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Campioni dello sport, redditi e ricchezze notevoli, prelievo fiscale inadeguato

L’ultimo numero del magazine mensile abbinato al “Corriere della Sera” dà meritato risalto a due campioni del calcio, Claudio Marchisio e Daniele De Rossi.

Il primo personaggio, oltre che la copertina, occupa e anima una lunga intervista: bandiera del centrocampo della Juventus e della Nazionale e, in certo qual modo, a quanto si legge, incarnazione della versione moderna dell’atleta gentiluomo, è appellato Piccolo Lord o Principino per la spiccata eleganza del suo guardaroba.

Felicemente sposato con un’ex tennista affermata, Marchisio dichiara di possedere tre autovetture: Ferrari GTO, Lamborghini Aventador nera e Jeep grigia. Non c’è che dire, una piccola scuderia d’indubbia alta classe, evidente specchio di un reddito e un patrimonio notevoli.

A sua volta, Daniele De Rossi, anch’egli faro del gioco, sia nella sua squadra, la Roma, sia in seno alla rappresentativa nazionale, rappresenta per i suoi fan un vero e proprio mito. Certamente, non è da meno, in confronto al collega piemontese, quanto a “quarti di nobiltà”, tanto che la sua attuale e bellissima compagna, l’attrice Sarah Felberbaum, è automaticamente assurta al rango di “principessina del calcio”.

Fa piacere che siano italiani purosangue due eccellenze dello sport maggiormente seguito, in una fase in cui le nostre squadre appaiono gremite di giocatori stranieri, ma, in pari tempo, non si può non rilevare che, grazie alle loro doti, i Marchisio e i De Rossi - unitamente a innumerevoli altri campioni - sono ricoperti da oceani di emolumenti e rendite, fra ingaggi e stipendi, introiti pubblicità, eccetera.

Beninteso, tale ultima circostanza non è affatto una colpa a loro carico e, del resto, esistono nutriti battaglioni di ricchi e straricchi, in svariati settori e campi d’attività o professione.

Tuttavia, esiste un grosso limite in correlazione alle posizioni economicamente privilegiate, ossia la vigenza di un non adeguato prelievo fiscale.

Difatti, sebbene la Costituzione del nostro Paese reciti:

Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività",

l’aliquota massima Irpef del 43% scatta a partire da un imponibile superiore a 75.000 euro.

A mio parere, tale modalità di tassazione è grossolana e non risponde per niente ai criteri di equità su cui, giustappunto, deve essere basato l’intervento del Fisco.

Personalmente, ritengo che, alla percentuale del 43%, debbano aggiungersene altre più elevate e progressive, da applicarsi alle basi imponibili ragguardevoli. Ad esempio, il 50% oltre 200.000 euro, il 55% oltre 500.000 e il 60% oltre 1.000.000 d’euro.

Suona stucchevole l’eccezione, sovente mossa, che, in fondo, si tratta di un numero contenuto di contribuenti e che, alla fine, il maggior introito nelle casse dello Stato si rivelerebbe di poco conto.

Non è forse tempo di dar valore a ciascun mattone, anche piccolo, dell’edificio pubblico?

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