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Benigni, uno spot per Monti e una precisazione: i socialisti erano contrari a quella guerra

Di questi tempi farsi qualche risata aiuta a mettere da parte le cartacce dei conti da pagare, i costosi esami medici che l’Asl fornisce dopo mesi, il capire come ti sei ritrovato in un mare di sacrifici ancora da fare, quasi che fino a ieri ti fossi dato alla pazza gioia.

E rimane un’impresa disperata immaginare come i giovani potranno sopravvivere a questo paese, nonostante questo paese, e cosa noi possiamo lasciare loro. All’evasione dai troppo irrisolvibili problemi risponde Benigni, ospite de #ilpiùgrandespettacolodopoilweekend.

Vedendo queste trasmissioni, mi convinco sempre di più che in Italia ci si diverte su fatti che altre nazioni prendono molto sul serio. Da noi invece è necessario Fiorello, improvvisatosi educatore di genitori e ragazzi, per perorare la causa del profilattico, una parola bandita dal dizionario ufficiale della Rai, ma che persino la politica non ha l'ardire di affrontare.

Eppure non ci sarebbe tanto da ridere di fronte alla diffusione dell’Aids. Così il pubblico, in sala e a casa, è la testimonianza più evidente che invece di reagire tutti preferiscono farsi una risata che non esorcizza i nostri atavici problemi.

D’altra parte è altrettanto noto che gli uomini di spettacolo, come dimostra Fiorello, hanno più coraggio del pubblico, sono più ascoltati dei politici, e pagano di persona, a differenza di altre categorie professionali, per i veti e le censure. Potrebbe essere anche con questo spirito che alcuni dei tredici milioni di spettatori si accomodano davanti alla televisione, nell'attesa che un comico racconti una nuova verità su quei fatti che l’informazione omette di proposito. Ma nonostante questo poco cambia.

E #Ilpiùgrandespettacolodopoilweekend non ha fatto che confermare la diagnosi. Benigni esordisce con il suo cavallo di battaglia, Berlusconi. Il cavaliere è una miniera di dati, di storie colorate e questo piace al pubblico. Ma, finite le battute, è diventato improvvisamente serio dichiarandosi emozionato per le sincere lacrime della professoressa Fornero quando doveva pronunciare il fatidico sacrifici.

Per arrivare al bene comune, Benigni cita il padre socialista e Sandro Pertini a cui attribuisce un’espressione sulla sua partecipazione alla Prima Guerra Mondiale: “Vidi che andavano in guerra tutti i figli di contadini e povera gente e in quel momento di bisogno io pensai che dovessi dare più di loro, quando si ha di più si deve dare molto di più. sul fatto e in quel momento di bisogno io pensai che dovessi dare più di loro, quando si ha di più si deve dare molto di più”. Applausi.

Sul momento sembrava anche a me una citazione di un certo effetto ma, ripensandoci un attimo, alcune cose non mi tornavano.

Infatti, su quel conflitto mondiale, il Partito socialista, vedi le posizioni di Treves e Modigliani, si era già pronunciato nel 1914 per la pace e la neutralità dell’Italia, cosa che avrebbe provocato l’uscita e la successiva espulsione dal partito di Mussolini. Ma anche nel XV congresso del 1918, a Roma, la dichiarazione finale sosteneva “la guerra incapace di risolvere le questioni nazionali” e l’opportunità di dedicare ogni sforzo a “intensificare l’azione contraria alla guerra e per affrettare la pace”.

Poi, sempre su quella guerra, si può ricordare che Emilio Lussu, volontario anche lui e appartenente agli interventisti (repubblicani e salveminiani), descrisse in Un anno sull’Altipiano, il prezzo pagato dalla povera gente: 600.000 morti ed un milione e mezzo di mutilati e invalidi. Erano pastori e contadini spesso analfabeti, tutt’altro che volontari.

E questa, anche per Benigni, con tutto il rispetto, è la verità.

Ma al di là di queste annotazioni storiche, che non tolgono nulla a Sandro Pertini, quello che in Benigni è apparso eccessivo è l’uso strumentale della figura di un Presidente tra i più amati e di un periodo storico del tutto diverso rispetto all'attuale, per offrire una patente di credibilità al governo Monti.

Avrebbe fatto meglio Benigni a documentarsi e pensare un attimo ad alcuni fatti:

1. Non ci sono tagli alle spese della Difesa, le quali, visto che l’Italia è sull’orlo del baratro, dovrebbero essere le prime ad essere ridimensionate; invece le nostre truppe presidiano lontani e costosi teatri di guerra; in più abbiamo già investito un miliardo di dollari nel programma del velivolo F35-JSF, senza ritorni economici;

2. Non ci sono risposte alle osservazioni che, sul Corriere della Sera di domenica scorsa, Alberto Alesina e Francesco Giavazzi hanno fatto su 30 miliardi di euro di trasferimenti alle imprese pubbliche e private: “Sono tutti davvero necessari? Quanti premiano imprenditori più abili a muoversi nei corridoi dei ministeri che da innovare?

3. L’aumento delle accise sui carburanti colpisce indiscriminatamente tutti ma, evidentemente, comporteranno aumenti immediati nei trasporti, nei beni e servizi oltre che essere una mazzata verso quanti, in mancanza di mezzi pubblici, saranno costretti a mangiare di meno per conservare, se ci riescono, il lavoro;

4. Nonostante le proteste dei radicali, non è stata introdotta l’ICI per gli immobili della Chiesa cattolica non adibiti al culto;

5. E' davvero da sprovveduti ritenere che eliminando il pagamento in contanti oltre i mille euro si combatta l’evasione fiscale.

Dovremmo scrivere ancora molto, ad esempio su IVA, rivalutazione del 60% della nuova ICI (IMU) o sulle pensioni non più rivalutate o sull'età per andare in pensione. Ma davvero qualche membro di questo governo ignora che nessuna azienda intende mantenere al lavoro persone che oltrepassano i sessanta anni?

Non dimenticando poi che, per alcune mansioni, ad esempio gli assistenti nelle Residenze per anziani (OTA), è persino impossibile lavorare continuativamente in età anziana, per problemi osteoarticolari accumulati in anni di lavoro pesante.

Ma a Benigni, che pure ha fatto tanti film e a cui non fa difetto la fantasia, sfugge la realtà, altrimenti avrebbe capito che l’equità non alberga da queste parti e che questa manovra è un modo certo per far pagare quelli che già pagavano prima aggiungendo più disoccupazione e stagnazione.

E, visto che si parla di esempi per i giovani e non di sermoni, chi sono quelli dai quali dovrebbero trarre cotanta ispirazione? San Francesco d'Assisi sarebbe il più adatto. Sembrerebbe aver ragione Jurgen Habermas che accusa i politici di essere "incapaci di avere una qualsiasi visione concreta" e di non saper pensare "ad altro che a come farsi rieleggere".

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