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"C’era una volta..." La favola della televisione

C’era una volta…una Società fondata sul Lavoro. E sulla cultura, la scienza, la scoperta.
I cittadini erano contenti: si poteva lavorare o scegliere di navigare. E qualcuno addirittura, sceglieva di starsene in campagna, con i prati e le mucche, sotto il sole d’estate e le stelle nelle notti d’inverno.
 
Si viveva. Se lavoravi avevi la tua contro partita. E se non avevi voglia di studiare o di lavorare, potevi sempre fare la fame. Dignitosamente però. E dopo una dura vita di lavoro, la tua nazione ti dava quel tanto per farti vivere la tua vecchiaia, senza dover chiedere niente a nessuno. Nemmeno l’elemosina.
 
Un brutto giorno, qualcuno dei regnanti disse: “ma qui non si può andare avanti così. Una Nazione che va così bene, non ci permetterà mai di diventare potenti…” Così, pensa che ti ripensa, fu assoldato un gruppo di Grandi Esperti. Erano esperti in tante cose. Una fra tutte, come creare povertà a tanti e ricchezza a pochi.
 
Il gruppo di grandi esperti lavorò per mesi giorno e notte. Si fecero grandi riunioni segrete. Si stilarono grandi progetti. Si pensò e si ripensò. Finché…
 
Un giorno, comparve la televisione. La maggior parte della gente non sapeva cosa fosse e li per li, ne ebbe paura. Quegli omini intrappolati dentro una scatola facevano paura. Ma passò il tempo e pian piano, la televisione – quella scatola di legno che emetteva suoni ed immagini – diventò cara a tutti. Talmente cara che tutti la vollero e per farlo, dovettero cominciare ad indebitarsi.
 
Dieci cambiali, quindici. Con qualche foglietto di carta potevi avere quella scatola magica. La sera trascorreva così, non più intorno al tavolo a chiacchierare, ma davanti a quel mobile animato. E tutti zitti. Tutti attenti. Tutti obbedienti.
 
Come fu come non fu, pian piano la gente cambiò. Ma senza rendersene conto. Era uno dei primi grandi successi del grande gruppo di esperti, chiamato dai regnanti. Il grande gruppo, lavorava e lavorava. Ci metteva tutta la grande esperienza per fare in modo che tutta la gente, rimanesse incollata a quella scatola di legno.
 
Nel giro di pochissimo tempo, ci riuscì. Ad ogni ora, le televisioni cominciarono a rimanere accese. Ora una canzone. Ora una pubblicità. Ora un telegiornale. Ogni attimo della vita scandito da un nuovo programma.
 
La gente continuava a vivere. Senza accorgersi che pian piano, quella scatola magica sortiva il grande sortilegio. Le mamme non fecero più il sapone in casa. Tutte volevano quelle scatole di cartone piene di polvere chimica. E volevano lacche per i capelli, vestiti, creme di bellezza e tutte le cose “preziose” che vedevano da quello schermo sempre più magico.
 
Gli uomini, presi a lavorare, si riducevano a guardare la televisione soltanto di sera. E vedevano i telegiornali, in religioso silenzio fingendo di capire tutto. Al più, tiravano tardi per seguire un po’ di qualche prima trasmissione che prometteva denaro a chi rispondeva a qualche domanda, ora su una canzone ora su una data di Storia.
 
Nel frattempo, gli uomini del Governo, compivano grandi cambiamenti.
Ma nessuno se ne accorgeva, presi com’erano dal mistero della scatola di legno, che entrava ormai in tutte le case ed a tutte le ore del giorno e della sera.
 
Le promesse delle pubblicità non venivano mantenute. Ma vuoi mettere poter mostrare un nuovo acquisto? Gente che prima di allora, poteva sperare – semmai – di poter avere la luce elettrica in casa e l’acqua corrente.
 
Nel tempo di un lampo, tutti si ritrovarono ricchi di qualcosa che non valeva nulla, costava tantissimo e faceva spendere di più, per il solo fatto di possederla. Chi la vettura. Chi tutti gli elettrodomestici del mondo. Chi le prime timide vacanze estive…
 
Si lavorava e lavorava. Sperando ancora un giorno in cui, la vecchiaia sarebbe stata premiata dopo una vita di lavoro e di poter lasciare ai figli il frutto di una vita intera.
 
Ma il grande gruppo di esperti, lavorava senza posa. Escogitava ora una pubblicità, ora una nuova moda. Sempre di più…di più..di più. Volevano lasciare tutti strabiliati e contenti. E tutti lo furono. O credettero di essere.
 
Ma contemporaneamente, accadeva qualcosa che la gente non poteva vedere ne immaginare. Le nazioni cominciarono ad essere abbandonate a se stesse. Le strade, le case, le fabbriche, la stessa gente. Nessuno più si curava della vita dei cittadini che governavano. Erano tutti presi a diventare ricchi e potenti Avevano trovato un modo davvero geniale: prendersi tutti i soldi che la povera gente versava e versava per mantenere in salute le città e le regioni e la nazione in cui vivevano.
 
Si cominciò a tassare tutto. L’acqua, l’aria, il respiro, l’ombra… cominciarono pian piano, in maniera che la gente non si accorgesse del piano machaivellico che stavano macchinando da tempo. Ora una tassa. Ora un’altra. Nessuno si accorse in tempo che persino l’ora della morte era stata tassata.
 
Tutti iniziarono a pagare. E pagare, pagare, pagare. Nessuno si accorse in tempo che, più si pagava e meno si otteneva. E quando qualcuno cominciò ad avere qualche brutto dubbio, i grandi esperti trovarono subito la risposta per tutti: c’era un buco nei conti pubblici. Talmente grande che nessun soldo l’avrebbe mai più rammendato.
 
Abituati ormai ad essere indebitati, tutti i cittadini non trovarono nulla di male nel fatto che la stessa nazione fosse indebitata. Faceva parte della storia dei giorni e nessuno disse nulla. Si accettò di dover pagare sempre più gabelle, anche se il buco nei conti invece di rammendarsi si allargava.
 
Si cominciò così a dover accettare un po’ di compromessi “Per il bene della nazione” dicevano i regnanti. E chi mai avrebbe fatto altrimenti? D’altro canto, c’era quella scatola magica sempre più affascinante a confondere la mente e far dimenticare i dolori.
 
Così, si lavorò senza un futuro all’orizzonte. La Pensione fu solo quella dove alcuni riuscirono ad approdare per qualche giorno di magra ferie dal lavoro. Lo stipendio –che solo pochi eletti riuscivano ad ottenere – veniva quasi automaticamente versato nel grande buco del bilancio pubblico. Tutti, ogni giorno, passavano sulla strada ove quella grande voragine fagocitava tutto. E versavano i loro ultimi centesimi, subito inghiottiti da una fuoco perenne, per correre a casa ad appiccicare il naso davanti alla tv.
 
Era ormai il tempo, in cui persino i cittadini del regno potevano entrare dentro la magica scatola parlante. E pian piano, fu bello e divertente vedersi dentro e non più fuori, solo a guardare.
 
Man mano, giorno dopo giorno, un cittadino alla volta entrò dentro la scatola di legno. Le luci, le musiche, le promesse erano talmente belle e tante ed affascinanti che nessuno più voleva uscir fuori.
 
Giorno per giorno, centinaia alla volta, tutti i cittadini entrarono nella scatola magica. E non ne uscirono più. I grandi esperti, avevano escogitato un modo per tenerli intrappolati per sempre dentro una galera travestita da Circo.
 
Così si incominciò a vivere rispondendo ad un quiz. Partecipando ad un reality. Sonnecchiando su uno spartito e persino vincendo denaro – tanto denaro – da non sapere nemmeno come spenderlo.
 
Ma un mattino – un brutto mattino – il grande gruppo di esperti decise di spegnere le luci, fermare tutti i quiz, arrestare la musica e tacitare le voci di tutti.
 
I cittadini terrorizzati, si svegliarono ciechi e muti e sordi. Dinnanzi a loro solo un tunnel buio ed infinito. E nessun suono. Nessuna musica. Nessun ballo.
Niente soldi e cose belle da comprare. Niente di niente. Il nulla.
 
Qualcuno brancolando nel buio pesto, cerco di trovare una porta, una finestra da scavalcare, un altro tunnel. Niente. Più brancolavano più si immergevano nel buio e nel silenzio. Lo spazio era davvero poco. Tutti uno accanto all’altro. Quasi appiccicati.
 
Dall’altra parte del tunnel, lo schermo di un televisore rimandava le immagini. Di un film dell’orrore. Tanti piccoli uomini e donne, ammassati l’uno all’altro. Ciechi. Sordi. E muti. Annullati dal loro stesso desiderare. Dal loro perdersi nelle immagini. Dal loro sperare e sperare e sperare.
 
Il grande regnante guardò ancora per un po’ lo schermo che diveniva sempre più buio.
 
Sbadigliò. E spense per sempre la televisione.

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