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Berlusconi e la trattativa con i Graviano. Novità al processo Dell’Utri

La Corte valuterà se interrogare Gaspare Spatuzza, secondo il quale Berlusconi fu il protagonista di una trattativa con Cosa nostra che durò "almeno fino al 2002".

"I boss Filippo e Giuseppe Graviano insieme all’imprenditore Gianni Ienna facevano da tramite direttamente fra Cosa Nostra e Berlusconi". Era l’8 novembre del 2002 quando il pentito Antonino Giuffré formalizzava per la prima volta questa dichiarazione ai pm di Palermo.

Giuseppe Graviano è stato, insieme al fratello Filippo, reggente del mandamento di Brancaccio. Furono entrambi membri della Cupola e parteciparono alla fase decisionale delle stragi. Vennero arrestati nel 1994 in una trattoria di Milano dove erano in compagnia di Giuseppe D’Agostino, di cui si racconta che avrebbe cercato di far entrare il figlio nella squadra giovanile del Milan tramite la raccomandazione da parte di un uomo vicino ai Graviano, a Marcello Dell’Utri, che avrebbe anche dovuto aiutare D’Agostino a trovare un lavoro.

Giuffré non è l’unico a raccontare dei contatti fra Dell’Utri e i Graviano. Ne hanno parlato anche altri pentiti fra cui Gioacchino Pennino e Tullio Cannella, secondo cui i "rapporti" di Cosa nostra a Milano "erano stati costituiti da Marcello Dell’Utri con cui i Graviano si incontravano personalmente".

L’ultimo a parlarne è stato, lo scorso 6 ottobre, il collaborante Gaspare Spatuzza, il pentito che con le sue dichiarazioni ha messo in discussione le verità accertate dalle sentenze definitive sulle stragi. Spatuzza, le cui deposizioni, secondo la procura di Caltanissetta, sono state finora in parte accreditate "da significativi elementi di riscontro", ha dichiarato che Cosa nostra aveva individuato nel 1994 "Forza Italia e quindi Silvio Berlusconi" come referenti politici con cui avviare una trattativa che sarebbe proseguita "almeno fino al 2002-2003".

"Incontrai Giuseppe Graviano all’interno di un bar in via Veneto. Graviano era molto felice, disse che avevamo ottenuto tutto e che queste persone non erano come quei "quattro crasti" dei socialisti. La persona dalla quale avevamo ottenuto tutto era Berlusconi e c’era di mezzo un nostro compaesano, Dell’Utri".

"Io -continua Spatuzza- non conoscevo Berlusconi e chiesi se era quello di Canale 5 e Graviano mi disse sì. Del nostro paesano mi venne fatto solo il cognome, Dell’Utri, non il nome. In sostanza, Graviano mi disse che grazie alla serietà di queste persone noi avevamo ottenuto quello che cercavamo "ci siamo messi il paese nelle mani", mettendo in evidenza la mancanza di serietà dei socialisti negli anni precedenti. A quel punto abbiamo avuto via libera all’attentato all’Olimpico che poi fallì".



Quando i pm gli chiedono perché non ha mai parlato prima d’ora dei rapporti fra Cosa nostra e Berlusconi, Spatuzza risponde: "Perché intendevo prima di tutto che venisse riconosciuta la mia attendibilità su altri argomenti e poi riferirne, sia per ovvie ragioni inerenti la mia sicurezza sia per non essere sospettato di speculazioni su questo nome nella fase iniziale, già molto delicata della mia collaborazione".

Queste dichiarazioni sono state inviate al pg Antonino Gatto, che sostiene l’accusa al processo d’Appello a carico di Marcello Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa. Il pg, che nell’udienza del 22 ottobre scorso avrebbe dovuto concludere la sua requisitoria (che continueremo a pubblicare martedì nella rubrica dedicata al processo), ha depositato le dichiarazioni di Spatuzza e ha chiesto la sospensione della discussione per interrogare sia Spatuzza che i Graviano.

Gli avvocati del senatore hanno subito contestato la richiesta del pg. "C’e’ un tentativo di condizionare il processo –ha protestato l’avvocato Sammarco– si vuole forzare una situazione che si è avviata. Ormai la discussione in aula era terminata, invece dall’esterno si cerca di forzare il discorso". Reazione del pg: "Forse volete dire che io inquino il processo?". E l’avvocato Mormino: No, lei e’ solo un portatore...". E Gatto di rimando: "No, io non sono nessun portatore. Rappresento l’accusa!".

Fuori dall’aula, Marcello Dell’Utri (che ha insolitamente partecipato all’udienza) ha dichiarato: "Sono tutte grandi cazzate di cui, per fortuna, riesco ancora a ridere. È tutto un teatrino che mi fa divertire. Lo faccio passare, altrimenti il danno sarebbe maggiore di quello che viene dalle sentenze. C’è tutta un’organizzazione per dare rilevanza mediatica a delle banalità (sic!): evidentemente ci sono obiettivi superiori. Quando tutto sarà finito, ci sarà da fare una riflessione su come sono state condotte alcune inchieste nel nostro Paese. Perché i magistrati, invece di perdere tempo con me, non indagano su chi ha fatto le stragi? I tre processi per l´eccidio di Borsellino pare siano stati un fallimento e non potrà passare sotto silenzio. E invece se la prendono con me e con i carabinieri. La procura tenta di condizionare il processo come hanno detto i miei avvocati. Il fatto che io sia stato il punto di riferimento dopo le stragi per la presunta trattativa tra mafia e Stato è un´assurdità così grossa che non ha bisogno di commenti. È una cosa allucinante! I Graviano non li conosco, mai visti, mai sentiti, neanche per telefono".

Eppure nelle sue agende annotava: "D’Agostino Giuseppe che due anni fa è venuto insieme a Francesco Piacenti e Carmelo Barone". Chi sono? I primi due sono stati arrestati insieme ai fratelli Graviano per averne favorito la latitanza. L’altro, invece, di cui Dell’Utri annota scrupolosamente i numeri di telefono, era amico di un paio di affiliati al clan di Brancaccio. Delle due l’una: o Dell’Utri annotava "grandi cazzate" nelle sue agende, oppure ne è "portatore" al giorno d’oggi.

La Corte, nel dubbio, deciderà la prossima settimana se sospendere la discussione del processo.

Commenti all'articolo

  • Di Federico Pignalberi (---.---.---.60) 24 ottobre 2009 14:08

    Il procuratore generale si chiama Antonino Gatto, e non Mormino (che è il nome dell’avvocato di Dell’Utri) come ho scritto. Chiedo scusa.

  • Di Gioacchino Basile (---.---.---.94) 24 ottobre 2009 16:30
     INIURIAM IPSE FACIAS UBI NON VINDICES
     
    Il Colonnello Mori ha riferito un fatto vero... Ha esposto pittoricamente il movente - Mafia e Appalti - di quella infame strage, accellerata ed eseguita prima che Paolo Borsellino potesse rientrare in Procura e chiedere notizie sul verbale della mia convocazione in qualità di persona informata dei fatti, delle ore 10 di giovedì 16 luglio 1992.
    Casualmente, ma io non ci credo, la stessa sera di quel giovedi 16 luglio Paolo Borsellino per amicizia e stima fù invitato a cena con altri due suoi colleghi guarda caso "quel noto" Guido Lo Forte, e Gioacchino Natoli che qualcosa dovrebbe chiarire in questa vicenda - dall’antimafioso (sic.) Carlo Vizzini, che da quel mio interrogatorio e dalle indagini, che dovevano necessariamente scaturire aveva moltissimo da preoccuparsi. (sic.) Lui, a mio avviso sapeva che Paolo Borsellino sapeva e se li filava; posso supportare adeguatamente questa mia fondatissiima e semplice ipotesi !!!
    La minima attenzione logica espone, che quella sera a Roma fù fatto l’ultimo tentativo per convincere Paolo Borsellino a mollare l’ndagine su Mafia e Appalti di cui, il mio esposto - provava al di là d’ogni ragionevole dubbio, che Fincantieri pagava "cosa nostra" - era la chiave che apriva l’infame connubbio consociativo, che dal 25 settembre 1979 al 23 maggio 1992 aveva posto a garanzia degli infami patti politici, il ruolo militare di "cosa nostra".
    Il giorno dopo, 17 luglio fù preparata l’auto da imbottire con il tritolo per uccidere ad ogni costo Paolo Borsellino è fare posto all’archivizione del dossier Mafia e Appalti ed affondare immediatamente nella melma delle mafiosità omissive, quel mio esposto-dossier che apriva senza alcun sforzo gli scenari criminali esposti dai Carabinieri del Ros; è agghiacciante la notizia riferita in aula di Tribunale dal Colonnello Mori: << il 20 luglio mentre Paolo Borselliono era ancora nella bara, quella Procura chiedeva l’archiviazione del dossier Mafia e Appalti!!!>> 
    Arrivare alla verità è semplicissimo, basta soltanto cominciare da Vittorio Teresi e da quella Procura di Palermo di cui Paolo Borsellino non si fidava: questa è la verità!..
    Ora basta, assassini poi "pentiti" (sic.) ed innalzati ad oracoli di verità; basta Ciancimino di turno che hanno interessi di natura economica e giudiziaria pesantissimi!!!
    Adesso, se si volessero mafiosamente ancora negare queste mie grida di Verità e Giustizia; allora auspico che almeno si abbia il coraggio e la dignità di mettermi a tacere, onorandomi della galera dei patrioti.
    In via D’Amelio non sono morti soli Paolo Borsellino e 5 valorosi poliziotti; il 19 luglio 1992 in via D’Amelio hanno anche rubato i miei sogni di libertà, la mia vita ed ucciso la speranza di migliaia di lavoratori e dei concittadini della mia borgata, che inseme a me vissero la storia infame del tradimento politico e istituzionale!!!....
    Gioacchino Basile
    PS; alla moltitudine dei giornalsti che ben conosce la mia storia, ricordo ancora una volta che la loro dignità professionale deve avere sfogo; non potete stare più zitti!!!
    • Di paolo praolini (---.---.---.191) 25 ottobre 2009 10:20

      Gioacchino,
      continua la tua lotta, l’aria sta cambiando e certamente il paese ha voglia di voltare faccia.
      Deve farlo ora e tirare fuori quelle verità che in troppi dall’alto di poltrone di prestigio tengono sotto le ceneri forzosamente.
      Dobbiamo farlo per liberare lo spirito di giustizia e libertà che animava Falcone, Borsellino etc. etc.

    • Di paolo praolini (---.---.---.191) 25 ottobre 2009 10:22

      Dimenticavo di ringraziare Federico che ci tiene costantemente aggiornati su accadimenti attorno al caso ’Dell’utri’.

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