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Dahiye, uno sguardo particolare sulle periferie di Beirut

Un'elaborazione grafica dell'autore

Armando Perna, fotografo italiano, nel 2013 è passato per Beirut. E per SiriaLibano. Mesi dopo è tornato. Con un libro dalla copertina verde. Si intitola Dahiye. E qui sotto lo presentiamo, usando le parole dello stesso autore. Il volume è consultabile a questo indirizzo. Le immagini sono precedute da una introduzione della “nostra” Estella Carpi, dal titolo: Migrations, Marginalization and Empowerment in Dahiye.

“Dahiye”è un progetto realizzato nel corso del 2013. Con il termine “Dahiye”(in arabo classico “dahiya”, lett. “periferia”) ci si riferisce all’area suburbana meridionale di Beirut. Questa è divenuta nota presso l’opinione pubblica nel corso della guerra condotta da Israele in Libano nel 2006. Dahiye infatti, essendo la roccaforte di Hezbollah, è stata la zona della città più colpita dai bombardamenti dell’aviazione israeliana.

Abitata originariamente da libanesi cristiani, la cintura meridionale di Beirut ha visto con il tempo il massiccio afflusso dei profughi della “Nakba”palestinese (1948), ma soprattutto dei profughi sciiti provenienti dal sud a seguito della prima invasione israeliana del Libano (Operazione Litani, 1978). La sostanziale incapacità del governo centrale di governarne la crescente espansione determinò il sorgere di insediamenti al di fuori di qualsiasi piano regolatore e privi dei servizi essenziali. Tale vuoto di potere fu ben presto colmato dai nascenti movimenti sciiti, in primis dal “Movimento dei diseredati”, fondato dall’Imam Al Sadr con lo scopo di organizzare e mobilitare la comunitàsciita, tradizionalmente ai margini della vita libanese. E’cosìche le organizzazioni riconducibili ai partiti Amal ed Hezbollah formano attualmente quello che gli antropologi definiscono “lo stato in un non stato”.

A causa della costante condizione di allerta e alle conseguenti misure di sicurezza (ogni punto di ingresso èpresidiato da un checkpoint), irrigidite nel corso del 2013 a causa delle inevitabili ripercussioni sul Libano del conflitto divampato nella vicina Siria, è sostanzialmente impossibile sviluppare un accurato lavoro di documentazione su Dahiye mediante strumenti “convenzionali”. Pertanto èstata una scelta obbligata quella di utilizzare un dispositivo nascosto attivato in remoto mediante un telecomando bluetooth. Il fatto di essere costretto a mantenere un’inquadratura fissa ha consentito peròla realizzazione di un lavoro estremamente rigoroso dal punto di vista formale, ottenendo un risultato che si discosta notevolmente da quanto ci si aspetterebbe da un dispositivo, il cellulare, nato per la realizzazione di immagini “istantanee”.

Le immagini dialogano in maniera diretta con dei frammenti estrapolati da una planimetria della città. Dal momento che la periferia di Beirut èsostanzialmente assente dalle mappe piùdiffuse della città, si può dire che in un certo senso la fotografia recupera la sua funzione naturale di strumento di lettura del paesaggio.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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