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Cultura negoziale: come conciliare una lite

Gli economisti Abram Bergson (1938) e Paul Samuelson (1947) hanno spiegato che il benessere sociale aumenta quando aumenta il benessere di un qualsiasi individuo, senza che diminuisca quello di chiunque altro. Le persone tendono invece a pensare che il benessere di qualcuno dipenda dal malessere di qualcun altro; che una persona migliori la propria posizione, peggiorando quella di un’altra. Pensieri che alimentano l’invidia e istigano le persone a ostacolarsi a vicenda e che si diffondono soprattutto nei periodi di crisi come quello che stiamo vivendo.

Estratto dall'introduzione al libro Cultura Negoziale - Come e perché conciliare un accordo amichevole.

Se vogliamo contribuire al benessere sociale, dobbiamo trasformare due mentalità nocive: quella del "mal comune mezzo gaudio", che spinge chi soffre a danneggiare gli altri; e quella dei "capponi di Renzo" (I Promessi Sposi, cap. 3), che spinge le persone a litigare, quando dovrebbero invece collaborare. Possiamo trasformare questi due atteggiamenti, divulgando una cultura antica, ma che sembrerebbe dimenticata: quella del buonsenso.

Possiamo farlo usando le tecniche di negoziazione degli accordi amichevoli.

Una relazione nasconde un conflitto. Un incontro comporta anche uno scontro. Può sembrare strano, ma anche le persone che vanno d’accordo entrano in conflitto perché ciascuna, durante una chiacchierata banale, vuole parlare anziché ascoltare; gli interlocutori negoziano perciò i turni di parola; possono fraintendere le intenzioni reciproche; possono provare emozioni improvvise che cambiano il loro atteggiamento... Le persone entrano in modalità offensiva o difensiva quando percepiscono che qualcuno oppone resistenza alle loro intenzioni; e questo capita ogni giorno, in quasi tutte le relazioni interpersonali.

Le persone coinvolte in un conflitto possono reagire con imprudenza, alimentando un circolo vizioso che genera violenza e danni collaterali, oppure con buonsenso, negoziando razionalmente soluzioni pratiche e sicure.

Per conciliare una lite servono almeno due persone sagge, ma per litigare ne basta una sconsiderata. Le persone hanno insomma il 75% di possibilità di litigare, contro il 25% di andare d’accordo. La società ha bisogno perciò di condividere la cultura negoziale, per stimolare negli individui l’abitudine di usare la logica del buonsenso. Potremmo migliorare così il benessere collettivo, che comporta solo in parte la ricchezza economica, ma che riguarda soprattutto la qualità delle relazioni sociali e delle emozioni che condividiamo.

Una persona in preda alle proprie emozioni perde però la capacità di decidere in modo razionale e può prendere decisioni controproducenti. Le tecniche di negoziazione aiutano le persone a riconoscere i pericoli nascosti dietro le loro scelte impulsive, oltreché a capire da cosa dipendono le emozioni e come sfogarle.

Esistono strumenti che danno alle persone la possibilità di vedere dall’esterno cosa succede quando si litiga, aiutandole a capire come funzionano le reazioni a catena del conflitto; strumenti con cui trasformare un conflitto in un’opportunità di pacificazione, ogni volta che nasce una discussione. Strumenti flessibili (o meta-strumenti), che le persone possono adattare alle situazioni più diverse: dai rapporti familiari, agli affari e alle mediazioni interculturali. Strumenti che servono, insomma, a migliorare le relazioni personali, ma anche a lavorare meglio, usando tecniche di comunicazione che creano empatia e che chiariscono lo scambio delle informazioni.

I cittadini diffondono la cultura negoziale del buonsenso ogni volta che usano questi strumenti e contribuiscono così al benessere della società.

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