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Dal Comitato Onu contro la tortura arriva il voto al Vaticano: è un quattro

A leggere l'intervista a Mons. Tomasi, capo dele­ga­zio­ne va­ti­ca­na pres­so l’O­nu, sem­bre­reb­be qua­si che le con­clu­sio­ni del Co­mi­ta­to Onu con­tro la Tor­tu­ra — “e al­tre Pu­ni­zio­ni e Trat­ta­men­ti Cru­de­li, De­gra­dan­ti e Di­su­ma­ni”, se­con­do la de­fi­ni­zio­ne este­sa — sul rap­por­to del Va­ti­ca­no sia­no sta­te po­si­ti­ve. “Ci sono an­che al­cu­ni ri­lie­vi cri­ti­ci” dice To­ma­si, la­scian­do in­ten­de­re che si trat­ta di ap­pun­ti mar­gi­na­li, e dice an­che che “c’è un ri­co­no­sci­men­to del gran­de la­vo­ro fat­to”.

Del­lo stes­so te­no­re l’ar­ti­co­lo ap­par­so sul­la ri­vi­sta ciel­li­na Tem­pi, dove ad­di­rit­tu­ra si leg­ge che la re­da­zio­ne sa­reb­be in pos­ses­so del­la “ver­sio­ne non edi­ta­ta” del­le con­clu­sio­ni, da cui si evin­ce­reb­be che la San­ta Sede non vio­la la con­ven­zio­ne con­tro la tor­tu­ra. Ma il te­sto co­sid­det­to “edi­ted” del do­cu­men­to è di­spo­ni­bi­le sul sito del­l’Al­to Com­mis­sa­ria­to Onu per i Di­rit­ti Uma­ni, non lo si ri­tro­va in qual­che blog o pro­fi­lo su Fa­ce­book, e per que­sto è dif­fi­ci­le cre­de­re che una ver­sio­ne non mo­di­fi­ca­ta dica cose op­po­ste. Pur­trop­po al mo­men­to esi­ste solo la ver­sio­ne in lin­gua in­gle­se, ma lo stes­so Co­mi­ta­to ha chie­sto al Va­ti­ca­no di dif­fon­de­re sia il suo rap­por­to che le con­clu­sio­ni del­la com­mis­sio­ne in al­tre lin­gue, e quin­di ci si aspet­ta che a bre­ve que­ste ap­pa­ia­no an­che in ita­lia­no.

La strut­tu­ra del do­cu­men­to è piut­to­sto sem­pli­ce: dopo una bre­ve in­tro­du­zio­ne di due pa­ra­gra­fi, e una se­zio­ne “Aspet­ti po­si­ti­vi” di al­tri quat­tro pa­ra­gra­fi, si ar­ri­va alla se­zio­ne “Prin­ci­pa­li og­get­ti di pre­oc­cu­pa­zio­ne e rac­co­man­da­zio­ni” che con­sta di ben 17 pa­ra­gra­fi, mol­ti dei qua­li con­ten­go­no ul­te­rio­ri par­ti evi­den­zia­te in gras­set­to. Ecco, pro­ba­bil­men­te la dif­fe­ren­za tra le ver­sio­ni “edi­ted” e “une­di­ted” sono pro­prio que­ste par­ti in gras­set­to, che co­mun­que non sono sta­te ag­giun­te da uno ze­lan­te an­ti­cle­ri­ca­le ma dal­lo stes­so Co­mi­ta­to. È un po’ come quan­do un’in­se­gnan­te com­pi­la una sche­da di va­lu­ta­zio­ne uf­fi­cia­le sul­lo stu­den­te, in cui ma­ga­ri cer­ca di espri­mer­si in un lin­guag­gio non trop­po duro, ma poi per vie uf­fi­cio­se spie­ga allo stu­den­te che deve dar­si da fare se non vuo­le ri­schia­re di es­se­re boc­cia­to. Ecco, quel­lo del Co­mi­ta­to al Va­ti­ca­no lo si può de­fi­ni­re un av­ver­ti­men­to di boc­cia­tu­ra, se non una boc­cia­tu­ra vera e pro­pria.

In real­tà una pri­ma cri­ti­ca la si tro­va già nel­l’in­tro­du­zio­ne. Da un lato si espri­me ap­prez­za­men­to per il rap­por­to ri­ce­vu­to e per il dia­lo­go co­strut­ti­vo, tut­te for­mu­le ri­tua­li in qual­sia­si co­mu­ni­ca­zio­ne isti­tu­zio­na­le, ma dal­l’al­tro ci si ram­ma­ri­ca per­ché que­sto rap­por­to è ar­ri­va­to con nove anni di ri­tar­do. Bi­so­gna in­fat­ti sot­to­li­nea­re che le con­si­de­ra­zio­ni del Co­mi­ta­to non sca­tu­ri­sco­no, come al­cu­ni cre­do­no, da una sor­ta di pa­gel­la com­pi­la­ta per tut­ti gli sta­ti del glo­bo, ma dal fat­to che il Va­ti­ca­no ha li­be­ra­men­te scel­to di ade­ri­re alla Con­ve­zio­ne sul­la Tor­tu­ra. Il pun­to è che que­sta ade­sio­ne data anno 2002, ed ecco che il Co­mi­ta­to si la­men­ta per il ri­tar­do nel­l’in­vio del rap­por­to ini­zia­le.

Mol­te del­le con­si­de­ra­zio­ni del Co­mi­ta­to ri­guar­da­no even­ti ac­ca­du­ti al di fuo­ri del­lo Sta­to di Cit­tà del Va­ti­ca­no, com’è ov­vio aspet­tar­si dato che si par­la di uno sta­te­rel­lo di mez­zo chi­lo­me­tro qua­dra­to, e di ciò To­ma­si si è la­men­ta­to. Se­con­do l’in­ter­pre­ta­zio­ne va­ti­ca­na, in­fat­ti, lo Sta­to do­vreb­be es­se­re te­nu­to al­l’ap­pli­ca­zio­ne dei ter­mi­ni del­la Con­ven­zio­ne solo en­tro i con­fi­ni sta­ta­li. Trop­po fa­ci­le, tan­t’è che il Co­mi­ta­to ha spie­ga­to che gli Sta­ti sono re­spon­sa­bi­li in­ter­na­zio­nal­men­te an­che per atti e omis­sio­ni com­mes­si da per­so­ne che agi­sco­no sot­to il loro man­da­to o con­trol­lo, pre­va­len­ti nel caso del Va­ti­ca­no a cau­sa del­la sua par­ti­co­la­re con­di­zio­ne di Sta­to au­to­no­mo e di or­ga­niz­za­zio­ne trans­na­zio­na­le. Un esem­pio lam­pan­te, ci­ta­to espli­ci­ta­men­te, è quel­lo del­le fa­mi­ge­ra­te la­van­de­rie Mag­da­le­ne, ma an­che i vari casi di pe­do­fi­lia ec­cle­sia­sti­ca per cui si chie­de al Va­ti­ca­no di fare in modo che le vit­ti­me ven­ga­no ade­gua­ta­men­te ri­sar­ci­te. Temi che pe­ral­tro era­no già sta­ti di­scus­si a ri­guar­do di un’al­tra Con­ven­zio­ne a cui ha ade­ri­to il Va­ti­ca­no: quel­la sui di­rit­ti dei bam­bi­ni.

Al­tro pun­to cri­ti­co, do­vu­to al dop­pio sta­tus di ente na­zio­na­le au­to­no­mo e or­ga­niz­za­zio­ne trans­na­zio­na­le, è quel­lo che ri­guar­da le nor­me sal­va-pre­ti con­te­nu­te in al­cu­ni con­cor­da­ti tra Va­ti­ca­no e sta­ti este­ri, tra cui quel­lo con l’I­ta­lia. In­fat­ti, se­con­do l’art. 12 dell’ac­cor­do Cra­xi-Ca­sa­ro­li, i pre­ti non ri­spon­do­no alla ma­gi­stra­tu­ra ita­lia­na per atti di cui sono a co­no­scen­za. Con­di­zio­ne inac­cet­ta­bi­le per il Co­mi­ta­to, che quin­di esor­ta il Va­ti­ca­no a ri­ve­de­re gli ac­cor­di bi­la­te­ra­li lad­do­ve que­sti per­met­ta­no ad af­fi­lia­ti del­la Chie­sa di non es­se­re in­da­ga­ti o per­se­gui­ti dal­le au­to­ri­tà ci­vi­li. Il prin­ci­pio è sem­pli­ce: non si può pro­te­sta­re, come fa To­ma­si, che i sin­go­li sa­cer­do­ti sono cit­ta­di­ni del­lo Sta­to in cui ri­sie­do­no, se poi vi sono ac­cor­di con il Va­ti­ca­no che con­ce­do­no ad essi il pri­vi­le­gio di non ren­de­re con­to agli in­qui­ren­ti. Oc­cor­re sem­mai la mas­si­ma col­la­bo­ra­zio­ne con tut­ti gli sta­ti per­ché ven­ga ri­spet­ta­ta la Con­ven­zio­ne.

In­som­ma, se di voto si è trat­ta­to è si­cu­ra­men­te un’in­suf­fi­cien­za. Un quat­tro, per­ché già un cin­que sem­bra ec­ces­si­vo alla luce di quan­to si leg­ge nel do­cu­men­to con­clu­si­vo. In­suf­fi­cien­za che è co­sta­ta al Va­ti­ca­no il clas­si­co rin­vio a set­tem­bre. Anzi, al 2015 per quan­to ri­guar­da l’in­vio del­le in­for­ma­zio­ni ag­giun­ti­ve ri­chie­ste, e al 2018 per il se­con­do rap­por­to pe­rio­di­co.Non solo. Il Co­mi­ta­to Onu rim­pro­ve­ra an­che alla Chie­sa di aver pro­tet­to pre­ti in­da­ga­ti o in­cri­mi­na­ti per pe­do­fi­lia, ci­tan­do a esem­pio i casi Jeya­paul e Kra­mer, tra­sfe­ren­do­li pres­so al­tre dio­ce­si e per­met­ten­do che con­ti­nuas­se­ro ad en­tra­re in con­tat­to con al­tri bam­bi­ni, cosa che in al­cu­ni casi li ha por­ta­ti a ri­pe­te­re gli abu­si. Di par­ti­co­la­re ri­lie­vo, poi, il caso del­l’ar­ci­ve­sco­vo We­so­lo­w­ski, rap­pre­sen­tan­te di­plo­ma­ti­co va­ti­ca­no pres­so la Re­pub­bli­ca Do­mi­ni­ca­na, dove ri­sul­ta in­cri­mi­na­to per pe­do­fi­lia e da cui è fug­gi­to ver­so il Va­ti­ca­no. Alla Chie­sa si ri­chie­de che pro­ce­da a estra­da­re l’ar­ci­ve­sco­vo, in modo che pos­sa es­se­re pro­ces­sa­to al­tro­ve, o che si ado­pe­ri af­fin­ché ven­ga pro­ces­sa­to in modo im­par­zia­le dal­le pro­prie au­to­ri­tà giu­di­zia­rie. Ren­den­do­ne na­tu­ral­men­te con­to allo stes­so Co­mi­ta­to. E, so­prat­tut­to, si ri­chie­do­no i dati rac­col­ti at­tra­ver­so le sue in­chie­ste in­ter­ne, com­pre­se non solo le ci­fre sban­die­ra­te da To­ma­si sui prov­ve­di­men­ti adot­ta­ti nei con­fron­ti di ol­tre 3.000 chie­ri­ci, il più gra­ve dei qua­li è la ri­du­zio­ne allo sta­to lai­ca­le per ol­tre 800 di loro, ma an­che quel­li re­la­ti­vi ai casi che non sono sta­ti pu­ni­ti. 

 

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