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Cancro polmonare, scoperto nuovo meccanismo di freno

Individuato in vitro un gene chiave per bloccare la crescita di cellule staminali tumorali nell'adenocarcinoma. Presto il primo studio in vivo, su modelli animali.

di Cristina Da Rold 

Le cellule staminali tumorali giocano un ruolo drammatico nella proliferazione del tumore, nel produrre eventuali recidive e nella sua resistenza ai farmaci. Per questa ragione da anni i ricercatori stanno cercando di capire quali sono i meccanismi che permettono alle cellule staminali di proliferare, con l’obiettivo di arrestare questi processi. Un gruppo di ricerca italiano, coordinato da Rita Mancini del Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare della Facoltà di Medicina e Psicologia della Sapienza di Roma, è riuscito a descrivere uno di questi meccanismi, nell’ambito del tumore al polmone noto come adenocarcinoma, che costituisce circa il 40-50% dei tumori al polmone non a piccole cellule. Si tratta di un processo basato su un gene importante per il metabolismo degli acidi grassi: SCD1.

I risultati al momento sono stati ottenuti in vitro, utilizzando cellule direttamente prelevate dai pazienti, senza cioè dover utilizzare linee cellulari più datate, come spesso avviene in questi studi. La ricerca è stata condotta in collaborazione con varie istituzioni di rilievo tra cui l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, grazie al sostegno di AIRC, ed è stata pubblicata sulla rivista Oncogene.

“L’enzima SCD1 gioca un ruolo importantissimo per la sopravvivenza della cellula staminale – spiega a OggiScienza Gennaro Ciliberto, Direttore Scientifico dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena – e quindi riuscire a inibirne l’azione significa uccidere le cellule staminali stesse.” I ricercatori sono riusciti a inibire il gene utilizzando un farmaco già testato in precedenza per una terapia contro l’obesità, ma che non aveva portato ai risultati sperati. Se dunque i risultati dovessero essere confermati in fase di sperimentazione in vivo, prima sugli animali e poi sugli esseri umani, significherebbe possedere già un farmaco valido, risparmiando tempo e denaro.

“Un altro aspetto molto interessante – prosegue Ciliberto – è che attraverso la nostra ricerca abbiamo capito anche come l’inibizione del gene SCD1 porta le cellule staminali a morire.” Lo studio ha identificato due vie metaboliche nelle cellule tumorali: quella della beta-catenina e successivamente quella che coinvolge due proteine note per la loro capacità di controllare la crescita cellulare a livello del nucleo, chiamate YAP e TAZ.

“Quella sul gene SCD1 rappresenta una linea di ricerca senza dubbio promettente – prosegue Ciliberto – come dimostrano alcuni nostri dati non ancora pubblicati, che evidenziano una correlazione fra un’elevata presenza di SCD1 e prognosi più sfavorevoli nei pazienti”. L’idea qui è quella di andare nella direzione di una medicina personalizzata, che si basa prima di tutto sulla selezione di quei pazienti che meglio potrebbero rispondere a questo tipo di terapia. Per questo è molto importante lavorare parallelamente sulla diagnostica di popolazione.

“Nell’immediato si tratterà di confermare i dati nei tumori in vivo, prima sugli animali, cosa che avverrà già nei prossimi mesi grazie a un finanziamento di AIRC al gruppo della professoressa Mancini. Successivamente si proporrà uno studio clinico, anche per studiare la sinergia di questo farmaco con la chemioterapia, per migliorare sempre di più la risposta ai trattamenti nei pazienti con adenocarcinoma polmonare.”

@CristinaDaRold

Questo articolo è stato pubblicato qui

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