• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Economia > Cina, il segreto di Stato avvolge l’economia

Cina, il segreto di Stato avvolge l’economia

La Cina amplia alle aziende la legge sul segreto di stato. Per le imprese straniere ulteriore motivazione a evitare l'investimento nel paese o uscirne definitivamente. Occhio alla posizione di Apple e Musk.

Come sappiamo, obiettivo strategico di Xi Jinping per la Cina è il primato della sicurezza sulla crescita economica. Questo è il suo precetto, come enunciato all’inizio del suo secondo mandato, nel 2017. In questo solco si collocano la creazione di unità di riservisti dell’esercito nelle aziende pubbliche e private, e anche il recente giro di vite alla legislazione sui “segreti di stato”, riformulati in senso decisamente ampio.

Come riporta il New York Times, il massimo organismo legislativo cinese ha approvato questa settimana alcune modifiche alla legislazione in questione, che entreranno in vigore a maggio. In particolare, è stato introdotto il concetto di “segreto di lavoro”, definito come un’informazione che, pur non facendo parte dei segreti ufficiali di stato è suscettibile di creare “alcuni effetti avversi”, se fatta filtrare.

SEGRETO DI STATO IN AZIENDA

Come si nota, si tratta di definizione molto lasca e per ciò stesso tale da dare massima libertà ai responsabili della repressione. Una forte e indeterminata espansione del concetto di rischio di sicurezza nazionale, che giunge ad avvolgere l’ambito aziendale un anno dopo che le autorità hanno effettuato numerose perquisizioni e arresti nelle sedi di società di ricerca e consulenza occidentali, con l’evidente obiettivo di limitare la diffusione di informazioni cercate da investitori e aziende estere nel proprio processo decisionale. Gli statunitensi di Gallup hanno deciso lo scorso anno di cessare la propria attività in Cina.

La legge sul segreto di stato è stata introdotta nel 1988 ed emendata nel 2010, quando sono stati imposti alle società di telecomunicazioni e agli internet provider obblighi di collaborare con le autorità in caso di sospetto di fuga di informazioni sensibili. La stessa normativa su trattamento e gestione dati personali va in questa direzione con la differenza, rispetto al concetto di privacy occidentale, che tali dati non sembrano appartenere al cittadino quanto allo Stato e alla sua “sicurezza”. Ne avevo parlato quasi quattro anni addietro in questa puntata monografica del mio podcast:

Nel frattempo, le autorità hanno iniziato una forte repressione nei confronti dei dirigenti del settore finanziario, nell’ambito della lotta alla “corruzione”, che è il concetto omnibus col quale lo stato-partito regola i conti con soggetti che manifestano eccessiva autonomia di pensiero rispetto alle direttive superiori.

Con un simile scenario, le imprese occidentali e in generale straniere sempre più spesso si chiedono per quale motivo investire o mantenere le posizioni in Cina, paese che peraltro ha smesso di regalare strappi di crescita e si dibatte in una sorta di “policrisi” il cui epicentro è lo scoppio della bolla immobiliare.

FINE DI UN AMORE DIRETTO ESTERO

I numeri confermano il raffreddamento del feeling: l’investimento diretto estero netto in Cina è crollato nel 2023 a soli 33 miliardi di dollari, secondo fonti ufficiali. Tale gelata può certamente ricondursi in parte all’esportazione dei profitti di aziende estere operanti in Cina, per minori opportunità di investimento, ma questo rappresenta appunto la conferma della tendenza generale. Al crollo stanno contribuendo i crescenti limiti imposti dagli Stati Uniti all’esportazione in Cina di tecnologie e attrezzature relative al settore dei semiconduttori.

Fonte

Secondo dati della società di ricerca e analisi Rhodium Group, nel 2018 la Cina rappresentava la destinazione del 48 per cento degli investimenti diretti esteri nel settore dei semiconduttori ma tale numero è crollato all’1 per cento nel 2022. Nel frattempo, il dato degli Stati Uniti è passato da zero al 37 per cento, mentre la quota combinata di India, Singapore e Malaysia è cresciuta dal 10 al 38 per cento.

Il disimpegno da questo settore è ormai manifesto: la società statunitense Teradyne, uno dei maggiori produttori di attrezzature di test per la produzione di chips, ha spostato il proprio impianto dalla provincia cinese di Jiangsu alla Malaysia, mentre i britannici di Graphcore, che sviluppa chip per applicazioni di intelligenza artificiale, hanno licenziato la maggior parte dei propri dipendenti in Cina.

Ma anche il settore auto vede una progressiva gelata degli investimenti diretti esteri in Cina, anche a causa dell’aggressiva e sussidiata espansione del settore. i giapponesi di Mitsubishi Motors hanno comunicato lo scorso ottobre la cessazione delle proprie attività in Cina, mentre Toyota e Honda stanno riducendo il proprio staff nelle joint venture cinesi.

SERVE ANCORA KNOW HOW ESTERO

Sebbene le aziende cinesi abbiano iniziato a guadagnare un vantaggio tecnologico in alcuni campi, come veicoli elettrici e videocamere di sorveglianza, ad oggi necessitano ancora del supporto di aziende straniere in settori come i chip avanzati. I miglioramenti di produttività della Cina rischiano di rallentare se le società straniere continueranno a ritirarsi o ridimensionare le loro operazioni nel paese. Ciò, insieme alla contrazione della forza lavoro, potrebbe danneggiare la crescita economica del paese nel medio e lungo termine.

Consapevole di questi rischi, il mese scorso il governo ha allentato i requisiti di ricavi per le società soggette a monitoraggio prima che le joint venture possano essere approvate ai sensi delle leggi antitrust. Rendendo più semplici le acquisizioni, comprese quelle che coinvolgono società straniere, il governo spera di rendere il mercato cinese più attraente.

La nuova stretta alla legge sulla sicurezza nazionale appare quindi, col suo carico di incertezze per gli investitori, in contraddizione col messaggio di una Cina “aperta per business”, mandato non più tardi della settimana scorsa dall’esecutivo, il Consiglio di Stato, affermando che una delle priorità di quest’anno è quella di attrarre più investimento estero.

Per Pechino si tratta di percorrere un sentiero stretto, con un tradeoff molto problematico: quello tra crescita e acquisizione (o vampirizzazione) di competenze internazionali e sicurezza nazionale, cioè la presa sempre più stretta che Xi Jinping esercita sul paese. Non è un caso che le attività del Ministero per la Sicurezza dello Stato vengano oggi attivamente pubblicizzate presso la popolazione, con fumetti e iniziative sui social.

Come dire, ogni paese ha il tipo di Golden Power che il proprio regime ammette e plasma.

Con questo scenario, e il confronto tra blocchi che si inasprisce, non si può sfuggire a qualche domanda circa il futuro del rapporto tra Apple, Elon Musk e il regime cinese. La prima, oltre a rischiare di finire come le auto tedesche in Cina, può fare alzare più di un sopracciglio a Pechino e a Washington, soprattutto quando -fatalmente- metterà il piede nell’intelligenza artificiale.

La posizione di Musk è ancor più potenzialmente problematica. Tesla appare destinata allo scontro finale col colosso BYD, e gli aspetti di sicurezza legati ai sistemi di navigazione potrebbero indebolirne la posizione competitiva, sempre che prima non arrivino le preferenze patriottiche dei consumatori cinesi a risolvere la sfida.

Ma l’area ancor più delicata dell’attività di Musk è quella di SpaceX e della sua “misteriosa” divisione Starshieldche si occupa di satelliti e ha un rapporto sempre più profondo col Pentagono, l’intelligence e le agenzie di sicurezza nazionale statunitensi. Come segnala il Wall Street Journal, le offerte di lavoro online di Starshield hanno ricercato persone con autorizzazioni top secret, nonché esperienza di lavoro con il Dipartimento della Difesa e la comunità dell’intelligence.

Una posizione pubblicizzata richiede che la persona che la gestisce rappresenti Starshield presso i comandi combattenti del Pentagono, divisioni che supervisionano le operazioni militari in tutto il mondo o funzioni specifiche, come i trasporti e la cybersecurity.

Appare davvero difficile, oggi, che questo ruolo di potente organizzazione non governativa in capo a una persona fisica possa uscire indenne da una guerra più o meno fredda tra Pechino e Washington.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità