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Chi ha paura del Golem?

Di Gianpiero Negri

Google l’ha acquistata per 400 milioni di dollari: questo solo dato sarebbe sufficiente per mettere a tacere gli scettici e i detrattori. Parliamo di Deepmind, una società londinese che ha come scopo la creazione di una intelligenza artificiale al servizio dell’umanità. In effetti, il Guardian ha riportato le dichiarazioni di uno dei suoi fondatori, Mustafa Suleyman, che ha perorato con forza la tesi che l’intelligenza artificiale non è altro che uno strumento nelle mani dell’uomo, che ne deve guidare sviluppi e applicazioni per risolvere problemi altrimenti insormontabili. La scarsità di acqua potabile nel mondo, ad esempio. O le sperequazioni sociali.

Suleyman sostiene, infatti, che:

L’ intelligenza artificiale, alla stregua di qualunque strumento che controlliamo e conteniamo entro precisi limiti, è una sorta di “potenza vapore intellettuale”, una risorsa economica e ampiamente disponibile per risolvere tutti i più complessi problemi globali.

Si tratta decisamente di una voce fuori da un illustre coro. In effetti Elon Musk, Bill Gates e lo stesso Stephen Hawking hanno espresso negli ultimi tempi pareri molto diversi da questo, e molto meno confortanti. Per sintetizzare, la loro opinione è che l’intelligenza artificiale stia progredendo a un ritmo così accelerato, da costituire una vera e propria minaccia per l’uomo che l’ha creata e ne sta forzando un vertiginoso sviluppo. È, questa, un’idea assai diffusa nella cinematografia fantascientifica, secondo la quale le macchine giungeranno ad un livello tanto evoluto, da poter un giorno ambire a soppiantare gli umani, o comunque rivoltarsi contro i propri creatori mutando la loro originaria utilità in una terribile minaccia.

I timori dei celebri personaggi di cui sopra, e anche molte delle sceneggiature dei film che narrano in chiave distopica di una futura apocalisse “artificiale” trovano il loro fondamento in una paura ancestrale dell’ umanità, legata al mito del Golem, una creatura della tradizione ebraica, plasmata dall’argilla ad opera di sapienti venuti a conoscenza dei segreti della Qabbalah, o Cabala, la dottrina ebraica diretta all’interpretazione simbolica del senso intimo e segreto della Bibbia.

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Una volta creati, questi giganti acquisivano col tempo una loro coscienza e autonomia, pur essendo la loro forza sovrumana ed ogni altra loro dote assoggettate alla volontà del creatore. Il quale poteva decidere di disfarsene, distruggendoli, qualora fossero divenuti troppo potenti o incontrollabili. Traendo ispirazione da questa leggenda, potremmo dire che c’è chi, come il fondatore di Deepmind, ritiene che il novello Golem sia, o possa essere, addomesticabile, e la sua potenza sempre piegata alla nostra volontà.

C’è chi invece, come Hawking, si dichiara molto più pessimista sulla possibilità di un suo impiego “pacifico” di lunga durata. Una terza strada, assai suggestiva e romanzesca, è rappresentata dalla possibilità che gli esseri umani creino enti artificiali così sofisticati ed evoluti da poter iniziare ad apprendere da loro. Questa possibilità fornisce interessanti spunti sulle attuali capacità delle macchine di possedere una autoconsapevolezza simile a quella umana.

Il celeberrimo test di Turing, per esempio, enuncia un criterio per stabilire se una macchina può essere considerata “intelligente” alla stregua di un umano. Per raggiungere questo traguardo, la macchina non deve far altro che rendersi indistinguibile da un essere umano agli occhi di un altro essere umano.
Quale potrebbe essere il test per verificare che una macchina abbia raggiunto un livello di coscienza, e di etica, tale da poter essere di supporto all’umanità nella risoluzione di problemi complessi, al punto che l’umanità stessa possa trarne addirittura insegnamento?

Un possibile “suggerimento” arriva direttamente da John Nash, il grande genio matematico scomparso di recente, padre di una nuova, rivoluzionaria teoria dei giochi e degli equilibri:

Un gioco può essere descritto in termini di strategie, che i giocatori devono seguire nelle loro mosse: l’equilibrio c’è, quando nessuno riesce a migliorare in maniera unilaterale il proprio comportamento. Per cambiare, occorre agire insieme.

Per semplificare, Nash ha dimostrato che un reale equilibrio tra giocatori, che perseguano ognuno un proprio mero interesse, è praticamente irraggiungibile.

Piuttosto, un vero equilibrio tra le parti si raggiunge quando tutti gli attori del gioco cooperano per conseguire un obiettivo comune di più ampio orizzonte. Sacrificando, magari, una parte del proprio personale “profitto”.

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Seguendo questa epocale intuizione, si potrebbe dire che una macchina davvero intelligente dovrebbe essere capace di insegnare all’uomo nuove modalità di comportamento, in modo da raggiungere un equilibrio più armonico per l’umanità stessa e tutte le altre creature viventi, suggerendo nuove strategie per risolvere le beghe colossali dell’ impatto ambientale. O la tragedia della fame nelle regioni più povere del mondo, per esempio.

Una macchina siffatta andrebbe probabilmente ben oltre la capacità minima richiesta per superare il test di Turing, dal momento che escogiterebbe soluzioni concrete e realizzabili che la stessa umanità finora non è stata in grado di formulare e mettere in atto. Quindi, per concludere, non abbiate troppa paura del Golem: com’è sempre auspicabile per un figlio, è forse possibile che diventi migliore di quanto noi stessi non siamo mai riusciti ad essere.

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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