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Ciclologistica | Il futuro “verde” delle consegne

In Europa il traffico urbano delle merci rappresenta il 10-15% dei chilometri percorsi dai veicoli circolanti in città, che generano il 20-30% delle emissioni nocive totali rilasciate nell’atmosfera, per un quarto a causa dei viaggi a vuoto effettuati a fine consegna.

I dati forniti della società di consulenza TRT Trasporti e Territorio non lasciano dubbi sull’impatto della logistica urbana sulla congestione e sulla qualità dell’aria delle città. Un’incidenza destinata a peggiorare considerato il costante incremento dello shopping via internet che richiede maggiori servizi di consegna a domicilio. Una domanda supplementare difficile da soddisfare con i mezzi tradizionali poiché muta la stessa organizzazione logistica. Le consegne hanno carichi inferiori, sono più frequenti, capillari e vincolate da orari precisi stabiliti dai clienti domestici. Esigenze che richiedono maggiore flessibilità, rapidità e puntualità e un’organizzazione più efficiente e razionale dei trasporti, nonché la creazione di piccoli centri di smistamento all’interno delle città.

Un modello inadatto per la città

L’attuale modello di trasporto urbano delle merci basato sull’impiego di furgoni non pare appropriato per soddisfare le nuove esigenze. Van e cabinati sono causa e vittima del traffico, rischiano di rimanere bloccati negli ingorghi e hanno sempre maggiori problemi nel reperimento di parcheggi per effettuare soste rapide. A renderli inappropriati sono anche le politiche intraprese dalle amministrazioni locali negli ultimi anni. La creazione di zone a traffico limitato e pedonali sempre più ampie impedisce ai furgoni di arrivare dai clienti che vivono nel centro, mentre le restrizioni orarie all’ingresso previste in molte città per i mezzi motorizzati rendono complicata la gestione delle consegne. Non solo. L’istituzione di accessi a pagamento, come l’Area C di Milano, rende oneroso il servizio di ritiro e consegna. E le prospettive per il futuro sono ancora più difficili. Molte città italiane hanno concentrazioni fuorilegge di polveri sottili e di altri inquinanti, elementi nocivi per la salute e per l’ambiente dei quali i furgoni alimentati a gasolio sono tra i principali imputati. Un problema grave che incide sulle spese sanitarie e rimarcato da un rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) secondo il quale il nostro Paese detiene il record di morti premature dovute alla cattiva qualità dell’aria: ben 84.400 nel solo 2012. A imporre un cambiamento infine è anche la Commissione europea, che punta ad azzerare le emissioni dei servizi di distribuzione delle merci nei centri urbani entro il 2030.

Quando il futuro nasce dal passato

La soluzione per il futuro potrebbe arrivare dal passato e porta il nome di bicicletta. Un mezzo che tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento fu un indispensabile strumento per il trasporto di ogni tipo di merce, dalle lettere ai giornali, dal latte alla birra, fino agli attrezzi del mestiere di artigiani e medici condotti. L’uso si intensificò con l’arrivo dei tricicli e di modelli sempre più evoluti capaci di portare oggetti ingombranti e soddisfare le richieste dei servizi postali nazionali. Robuste, pratiche e con costi accessibili le biciclette rimasero fino agli anni Cinquanta il principale mezzo di trasporto per piccole aziende, professionisti e posta. Il declino arrivò con la motorizzazione di massa che rese disponibili motocicli e furgoncini a prezzi contenuti e relegò le bici ai margini della società. Il ritorno dei pedali nel trasporto merci è merito soprattutto dei bike messengers, giovani appassionati di cicli che si dilettano nella consegna di posta e piccoli pacchi nelle megalopoli americane. Un entusiasmo contagioso che è sbarcato in Europa per arrivare in Italia nel 2008 per merito del primo moderno servizio di consegna con bici, l’Urban Bike Messengers (UBM) di Milano. Da allora i corrieri a pedali si sono moltiplicati, tanto da rendere problematica la computa. Soltanto nel capoluogo meneghino le aziende attive sarebbero più di dieci, mentre lungo la Penisola la stima di TRT arriva a contare oltre 60 imprese operative in più di 40 città, con prevalenza nel Centro e nel Nord Italia. Un numero, dicono i responsabili della società di consulenza, destinare a crescere ancora nel 2017 con molte aperture anche nelle regioni del Sud.

La svolta decisiva delle cargo e-bike

Il successo dei primi “pony” a pedali deriva soprattutto dalla velocità e puntualità delle consegne. Buste e pacchi si caricano nelle borse a tracolla e per raggiungere la destinazione si “cavalcano” biciclette leggere e agili, capaci di districarsi nel traffico, saltare le code e tagliare per parchi e zone a traffico limitato, opzioni vietate ai furgoni che sono invece costretti a seguire il flusso lento della mobilità urbana. A favore dei cicli sono pure i tempi inesistenti per la ricerca del parcheggio e l’assenza totale di emissioni inquinanti e acustiche che li rende socialmente desiderabili. Il favore di consensi ottenuto dagli UBM ha trovato così presto altri estimatori e ha favorito la progettazione e l’impiego di biciclette a due o tre ruote realizzate appositamente per il trasporto merci, le cosiddette “cargo bike”. Una svolta decisiva è poi arrivata con i modelli a pedalata assistita, in grado di incrementare fino al 300% la forza impressa sui pedali dai muscoli, con il risultato di rendere gli spostamenti più rapidi e con un raggio d’azione più lungo. Il supporto del motore elettrico risulta peraltro determinante anche per consentire l’uso dei cicli in città collinari, come Roma, Bergamo o Siena, e non certo in ultimo per aumentare i carichi.

Le multinazionali delle consegne

La maggiore versatilità delle cargo con la “scossa” e la loro flessibilità d’impiego, perfetta per le nuove esigenze delle distribuzione urbana generata dall’e-commerce, attrae attualmente l’interesse di molti. Nel 2014 la nascente European Cycle Logistics Federation ha attirato a Nimega, in Olanda, oltre 250 piccoli operatori e produttori di cargo bike da tutta Europa, dei quali più di 220 provenienti da oltre 20 diversi Paesi si sono associati alla neonata federazione continentale. Un “movimento” che non ha lasciato indifferenti le multinazionali degli express courier, come DHL, UPS, GLS e TNT. L’idea è di sfruttare le qualità delle bici per integrare i propri servizi di logistica, in particolare per le consegne del cosiddetto “ultimo miglio”.

Ma a convincere i principali player del settore sono anche l’immagine positiva che deriva dall’uso dei cicli e l’aspetto economico: le cargo bike sono molto meno costose dei furgoni, sono esenti dal pagamento della sosta o dalla tariffazione degli accessi al centro urbano, non richiedono assicurazione (se non quella per chi pedala) e bollo, non necessitano di revisione e hanno spese di manutenzione e “rifornimento” irrisorie. Benefici che, di fatto, convincono tutti i responsabili delle multinazionali, pur se con formule differenti. Alcune società hanno inserito le e-cargo nelle proprie flotte, altre hanno preferito “brandizzare” con il proprio logo veicoli di altri operatori o affidare le consegne ad operatori locali. Con l’ingresso dei corrieri internazionali si parla ormai apertamente di “ciclologistica”, ossia di un sistema organizzato per la distribuzione delle merci che utilizza, in abbinamento o meno con i mezzi tradizionali, le biciclette per il trasporto dai mini-hub cittadini ai clienti del centro. Un sistema che, secondo gli esperti di TRT, si evolverà nel futuro completandosi con l’uso di altri mezzi a zero emissioni, quali scooter, quadricicli e furgoni elettrici, al fine di raggiungere l’obiettivo europeo di avere consegne urbane a zero emissioni entro il 2030.

Dalla diffusione alle nuove regole

A confermare il potenziale della ciclologistica sono diverse ricerche, puntualmente segnalate dall’European Cycle Logistics Federation. Secondo le analisi di TRT Trasporti e Territorio ben il 51% dei viaggi per il trasporto di merci effettuati in auto e furgone nelle città europee potrebbe essere svolto con le biciclette. La percentuale si riduce al 25% considerando soltanto le consegne professionali, ossia quelle dei corrieri, anche se alcuni studi rilevano potenzialità molto maggiori: un’indagine effettuata a Berlino, ad esempio, rileva che le cargo bike potrebbero soddisfare l’85% della domanda di distribuzione cittadina delle merci. Analisi di interesse sono pure quelle rilevate ad Amsterdam, dove i corrieri a pedali risultano il 25% più produttivi dei colleghi al volante, e a Londra, dove l’introduzione sperimentale delle cargo nella logistica urbana ha consentito di ridurre del 55% le emissioni del servizio e di tagliare il 20% delle percorrenze. La ciclologistica, inoltre, è un modello facilmente replicabile in ogni città e richiede investimenti modesti, fattore che facilita l’avvio di nuove imprese. Non solo. A rendere desiderabile la diffusione del trasporto a pedali è anche la possibilità di creare nuovi posti di lavoro, aspetto di assoluto rilievo nella società attuale con alti tassi di disoccupazione giovanile. Rispetto alla tradizionale attività di corrieri, la ciclologistica impiega, infatti, un maggiore numero di persone attive nella consegna. Insieme alla diffusione dei ciclo servizi e tuttavia auspicabile anche una sua evoluzione deontologia. L’impegno per il futuro, sottolineano i responsabili di TRT, deve essere di garantire un’adeguata etica nel settore, ossia definire regole che assicurino ai ciclisti condizioni di lavoro dignitose in termini economici e di tutela sanitaria.

I vantaggi della ciclologistica

– Sostenibilità ambientale

– Sostenibilità economica

– Minore occupazione dello spazio pubblico

– Maggiore flessibilità di consegna

– Nessuna restrizione oraria

– Possibilità di circolare in aree pedonali e ZTL

– Possibilità di percorsi brevi alternativi

– Nessun problema di parcheggio

– Tempi di consegna inferiori

– Puntualità superiore

– Capacità di trasporto pienamente sfruttabile

– Nessuna necessità di organizzare carichi minimi

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