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"Bohemian Rhapsody" la recensione del film sulla vita di Freddie Mercury

Il cinema è spesso intreccio tra realtà e finzione ed è proprio questo suo essere trascendente ed immanente al tempo stesso che ne decreta la capacità di essere incisivo nei confronti del pubblico.

Raccontare la vita di una rockstar come Freddie Mercury richiede appunto una grande capacità di distacco ma al tempo stesso di partecipazione emotiva.

Bohemian Rhapsody è il film che prova a ricostruire la vita del leader dei Queen. La pellicola affidata a Bryan Singer ma ultimata Dexter Fletcher (dopo il licenziamento nelle fasi finali della lavorazione dello stesso Singer) è stata un lavoro dal percorso travagliato e non solo per i cambi di regia, il risultato finale come poteva essere prevedibile è in bilico tra le diverse fazioni (quelle degli osanna e quelle della critica senza se e senza ma).

La verità come spesso accade è nel mezzo, in quanto seppure con alcuni errori storici e di narrazione (probabilmente più o meno voluti) il resoconto dell'esistenza di Mercury procede spedito e con ritmo con nella migliore tradizione del rock.

Freddie Mercury nato come Farrokh Bulsara non solo ha saputo trasformare se stesso ma l'intera storia della musica mondiale.

Nel film il cantante (interprentato in modo esemplare da Rami Malek che si dimostra un incredibile "fregoli" in questa circostanza) si autodefinisce performer ed è propria qiesta la cifra artistica di Mercury; un artista dalle eccezzionali e straordinarie doti canore che ha saputo valicare i confini dei generi artistici unendoli e plasmandoli a propria misura.

Nel film s'è detto alcune cose non sono prorio fedeli ai fatti originali (es. gli inizi di Mercury o il proprio privato con l'episodio del coming out familiare che in realtà mai avvenne) ma ciò è volto nell'ottica di preservare da critiche perniciose una storia complessa come la vita di dell'artista brittanico.

La musica coinvolge e nelle due ore di pellicola lo spettatore è più volte tentato di alzarsi in piedi sulla poltroncina per seguire con le mani e con i piedi i ritmi delle canzoni presenti.

Probabilemte la narazione sarebbe stata più incisiva e meno superficiale se sceneggiatori e registi avessero deciso di focalizzare lo story telling su un preciso momento dell'esistenza del cantante evitando di ripercorrerne per intero le vicende personali.

Synger regista d'azione ha portato (fino a quando è durato il rapporto lavorativo) il movimento nel resoconto a discapito di un intimismo che forse avrebbe richiesto una dose maggiore nella presenza narrativa.

"Bohemian Rhapsody" è anche il racconto di come eravamo e di come la società si è evoluta durante il periodo saprtiacque che furono gli anni settanta/ottanta del secolo scorso.

In conclusione il film è un prodotto che funziona e che presenta esiti positivi affrontando una sfida non semplice né banale e se il desiderio di Mercury era quello "di non diventare una rock star ma di divenire una leggenda" ecco che il lavoro filmico procede in questa direzione portando gli "agiografi" a celebrare con l'immortalità (anche cinematografica) di questa icona pop.

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