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C’è un pericolo fascista? E in che senso?

Sono un vecchio antifascista (praticamente da sempre, perché cresciuto da una zia di formazione azionista) ed il 25 aprile è una data che mi ha sempre detto qualcosa. Mi pare giusto dedicare il pezzo di oggi ad un tema connesso: è ancora attuale parlare di un pericolo fascista?

Badate bene: non ne consegue affatto che se non lo fosse, non sarebbe neppure attuale l’antifascismo, che è questione diversa da affrontare in separata sede (l’antifascismo non è stato solo un “contro” ma ha avuto anche un contenuto positivo di nuova democrazia di cui parleremo prossimamente). Qui vogliamo occuparci del se i fascisti possono rappresentare, ed in che modo, un pericolo ancora attuale. Inutile negare che ci siano segnali di un certo dinamismo dell’estrema destra in Europa: in Francia esiste la possibilità (poco probabile, peraltro) di una vittoria del Fn della Le Pen, in Ungheria Jobbik ottiene percentuali considerevoli e lo stesso partito di governo che passa per “liberale” è influenzato fortemente dalle tematiche del suo rivale di destra e non è poi così distante da posizioni fascistoidi. In Grecia il movimento di Alba Dorata, pur lontano da possibilità di vittoria elettorale, ha però un seguito tutt’altro che trascurabile. In Italia è possibile (ma poco probabile) un successo di Fratelli d’Italia a Roma, con la Meloni, soprattutto, si assiste ad un certo dinamismo di gruppi classicamente nazi-fascisti dediti ad un attivismo violento come Forza Nuova, Casa Pound ecc. Eccetera eccetera…

Guardiamo un po’ dentro queste realtà: dove i gruppi fascisti hanno percentuali tali da poter diventare forze di governo magari partecipando coalizioni a coalizioni in posizione subalterna (Italia, e soprattutto Francia), si tratta di forze che hanno messo molta acqua nel vino fascista di origine: il gruppo della Le Pen e quello della Meloni sono solo pallidissime imitazioni del fascismo storicamente conosciuto. Hanno una ispirazione nazionalista, sono xenofobi e magari razzisti, sono anticomunisti, ma non mi pare che meditino di sciogliere gli altri partiti e sostituire il Parlamento con la Camera dei fasci e delle corporazioni, magari gli piacerebbe ripristinare confino e Tribunali Speciali, ma sanno che la cosa non ha alcuna possibilità di realizzazione, quanto all’originario antisemitismo, mi pare non ci sia più traccia. Sostanzialmente si tratta di varianti interne allo schema neo liberista, con accenti autoritari.
Diverso è il discorso dei gruppi “militanti” come Forza Nuova, Casa Pound, Alba Dorata, Jobbik, ecc, dove l’identificazione con il fascismo storico è più netta ed evidente, ma salvo i casi particolari di Jobbik ed Alba Dorata, si tratta di gruppi che non hanno molto seguito, soprattutto elettorale: quasi mai superano l’1% dei consensi. Ma questo non vorrebbe dir nulla: nel 1919 la lista fascista si presentò solo a Milano per prendere 4.000 voti in tutto, ma tre anni dopo c’era la marcia su Roma.

Dobbiamo chiederci se ci sono le condizioni storiche per l’affermarsi di un regime fascista e ci sono almeno due differenze decisive rispetto agli anni venti. Nell’esperienza storica, non è mai successo che un movimento fascista sia arrivato al potere (come in Italia, Germania, Spagna, Portogallo ecc.) senza aver ricevuto l’appoggio decisivo del gran capitale (o, più in generale, dei ceti economicamente dominanti) che lo ha utilizzato quale sua stampella utile superare particolari momenti di crisi. Non mi sembra che oggi l’iper capitalismo finanziario abbia interesse alcuno ad una soluzione di tipo fascista, non fosse altro perché la concezione statuale del fascismo (totalmente interna al modello westfalico) è semplicemente antitetica al modello di governance che si sta affermando e risulterebbe di disturbo alla libera circolazione dei capitali. Il neo liberismo ha realizzato già una dittatura: quella della finanza sull’economia e la società, una dittatura politica sarebbe solo un impiccio. Anche sul piano del militarismo, non si può dire che il potere neo liberista ne sia indenne, ma esprime un modello di militarismo diversissimo da quello fascista.

Peraltro, c’è anche una fitta rete di accordi internazionali e di organismi che condiziona l’azione di governo di ogni singolo paese e che, forse, potrebbe essere incrinata solo da una vasta rivolta popolare. Ma questo richiederebbe un forte radicamento popolare e, qui veniamo alla seconda differenza: il fascismo degli anni venti ebbe una sua massiccia base sociale che, tanto nel caso italiano quanto in quello tedesco, attinse all vasto serbatoio dei reduci e similmente accadde in Ungheria, Romania, Austria, mentre in Spagna questa base fu fornita alla Falange essenzialmente dal tradizionalismo cattolico. Oggi non sembra che ci siano le premesse sociali necessarie ad una espansione di un eventuale radicamento fascista. I gruppi di estrema destra esprimono un accentuato dinamismo giovanile, ma circoscritto ad alcune migliaia (al più qualche decina di migliaia) di militanti, ma hanno un serbatoio non particolarmente ampio dal quale attingere e, pertanto, hanno limitate prospettive di crescita. Quando ai due casi “anomali” di Grecia ed Ungheria, va detto che si tratta di piccoli paesi di scarso peso politico. Dunque, eccezioni circoscritte e poco espandibili.

Dunque, possiamo concludere che di rischi di affermazione di un regime fascista non ce ne sono, almeno entro un orizzonte storicamente prevedibile. Se poi arrivano gli Ixos è un altro paio di maniche, ma per ora questo è fuori dal campo del reale.
Ne conseguirebbe che dunque, potremmo anche disinteressarci di questi gruppetti rumorosi, salvo che per la molestia delle loro attività squadristiche che, però, rappresentano più che altro un problema di polizia e non politico.

In realtà le cose non stanno così, e, se non ci sono le precondizioni per l’affermarsi di un regime fascista, questo non vuol dire che i fascisti, anche quelli dei gruppi più estremi, non abbiano una loro incisività a livello sistemico.

In primo luogo, non è da sottovalutare il loro ruolo a cavallo fra criminalità comune e corruzione politica: il caso Mafia Capitale lo dimostra. Mi si potrà rispondere che tanto la Mafia quanto la corruzione politica esistono e collaborano benissimo anche senza il contributo di Carminati. Certamente, però i fascisti, anche quando hanno smesso di occuparsi di politica, hanno un “valore aggiunto” rispetto alla malavita comune. Il malavitoso ha esclusivamente fini di lucro personale e pensa essenzialmente in questi termini, mentre il fascista, che è pur sempre un “soldato politico”, porta una capacità di inquadrare in un contesto politico anche gli affari di Mafia, ha una maggiore capacità di muoversi in ambienti politici, soprattutto, quelli più affini di centro destra, e, cosa che non guasta, ha spesso maggiore dimestichezza con gli ambienti dei servizi segreti di quanto non accada normalmente a mafiosi e tangentisti. Storicamente i rapporti fra n’drangheta e servizi sono stati propiziati dal comandante Borghese, così come gli ordinovisti milanesi furono efficace cerniera fra i trafficanti d’armi e gli ambienti dei servizi, per non dire del ruolo della destra romana con la Banda della Magliana (lontana radice di Mafia Capitale). E questo ha i suoi riflessi politici.

In secondo luogo, i fascisti, hanno un ruolo non trascurabile nel fornire una base attivistica (non solo in termini squadristici, ma anche di propaganda ed organizzazione) per tutto il fronte di destra e di centro destra. Non è un mistero che gruppi di destra, insieme alle “curve” da stadio che egemonizzano, abbiano avuto spesso un ruolo di primo piano nell’organizzare le manifestazioni del Cavaliere che si disobbligava con qualche generosa regalia, ma anche con qualche concessione politica. E questo non accade solo in Italia.

Ma l’effetto di maggiore rilievo è nell’osmosi di culture politiche. I gruppi fascisti offrono un modello organizzativo attivistico, hanno una cultura politica che si presta magnificamente alle campagne xenofobe e fornisce teorizzazioni antiegualitarie perfettamente funzionali allo spirito neo liberista. Insomma il neo fascismo oggi rappresenta una sovrapposizione batterica sul fenomeno neo liberista che prepara qualcosa di nuovo, prodotto da questa contaminazione. Un nuovo tipo di autoritarismo funzionale al potere finanziario, ma più aggressivo e pericoloso dell’involucro liberale in cui esso è stato avvolto.
Ed è a partire da queste considerazioni che occorre ripensare ai modi ed alle forme del contrasto al fascismo. E allo stato attuale ho l’impressione che il fenomeno sia, tutto sommato, sottovalutato nella sua pericolosità reale. Non so se le forme più adatte a contrastarlo siano quelle della levata di scudi contro ogni loro manifestazione, il che, oltre che avere uno sgradevole sapore di specularità del fenomeno che si vuol combattere, è anche un eccellente modo di fargli pubblicità.

La realtà è molto più complessa ed occorre trovare i contenuti e le forme di comunicazione che limitino ulteriormente la loro presa potenziale su ambienti giovanili. Occorre soprattutto comprendere che il nemico principale non sono loro ma quell’iper capitalismo finanziario da cui prende origine l’ondata neo liberista su cui si stanno sovrapponendo.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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