• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tempo Libero > Sport > Buffon e l’inutilità del testimonial frammentato

Buffon e l’inutilità del testimonial frammentato

Fino a dieci anni fa il mercato dei calciatori era folle al Gallia o all’Hilton, l’atleta creava valore economico come merce di scambio e basta. Nessun manager o procuratore ante litteram guardava alle possibilità non pedatorie dell’assistito e cercava quindi sbocchi commerciali per la sua immagine in rappresentanza di un marchio.

Il Carosello, che incatenava la creatività dell’advertising nostrano, era troppo sceneggiato per farci entrare attori presi dalla strada o dallo stadio. Qualcosa si muoveva nelle pubblicità a stampa, ma era tutto molto artigianale e fine a se stesso. Non si riusciva a creare quella “coincidenza celeste” che caratterizza il grande testimonial. Dopo l’avventura Mundial, alcuni campioni del mondo iniziarono a mettere la faccia negli spot, ma di ricordevole resta solo Zoff che salta la staccionata per Olio Cuore, sfrattando temporaneamente Nino Castelnuovo e dimostrando che a 40 anni e più ci si poteva sentire tanto leggeri (grazie a quell’olio) da prendere in colpo di reni fulmineo la capocciata di Oscar al 90’.

Negli anni ’90 il calciatore iniziò ad apparire negli spot come testimonial di marca, ma lo script di sceneggiatura lo ingabbiava nel suo essere atleta e lo vestiva dei panni domenicali. Baggio divenne il giocatore più cercato e scelto (anche grazie alla lungimiranza di Pasqualin, suo procuratore all’epoca) e anche se lo vestivano in frac (Lotto) o da veterinario (Granarolo), le scarpette e la maglia numero 10 non potevano mancare. Oggi invece siamo in una dimensione diversa. Grazie al rapporto continuo con la stampa (invece di lamentarsi sempre e comunque con i giornalisti perché calciatori e allenatori non prendono coscienza che è grazie al rapporto con questi che hanno imparato a districarsi a parole di fronte ad un microfono e quindi a guadagnare di più) e ad una strategia di sfruttamento dell’immaginario collettivo che il pallone solletica, il calciatore è il testimonial più “profondo” (ovvero quello che ben scelto può dare il plus valoriale più forte) di tutti.


Totti, Gattuso, Del Piero, Kakà, Ronaldinho superano in performatività attori dalla voce impostata e modelle dal silicone ben messo. Ma non bisogna mai esagerare. In questi due anni di minor numero di partite a causa di fastidi alla schiena e alle articolazioni più varie, Gigi Buffon ha messo la sua faccia per svariati spot: il nuovo “Fiorino Fiat Professional” (insieme anche ad altri juventini: c’era la voce del padrone che ha chiamato), il “Canta tu” di Giochi Preziosi (e va bene, essendoci alle spalle Preziosi, presidente della squadra per cui fa il tifo San Gigi), i “Kellog’s Coco Pops” (al di là dell’esperimento simil Air Jordan per “Space Jam”, non c’è grande voglia di rivederlo) ed infine il “Toys Center” (dove si scapicolla appeso a un filo. Con la tua schiena Gigi!).

Al di là delle scelte di natura economica e di immagine che riguardano il giocatore e che potrebbero essere criticabili ma non da un tale qualsiasi che scrive su un blog, altamente disprezzabile, più che criticabile, sono le scelte strategiche che stanno a monte dell’iperpresenzialità pubblicitaria di Buffon. Il testimonial vale (e non sempre) solo se marchia a fuoco un solo brand e ancora meglio un solo prodotto di quel brand. Tutte le strategie pubblicitarie con personaggi divisi tra più brand non hanno portato a nulla. Forse solo Nastro Azzurro con Valentino Rossi ha avuto dei benefici, sicuramente grazie al fatto che Valentino sfrecciava la domenica con un bel logotipo del prodotto sulla carena.

Usare Buffon, attualmente libero da grossi impegni perché infortunato, non è la trovata geniale che indirizzerà meglio il proprio target o accrescerà il valore d’immagine del brand-prodotto. Finisce per portare in dote solo confusione. Usarne poi quasi esclusivamente la faccia, con tagli di inquadratura ed espressioni quasi uguali per tutti gli spot, creerà  ancora più confusione e distrazione nel telespettatore contemporaneo che ha bisogno di stimoli visivi e sonori sempre nuovi per accendere le antenne dell’attenzione.

Signori “ho un budget illimitato”, sforzatevi un po’ di più. Non pensiate che il miglior portiere del mondo possa difendervi sempre da tutte le vostre svirgolate creative. 

 

Commenti all'articolo

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares