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Burocrazia, biopolitica, nuovi poteri pubblici: introduzione a Weber e a Foucault (pt.1^)

Il termine composto “burocrazia” – derivante dalla parola francese bureaucratique coniata nel XVIII secolo dall’economista Jean Claude Marie Vincent de Gournay (1712-1759) – rievoca da un lato il significato di “forza”, “potere”, contenuto nella parola di origine greca kratos, dall’altro l’ufficio in quanto struttura organizzativa di base della pubblica amministrazione.

Il significato del termine assume, al giorno d’oggi, connotazioni decisamente negative. Pronunciarlo, infatti, può, per associazione di idee, far pensare all’atteggiamento di certi impiegati pubblici che, dopo aver ascoltato le legittime richieste che vengono loro rivolte dal cittadino, anziché adoperarsi per cercare di soddisfarle volgono su di esso uno sguardo sinceramente divertito, guardandolo con una supponenza tale da incutergli una sensazione di nullità ed impotenza pressoché assolute.

Un’immagine d’altri tempi, forse, dal momento che negli ultimi anni, sul piano della qualità, anche sul fronte della customer satisfaction il settore pubblico ha compiuto qualche passo avanti. Si tratta, in ogni caso, solo di un’immagine esemplificativa che serve a rendere bene l’idea rispetto a uno dei problemi maggiormente sentiti, attualmente, da chiunque nel nostro paese, a qualsiasi titolo, si rivolga agli sportelli della PA.

Un’accezione spregiativa, quella sottesa dal termine burocrazia, che implica lo strapotere degli uffici pubblici nei confronti del cittadino e delle imprese che ripongono la propria fiducia nella PA quale interlocutore necessario e, in modo particolarmente pregnante, l’eccessiva, ottusa o addirittura maniacale osservanza, da parte del funzionario pubblico, della norma di legge o di regolamento che parrebbe richiedere un'applicazione incondizionata anche quando il rispetto della stessa, ben lungi da portare benefici concreti al cittadino o alla stessa PA, è invece fonte di sprechi, ritardi, disagi di varia natura, disorganizzazione e scarsa qualità dei servizi offerti e del lavoro svolto dagli addetti pubblici.

Negli ultimi decenni la pubblica amministrazione italiana è stata fatta oggetto di profondi cambiamenti giuridico-amministrativi e organizzativi. Tuttavia l’evidenza e la negatività di molte circostanze che ancora si verificano all’interno della PA (circostanze che il cittadino spesso conosce per averle sperimentate personalmente o per averne letto sui quotidiani) dimostrano che sul piano dell’attenzione e del rispetto nei confronti dell’utente e quindi dell’affermarsi di una nuova cultura della legalità e della capacità amministrativa che elimina i disagi e i disservizi anziché crearne di nuovi, rimane ancora parecchio da fare.

Ci si trova generalmente d’accordo sul fatto che la nostra amministrazione pubblica debba assumere nei confronti del cittadino contribuente un volto rassicurante e un modus operandi realmente affidabile e imparziale. Unanimemente, ormai, si riflette sulla necessità di eliminare tutti gli effetti negativi della burocrazia; per altro verso si avanzano ipotesi secondo le quali sarebbero forse necessarie, all’interno del tessuto sociale italiano, anche mutazioni di carattere culturale e antropologico al fine di rendere possibile il raggiungimento dell’obiettivo di una gestione della cosa pubblica trasparente e improntata alla legalità, all’efficacia e all’efficienza.

Tuttavia riteniamo debba essere tenuto a mente che in altri tempi la burocrazia veniva considerata come il mezzo sotto tutti i profili più adatto a garantire il razionale espletamento dei compiti cui l’amministrazione dello stato deve far fronte (ciò, ovviamente, avveniva nell’ambito di un contesto storico politico che oggi non è più attuale). L’estrema mutabilità dei contesti storico-sociali e politici che si succedono nel tempo deve essere presa attentamente in considerazione anche quando ad essere l’oggetto di una ipotetica indagine è il problema posto dalle svariate forme che i poteri pubblici hanno assunto in passato e possono assumere oggi. 

Del tutto necessario appare, inoltre, precisare che ai numerosi voluti effetti ritenuti indispensabili che conseguono alla concreta esplicazione di tali poteri si giustappongono e si aggiungono quelli che vengono invece definiti dannosi per la salute delle persone. L’argomento appare di notevole complessità. Si è convinti che un approccio corretto alle problematiche di cui qui si parla non possa essere sperimentato se non muovendo i propri passi dagli scritti di studiosi come Max Weber e Michel Foucault, entrambi pionieri all’interno dei rispettivi campi di indagine.  

Gli studi weberiani e foucaultiani confermano che, pur navigando spesso negli oceani del nichilismo e dell’incertezza, l’uomo dei nostri giorni può fare ancora affidamento sul pensiero umanistico per migliorare la propria vita e che le varie discipline ad esso ascrivibili continuano ancora oggi a costituire strumenti validi di analisi e di interpretazione delle dinamiche sociali e politiche all’interno delle quali l’essere umano, il più delle volte testimone impotente, si dibatte.

Max Weber: l’organizzazione razionale degli uffici a servizio di una politica responsabile.

Con Max Weber, giurista e sociologo tedesco (Erfurt 1864 – Monaco 1920) gli studi sulla organizzazione degli uffici pubblici compiono un passo in avanti decisivo; la teoria weberiana riveste una rilevanza tale da costituire, rispetto agli studi compiuti in precedenza, un punto di non ritorno che si colloca a metà strada tra il positivismo e lo storicismo. Essa, però, non viene formulata unitariamente: i suoi capisaldi, infatti, si trovano diluiti nell’ambito di un vasto corpus di scritti contenuti all’interno di un monumentale volume di saggi dal titolo Economia e Società, uscito postumo alcuni anni dopo la morte dello studioso. L’opera citata, peraltro, prende anche spunto da principi generali che derivano da ricerche sulla materia effettuate da studiosi che precedentemente avevano affrontato vari aspetti problematici del tema organizzativo e burocratico .

Tra le influenze di cui risente la teoria di Max Weber vanno annoverate quella esercitata sugli scritti di quest’ultimo dalle ricerche di Roberto Michels (Colonia 1876 – Roma 1936), il pensiero marxista e gli studi economici e sociali di Gustav Schmoller (Heilbronn 1838 – Bad Harzburg 1917).

Gli sforzi teorici di Michels conferiscono un connotato di scientificità agli studi sulla burocrazia. Il termine burocrazia viene dallo studioso tedesco utilizzato in maniera neutrale unicamente per svolgere delle comparazioni tra burocrazia e democrazia. Il risultato delle indagini sulla materia porterà il sociologo tedesco a pronunciarsi a favore dell’incompatibilità assoluta tra burocrazia e democrazia. Michels, infatti, in "La sociologia del partito politico" sostiene che:

"L'insieme degli impiegati statali presenta in generale una tendenza all’incremento, più lenta di quella offerta dagli elementi scontenti della classe media. Tuttavia esso si amplia continuamente, talvolta perfino al di là dell’offerta. Cosi succede che la burocrazia si presenta come una vite senza fine e che si accorda sempre di meno col benessere generale. Il suo meccanismo non smette per questo di essere necessario. Solamente per mezzo di esso diventa possibile accordare a coloro che sono dotati di cultura una sicura posizione a vita".

La visione del fenomeno burocratico proposta da Michels presenta meccanismi che si autoalimentano e circoli viziosi inarrestabili e ineliminabili tipici di un sistema che viene concepito come conseguenza necessaria della realtà delle cose. Weber si discosta dalla concezione michelsiana sostenendo che il fatto che il fenomeno burocratico rivesta queste caratteristiche di "indispensabilità" costituendo un dato universale continuamente modificabile in relazione ai mutamenti sociali non è di per se idoneo a giustificare il peso che la burocrazia esercita nei confronti di una certa struttura sociale. Peraltro, paragonando la burocrazia a uno spirito coagulato Weber in "Parlamento e governo" così si esprime:



"Spirito coagulato è pure quella macchina vivente che è rappresentata dall’organizzazione burocratica con la sua specializzazione del lavoro qualificato, la sua delimitazione delle competenze, i suoi regolamenti e i suoi rapporti di obbedienza differenziati gerarchicamente. In unione con la macchina inanimata essa è al lavoro per produrre la gabbia di quella servitù del futuro nella quale forse un giorno gli uomini saranno costretti ad ubbidire impotenti".

In conformità con gli orientamenti marxisti presenti ne "Il capitale", poi, Weber assimila il funzionario pubblico che agisce in nome e per conto dello stato al lavoratore che mette a disposizione del capitalista l’unica risorsa di cui egli può veramente disporre: il proprio lavoro.

Per alcuni, l’accostamento tra il sostantivo burocrazia e l’aggettivo razionale appare in prima battuta contradditorio o quantomeno paradossale. Sostiene infatti Martin Albrow in "La burocrazia" che, "come si ricorderà, i teorici dell’amministrazione rifiutano di apporre l’etichetta 'burocrazia' ai loro modelli di perfetta amministrazione". 

Tuttavia secondo Weber l’organizzazione burocratica presenta quei requisiti di razionalità che le consentono di operare in maniera spersonalizzata, di rendere evidenti i criteri di scelta da essa utilizzati e di servirsi dei mezzi più adatti ad agevolare il raggiungimento dei fini cui è preposta. Nell’opera di Weber i principi che stanno alla base della burocrazia razionale non trovano una collocazione unitaria, essendo infatti disseminati nelle varie parti di "Economia e società: l’opera in questione, peraltro, pur costituendo un contributo fondamentale agli studi sulla burocrazia non fornisce mai, del fenomeno in questione, una definizione specifica.

Coerentemente con la propria particolare visione secondo la quale i processi di razionalizzazione adottati nei paesi occidentali sono connaturati con il sistema di vita delle genti che vivono in questa parte del mondo, Weber sostiene che la burocrazia, nella sua forma ideale, possiede le caratteristiche seguenti:

- Essa è composta da persone libere che svolgono i doveri del proprio ufficio in modo imparziale;

- al suo interno vige la differenziazione gerarchica tra uffici;

- ogni ufficio esplica la propria attività secondo funzioni chiaramente specificate;

- il rapporto di lavoro tra lavoratore e struttura burocratica presso cui egli presta servizio implica che detto funzionario sia nominato attraverso uno specifico contratto;

- all’interno delle organizzazioni pubbliche vigono principi di massima specializzazione delle funzioni. Il personale impiegato è tecnicamente qualificato e viene reclutato sulla base delle competenze specifiche possedute;

- il personale viene retribuito con un salario fisso. La misura di detto salario è indipendente rispetto al volume di produzione raggiunto dal funzionario e viene stabilita avendo riguardo alla posizione gerarchica che egli occupa. L’impiegato ha diritto a un trattamento pensionistico;

- l’occupazione pubblica dell’impiegato deve essere esclusiva o quanto meno prevalente;

- ogni componente della struttura burocratica può conseguire promozioni per anzianità e merito che fanno seguito a un preventivo favorevole giudizio del superiore gerarchico. All’interno dell’amministrazione vigono controlli e sistemi disciplinari unificati mentre le sanzioni sono proporzionate alla natura e alla gravità delle infrazioni commesse;

- l’impiegato svolge la propria attività pubblica utilizzando mezzi di proprietà della amministrazione presso cui presta servizio. Detti mezzi non fanno parte del patrimonio personale dell’impiegato;

- ogni dipendente della pubblica amministrazione viene adibito a una determinata funzione in ragione delle esigenze tecnico amministrative che devono essere soddisfatte dall’ufficio.

Scrive Weber, sempre in "Economia e società":

“In base ad ogni esperienza, l’amministrazione puramente burocratica, cioè l’amministrazione monocratico-burocratica fondata sul principio della conformità agli atti, si presta alla più universale applicazione a tutti i compiti – e ciò per precisione, continuità, rigore, affidamento, e quindi per l’assegnamento che possono farvi sia il detentore del potere sia gli interessati, per l’intensità e l’estensione della prestazione; essa può essere recata, dal punto di vista puramente tecnico, al massimo grado di prestazione. In tutti questi significati essa è il modo formalmente più razionale di esercizio del potere". 

Weber fornisce anche ulteriori precisazioni sulle caratteristiche della burocrazia sostenendo che nell’ambito della stessa è riscontrabile la tendenza al livellamento nell’interesse della possibilità di reclutamento universale degli individui più qualificati per competenza, la tendenza alla plutocratizzazione nell’interesse in una formazione specializzata il più possibile lunga e il potere della impersonalità formalistica (che consiste nell’esercizio di un ufficio, da parte di un funzionario che potremmo definire ideale, in modo uguale sotto il profilo della forma per chiunque, ovvero per ogni individuo che in un dato momento si trova in una situazione di fatto identica [Economia e società]) e che l’apparato burocratico “poggia su un sistema di funzionari specializzati e sul diritto razionale".

Il modello di burocrazia descritto da Weber caratterizza le amministrazioni pubbliche di tutto il mondo occidentale, Italia compresa. L’introduzione di successivi e numerosi, anche recenti provvedimenti legislativi che ispirandosi per molti versi ai principi delle dottrine aziendalistiche ha come intento quello di migliorare l’organizzazione e quindi i livelli di efficacia e di efficienza degli uffici e dei servizi pubblici sembra avere appena scalfito la sua rigida conformazione originaria. Come è noto, le innovazioni cui ci si riferisce hanno riguardato anche la gestione dei rapporti di lavoro pubblici: all’interno della pubblica amministrazione italiana, oggi, il personale dirigenziale opera con le capacità e i poteri del datore di lavoro privato e ai contratti di lavoro pubblici, largamente ispirati a quelli vigenti nel settore privato, si applicano le norme del codice civile.

 

 

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