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Crisi economica: se la sinistra ricomincia a riflettere

Lontano dalla scena politica oramai da anni, l’ex leader di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti è intervenuto al meeting annuale di Cernobbio, organizzato dallo studio Ambrosetti, per ribadire alcuni concetti così chiari da dover essere il pane quotidiano per quello che rimane della cultura politica di sinistra nel nostro Paese.

 

Anche se il suo intervento è avvenuto insieme ad un ministro come Giulio Tremonti – il principale artefice della “macelleria sociale” in atto in Italia, una contemporaneità ambigua che rischia di inficiarne i contenuti – l’ex leader di Rifondazione ha ricordato come, a seguito del crollo dei sistemi comunisti (“ipermeritato” secondo Bertinotti) e la globalizzazione economica, la situazione europea è stata soggetta ad una profonda modificazione strutturale, che mette a rischio la stessa democrazia, per cui «con qualsiasi tipo di governo l’esecutivo è un dogma, la centralizzazione è un imperativo e il Parlamento è solo una cassa di risonanza». Ciò ha dato luogo, secondo Bertinotti, ad una società in cui c’è «una pericolosa propensione delle classi dirigenti ad appoggiare l’ineluttabilità di scelte presentate come ineluttabili, mentre ciò che sta fuori è semplicemente populismo. Io detengo dentro di me la verità tecnica e tu, che sei fuori, sei una patologia».

Ma ancora più interessante è stata la critica alla politica economica portata avanti (e imposta ai Paesi membri) dell’Unione europea, una politica del rigore che, secondo l’ex leader comunista, fa acqua da tutte le parti. È così che l’Europa sarebbe stata indotta a politiche deflattive che, riverberandosi sull’occupazione in senso negativo, finirebbero per aggravare la crisi impattando sulla già debole domanda interna. Perché, ha ribadito Bertinotti, il vero problema drammatico è proprio la disoccupazione. «Il punto più drammatico in Europa è la lotta alla disoccupazione: servono politiche che riducano il danno della mancanza di posti i lavoro e invece ci vengono riproposte le stesse soluzioni di prima dalla stessa classe politica» ha detto. I criteri normativizzati dal Trattato di Maastricht sono stati messi a punto in un’epoca di crescita ma adesso si rivelano del tutto inadeguati, in un momento in cui sarebbe necessario far ripartire la domanda interna. Come è possibile, infatti, conciliare le restrizioni di bilancio (di per sé depressive) con la necessità di un’espansione del ciclo?

L’analisi di Bertinotti, almeno per quanto concerne la descrizione della crisi, è assai vicina a quella di Paul Krugman, soprattutto per quanto concerne le politiche monetarie, che fino ad ora sono servite soltanto a non far crollare i mercati finanziari. Anche Krugman sottolinea la pericolosità di tassi di disoccupazione superiori al 10%, in grado di creare un avvitamento della crisi su se stessa, tale da non consentire alcuna seria e duratura ripresa. In Italia, ci sarebbe bisogno di un incremento del gettito fiscale – possibile con una seria politica di contrasto all’evasione (inimmaginabile con un ministro come Tremonti) – e di una riforma complessiva degli ammortizzatori sociali, mentre invece si punta a limitare fortemente o abolire del tutto i diritti sindacali, per avvicinare la condizione della manodopera domestica a quella di Cina e Serbia. 

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