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Certi grossi, grassi matrimoni, celebrati sull’altare dell’esibizionismo

Scene dal vivo di un matrimonio appena celebratosi in una cittadina pugliese, ovviamente innominabile. Per ambientazione, un’aggraziata piazzetta del centro storico (isola pedonale), resa ancora più suggestiva dal fondale buio tenue delle prime ore della sera, ed una prospiciente, ed altrettanto graziosa, piccola chiesa del diciottesimo secolo.
 
Nubendi, due giovani professionisti appartenenti a buone famiglie e con a fianco redditizie attività commerciali; insomma, tutte le premesse per una cerimonia distinta, se non proprio d’elite.
 
Sennonché, ancora una volta, si ha la dimostrazione che la ricchezza, la bellezza ed il successo non necessariamente vanno a braccetto con la classe pura, quel volare alto che, prima di tutto, prende l’abbrivio dalla semplicità, dalla naturalezza, dal riserbo e dalla modestia.
 
Veniamo alle sequenze che, secondo il parere e la sensibilità di chi scrive, si caratterizzano per i toni sfasati e fuori luogo.
 
Mancano pochi minuti all’orario fissato, e però lo sposo non appare presente all’ingresso della chiesa ad attendere la dolce metà. Nessun problema, comunque, il suo arrivo è annunciato, di lì a breve, dal rombo di un’autovettura, da lui stesso guidata, rombo speciale e inconfondibile giacché trattasi non di un comune veicolo di media o grossa cilindrata, ma, sentite bene, niente poco di meno che di una “Ferrari” color argento metallizzato. Non c’è che dire, un’apparizione veramente “sobria”, quasi che avvenga a bordo di una cinquecento o di un calesse.
 
Il secondo fotogramma sfocato, diciamo così, si materializza all’interno del luogo sacro, in pieno rito nuziale. Ciascuno di noi ritiene che il culmine del sacramento coincida con lo scambio delle cosiddette “fedi”, ma in realtà, almeno nella circostanza, tale opinione ha un grosso limite, è parziale: difatti, dopo che le comuni fascette d’oro trovansi a cingere gli anulari della coppia, lo sposo trae dalla tasca un involucro e presenta alla ormai moglie un vistoso, preziosissimo anello con brillantone, roba, a occhio e croce, da decine di migliaia di euro.
 
Beninteso, fra gli oh! di meraviglia della generalità degli astanti, integrati da sommessi risolini e sospiri d’innocente invidia da parte delle invitate giovanissime. Neppure in questo atto, v’è alcuna ombra di ostentazione!
 
Si osserva, con indulgenza, che certe pacchianerie resistono tuttora, specialmente nei centri medio piccoli; di fronte a siffatta considerazione, sembra tuttavia bene ed utile replicare che è giunto il momento di estirpare completamente le radici di atteggiamenti e comportamenti del genere, in qualunque latitudine ed ambiente ci si trovi.
 
E io che ho criticato l’usanza, da poco introdotta, dei fuochi d’artificio in seno ai matrimoni!

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