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C’era una volta la democrazia

Per Renzi la bozza della legge elettorale non può essere “à la carte”. La vede, o meglio, vuole convincere gli altri a vederla, come un complicato castello che sta in piedi solo se tutti i tasselli stanno insieme. Perché non vuole che poi si dica: “Renzi ha fatto questo, ma non ha fatto quest'altro, quindi non ha mantenuto tutte le promesse”. E minaccia coloro ai quali passerà per la mente di intervenire sul testo per apportare modifiche in Parlamento, perché se ciò avvenisse significherebbe mandare all’aria tutto. Insomma, il fiorentino avverte: no a modifiche o salta tutto.

Un atteggiamento preoccupante quello del Segretario. Preoccupante per il PD. Preoccupante per la democrazia. Il sindaco di Firenze non accetta nemmeno le critiche, politiche, motivate (non si può non notarlo e dirlo) con garbo, misura e stile del Presidente Cuperlo. Non accetta, soprattutto, l’eventualità di un confronto aperto e democratico sulla bozza della legge elettorale da lui presentata; non sono ammesse modifiche al suo progetto, punto. Quasi come a dire: “il capo sono io e voi ubbidite”. Amen.

Ma Renzi lo sa di essere il segretario del PD, dove la D sta per “democratico”, non per “dispotico”? Forse no. O forse fa finta di non saperlo. Qualcuno, magari tra i suoi giovani collaboratori, gli dovrebbe anche far notare che gli elettori delle primarie lo hanno scelto come loro segretario, non gli hanno consegnato la corona e lo scettro del re (che, per fortuna, in Italia non governa più). 

Come si può imporre in questo modo autoritario una propria decisione all’interno del Partito Democratico? Solo a dirlo, è veramente cristallino l’ossimoro. Non si può seguire questa linea d’azione in un partito che trova i suoi pilastri portanti nella discussione, nel confronto. Il rischio è, per giunta, quello di provocare una spaccatura interna così profonda da rivelarsi insanabile (un’ipotesi nemmeno troppo fantasiosa) e assolutamente controproducente per lo stesso Renzi. 

Parecchi ne hanno già abbastanza di Berlusconi e Grillo, capi supremi indiscussi e indiscutibili dei rispettivi schieramenti. Che non ci si metta anche Renzi. Il partito di cui è diventato leader si chiama “democratico” e tale deve rimanere. Per il bene dell’Italia.

 

Giacomo Scardua

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