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Catarina e a beleza de matar fascistas al Teatro Piccolo Arsenale

Si conclude la 51esima edizione della Biennale Teatro con lo spettacolo del regista portoghese Tiago Rodrigues

Il confortevole ex cinema Arsenale, che fu rimesso a nuovo dalla Fondazione La Biennale di Venezia, ha ospitato uno spettacolo andato in scena lo scorso anno a Roma e a Modena, che aveva suscitato l’ira e lo sdegno di Federico Mollicone (Roma, 1970), deputato di Fratelli d’Italia, il quale aveva invocato la sospensione della programmazione nella capitale.

Il regista e attore Tiago Rodrigues (Amadora, periferia di Lisbona, 16 febbraio 1977) assieme a Magda Bizarro, con la quale nel 2003 aveva fondato la compagnia Mundo Perfeito, in un lungo lavoro – 150 minuti – che riesce a non essere noioso, pone a se stesso e a chi guarda una serie di interrogativi.

All’entrata degli spettatori, gli interpreti si trovano già sul palco. Parlano tra loro, osservano chi entra e come si comporta : c’è chi ricerca il posto, chi si precipita ad abbracciare un amico, e così via.

L’azione della pièce si svolge in campagna. Al centro si vede la vecchia casa di legno, circondata da grandi querce da sughero, della bisnonna Catarina. C’è un lungo tavolo rettangolare, preparato per un pasto, occupato, all’estrema destra, da un solo attore, seduto, in giacca e cravatta. Si intuisce che costui sia il fascista in attesa di venire ucciso.

Sul lato rivolto verso il pubblico, della tovaglia che copre il tavolo, c’è una frase, NAO PASSARAO, “non passeranno”, resa famosa nella versione castigliana “No pasaran!”, pronunciata durante la guerra civile spagnola da Dolores Ibarruri Gomez (1895 – 1989), “La Pasionaria”, una dele fondatrici del PCE, il partito comunista spagnolo, di cui fu Segretaria e Presidente.

La vicenda si svolge in un futuro prossimo, nel 2028. Alla radice della trama c’è un fatto storico.

Il 19 maggio 1954 a Bailazao, nell’Alentejo, una mietitrice 26enne analfabeta, Catarina Eufemia, viene assassinata da un tenente della Guardia Nacional Republicana. La colpa : aver scioperato, assieme a 13 compagne, per ottenere due escudos in più sul salario quotidiano.

Sarà vendicata da un’altra donna, la matriarca della famiglia protagonista sul palcoscenico. Costei ucciderà il proprio marito, un gendarme, colpevole di non essere intervenuto in difesa dell’amica.

Da allora in poi quest’ultima Catarina chiese, in una lettera lasciata ai suoi discendenti, che ogni anno si incontrino in quel luogo e mantengano la loro tradizione – pur non accennando al fatto che avrebbero dovuto uccidere un fascista.

Uomini e donne, vestiti tutti allo stesso modo, in lunghi abiti contadini, dal colore prevalentemente scuro, si rivolgono l’un l’altro, chiamandosi Catarina.

Giunta all’età di 26 anni, spetta all’attrice Beatrice Maia uccidere il suo primo fascista (la madre ne ha già eliminati sette). Arrivata in ritardo, in un primo momento sembra sicura di ciò che si accingerà a fare. Ma poi si insinua il dubbio, il chiedersi se è giusto quel che si appresta a compiere.

La sua marcia indietro darà il via ad un verboso diverbio con la madre (Isabel Abreu), mentre il fratello (Marco Mendonça) sembra legittimare la sua scelta.

Costui, come nella tragedia greca, non partecipa al dialogo con i familiari. Sempre muto, si rivolge al pubblico, impersonando il Coro, un narratore pieno di saggezza.

Ha con sé una cuffia stereofonica, che, non appena collocata sulle orecchie, fa partire un tappeto sonoro. Inspiegabilmente, al rifiuto della sorella, a un certo punto uccide lei e uno dopo l’altro tutti i consanguinei. Il fascista, allora, sentendosi al sicuro, comincia a dar vita ad un discorso-comizio zeppo di ismi : nazionalismo, sessismo, sovranismo, estremismo, razzismo, proseguendo con accenti omofobi, anti abortisti e inneggiando ad una famiglia d’altri tempi, dove la moglie, in secondo piano, asseconda in tutto e per tutto il marito.

Se ci pensiamo, i politici, italiani e non, ora o in passato al governo, si comportano così. Il regista ha infatti precisato di aver costruito il comizio finale, assemblando discorsi di Salvini, Bolsonaro, Trump, Le Pen, Orban e del leader dell’estrema destra portoghese Ventura, entrato in parlamento nel 2019 nella coalizione “Chega” (“basta”), la prima formazione di estrema destra a sedere nell’organo legislativo portoghese, dalla fine della dittatura Salazar (1974).

Molti sono gli interrogativi che il regista e ognuno può porsi : uccido un malvagio perché ci provo gusto? Perché in questo modo elimino un nemico della democrazia e della libertà?

I dubbi non scompaiono e allora viene da chiedersi se sia giusto uccidere per evitare un peggioramento della vita nel mondo e che le idee sbagliate prendano il sopravvento. Insomma, la violenza per una giusta causa previene altre violenze?.

Durante lo spettacolo gli attori, a cappella, hanno intonato la canzone della Resistenza comunista, Fischia il vento, rivisitata in una versione portoghese, ben preparati da Joao Henriques, direttore del coro e responsabile degli arrangiamenti vocali.

Il pubblico, in prevalenza giovane, applaude, ma sembra più preoccupato di non bagnarsi, vista la pioggia, annunciata da tuoni, che ben si prestavano a commentare il farneticante comizio dell’attore Romeu Costa.

Termino con una considerazione di Rodrigues :

Lo spettacolo è una riflessione sul senso di impotenza di fronte all’autoritarismo e all’ingiustizia e, allo stesso tempo, sulla capacità del teatro di intervenire sulla realtà.

 

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