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Come volevasi dimostrare: la Cina ha sottovalutato il debito degli enti locali...

Non più tardi di un mese fa affermavo che la Cina potesse aver sottovalutato l'incremento del debito locale*. Ora lo sostiene anche Moody's. Secondo l'agenzia di rating, Pechino ha sottostimato il debito delle amministrazioni locali per un ammontare di 541,6 miliardi dollari. Inoltre, la percentuale di prestiti in sofferenza potrebbe essere ben superiore a quella prevista in precedenza.

In un comunicato che ha tutta l'aria di un severo avvertimento, Moody ha ammonito che in mancanza di un concreto piano per affrontare le esposizioni dei governi locali, la posizione della Cina potrebbe subire un brusco declassamento.

L'annuncio dell'agenzia è giunto in seguito all'esame di un rapporto rilasciato nel giugno dall'Ufficio Nazionale di Controllo (NAO) di Pechino, secondo cui alla fine del 2010 il debito detenuto dai governi locali ha raggiunto i 10,7 trilioni di yuan (1650 miliardi di dollari), pari al 27% del PIL (39,8 trilioni di yuan). Un indebitamento spropositato, contratto per finanziare la costruzione di infrastrutture ed altri progetti di sviluppo, dopo che Pechino aveva esortato uno sforzo a livello nazionale per stimolare l'economia del Paese.

Moody's crede che il governo di Pechino abbia sottostimato la reale entità dei passivi. Dopo l'analisi dei dati NAO, l'agenzia ha fatto sapere di aver scoperto altri 3,5 trilioni di dollari di esposizioni (pari a 541,6 miliardi di dollari), ricavate dalle segnalazioni da parte dei regolatori bancari cinesi.L'ammontare delle sofferenze, ossia dei crediti insoluti, potrebbe toccare il 12% del totale, a fronte di una precedente valutazione all'8%. Si è quindi in presenza di un trend negativo per i creditori.

Debito pubblico cinese al dicembre 2010

La NAO aveva ipotizzato che circa 108,3 miliardi di yuan di prestiti totali fossero stati emessi o utilizzati in modo improprio, ad esempio attraverso la concessione fraudolenta di garanzie collaterali o la distrazione dei fondi raccolti in investimenti finanziari o immobiliari. In realtà non si tratterebbe che di una frazione dei crediti totale a rischio di inesigibilità. Soldi confluiti nelle casse delle amministrazioni locali tramite agenzie private a partecipazione pubblica, perché in Cina i prestiti diretti agli enti locali sono ufficialmente proibiti.
L'aspetto più preoccupante è che al momento solo una parte di questi prestiti è stata contabilizzata come crediti in sofferenza (non performing loans) da parte delle banche. E secondo Moody's “non è ancora chiaro in che modo le autorità cinesi intendono affrontare il problema”.

L'annuncio di Moody's ha indotto la Cina a correre ai ripari. Il governo ha detto che sta studiando un piano di risanamento del debito locale consolidato attraverso un attento esame delle piattaforme di finanziamento periferiche e la creazione di un meccanismo per regolare il modo in cui le autorità raccogliere fondi.

Lo stesso premier Wen Jiabao ha riconosciuto che la capacità di alcune amministrazioni locali di ripagare il debito è debole, sottendendo la presenza di rischi finanziari nascosti allo stesso governo centrale.

È la prima volta che i vertici di Pechino ammettono la presenza di falle nel sistema. L'eccessivo indebitamento da parte delle autorità decentrate per finanziare i propri progetti ha suscitato preoccupazioni nella leadership cinese per quanto riguarda la stabilità finanziaria della seconda economia al mondo.

Il divario riscontrato tra le cifre fornite dalle agenzie governative e la disamina di Moody's gettano nuove ombre sul futuro economico di Pechino. E il pubblico riconoscimento da parte del governo lascia intendere che il problema potrebbe essere serio.

Il volume astronomico dell'indebitamento ha conseguenze non indifferenti. Ad esempio, ha di fatto vanificato gli sforzi delle autorità per contenere l'inflazione, che negli ultimi tre anni non è mai scesa sotto il livello (ufficiale) del 5,5%, con prospettive di crescita. Cinque aumenti consecutivi dei tassi di interesse a partire da ottobre non sono serviti a stabilizzare i prezzi. In compenso hanno aggravato enormemente gli oneri sul debito.



La preoccupazione del governo è evidente. Al punto da decidere di anticipare la pubblicazione dei dati trimestrali sull'inflazione al 7 luglio, anziché rispettare la preventivata scadenza del 15. Questo per evitare che i rumors su un plausibile aumento anticipassero gli annunci ufficiali, alimentando un possibile attacco speculativo dei mercati. Il dato ufficiale segna 6,4%, in netto aumento e ormai palesemente fuori controllo.

Per la stessa ragione sono stati anticipati anche gli altri dati macroeconomici, relativi al PIL, alla produzione industriale, agli investimenti in titoli pubblici e alle vendite al dettaglio, classificati dalle autorità come “informazioni riservate”.
Gli speculatori sono sempre in agguato. E la Tigre cinese non vuole rischiare di scoprirsi agnello.

Il capitalismo cinese si mantiene grazie ai trucchi stile Enron

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.87) 19 luglio 2011 02:01

    ci vuole la faccia come il culo per dire che il capitalismo cinese fa i trucchi come Enron quando si cita come fonte una delle principali responsabili dell’inizio della crisi nel 2008, ovvero quella Moody’s che coi suoi voti farlocchi a Lehman Brothers dimostrò oltre ogni ragionevole dubbio come le agenzie di rating siano associazioni a delinquere contro l’umanità

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