chilometri, le persone. Conosco e ho conosciuto molte persone cattive, a loro devo tutto. Non le combatto, cerco di farle riflettere. Io non amo dare consigli, ogni esperienza è pura scuola e l’adrenalina frutto sacro. Chi sa di combattere pacificamente la propria battaglia, qualsiasi essa sia, è guerriero di luce e non ha bisogno di alimentare il proprio coraggio, deve capacitarsi dell’amore che ha dentro.

Il mondo cantautorale italiano è da sempre propositore della musica come veicolo di messaggi e riflessioni a volte profonde e a volte politiche. Nell’attuale complesso mondo discografico, quale pensi possa essere la chiave per un equilibrio tra la voglia di divertimento e la necessità di guardare con coscienza critica a quel che accade attorno a noi? Quali i modelli a cui ispirarsi?

Occorre essere osservatori distaccati, scrutatori. Capire, sforzarsi di farlo in ogni dove e come. Poi scendere in campo. Il messaggio è la chiave. Si può parlare di sé, degli altri, di rivoluzione e pure d’amore. L’amore preso alla “leggera” è tema ricorrente nella musica moderna ma, spesso, poco sincero. Solitamente quelle d’amore sono le parole più facili e musicali per concludere un testo. Un vero peccato. Credo che l’amore assoluto abbia un vocabolario pressoché infinito. Fortunatamente oggi ci sono molti cantautori che hanno grandi maestri ai quali ispirarsi, magari non sono molto noti, ma ci sono. Per me maestro di scrittura è stato e sempre sarà Fabrizio De André.

“Svuota tutto”, il tuo primo singolo, uscito nello scorso aprile e attualmente in vendita su iTunes, ispira riflessioni proprio sulla situazione di crisi sociale del nostro Paese. Quale pensi possa essere il contributo della tua canzone nel dibattito sulla realtà italiana “in svendita” che tu stesso racconti? Si potrebbe trovare anche in questo ambito il senso della tua scelta di sposare le cause di Amnesty?

Mi permetto e mi scuso per la poca modestia di definire “Svuota Tutto” una canzone completa, c’è un po’ di critica, di ironia, di rivoluzione, di riscossa, volontà di crescita, amore e divertimento. Il contributo, il messaggio sociale è riflettere con il cervello e sorridere con i denti. Le non poche difficoltà che incontro nella divulgazione della mia musica vengono “alleggerite” dalla fratellanza che mi lega alle persone buone di cui mi sto circondando, per questo sono legato ad Amnesty.

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In un messaggio di ringraziamento a te dedicato, Gianni Rufini, direttore della sezione italiana di Amnesty, ha parlato del lavoro per i diritti umani come di un progetto di bellezza per il mondo. Che tipo di responsabilità pensi investa chi come te riesce ancora a trovare nellarte il fulcro di un progetto di questo tipo?

Il messaggio di Gianni mi ha emozionato a tal punto da scriverci una canzone. Credo che ogni uomo abbia una missione, la volontà di portare avanti giorno per giorno la propria missione è un dono, ogni dono genera responsabilità, quindi la responsabilità che ho è grande. È una responsabilità poco materiale, direi spirituale, addirittura metafisica; perché ciò che si sente dentro il cuore non si manifesta necessariamente su un piatto d’argento, si sente sottopelle.

“Nessuno ha il diritto” – canta Riky in uno dei suoi ultimi brani – “di fermare il libero pensiero, scegli attento, non farti male… e cerca di non fare mai del male […] Scegli la strada, scegli la via e non aver paura di sentirti solo, mai!”. Queste parole, tratte dalla canzone “Scegli”, facilmente portano il pensiero alle battaglie intraprese da chi, presto o tardi, si trova a scegliere di scendere in campo per i diritti, l’uguaglianza e la dignità di tutti. È così dunque svelato il legame a doppio filo che collega quasi naturalmente l’operato di Riky ai principi amnistiani, e che ci vedrà ancora con lui protagonisti di un percorso che porta alla consapevolezza. In unepoca di crisi sociale prima ancora che economica, queste forme di arte e impegno sociale ci pongono davanti alla responsabilità di essere parte di un cambiamento auspicato. E allora nasce spontaneo l’invito a seguire l’evolversi di questa bella avventura: potrete seguire le prossime date live e seguire i progetti di crowdfunding proposti da Riky Anelli.

Il calendario aggiornato del tour e maggiori informazioni le potrete trovare ai link:

www.amnesty.it/lombardia

www.musicraiser.com/projects/2597-riky-anelli-considerazioni-notturne

www.facebook.com/rikyanelli

Questo articolo è stato pubblicato qui

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