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Bene comune o bene individuale?

Con la fine dell’Unione Sovietica e il declino delle ideologie comuniste e il conseguente trionfo del modello capitalistico, sembrano essere passate di moda politiche sociali, legate a ideologie, se non comuniste, almeno legate a modelli socialisti e largamente improntate a politiche sociali. Anche l’Italia sembra aver iniziato a soffrire di questo male. E mentre in America si dà ad Obama del "socialista", l’Italia, dove tale cambio di rotta sembra provenire anche dal basso, mostra segni di cedimento su questo fronte: proprio lei, una nazione che non è mai stata veramente classista e che ha sviluppato uno Stato sociale che in larga parte ha finora funzionato, anche se con grandi pecche.

Fin dalla notte dei tempi in molti hanno provato a spiegare che il bene comune è la chiave di lettura della stabilità di qualunque società. Seppur con parecchie imperfezioni, dopo secoli di evoluzione politica e sociale, almeno la stragrande maggioranza delle società occidentali è arrivata a creare dei modelli dove il bene comune è al centro della vita d’intere società, anche se la cosa è lungi dall’aver raggiunto la perfezione.

 

Cose come istruzione pubblica e gratuita per tutti, sanità per tutti, indennità di malattia, sistema pensionistico per tutti, uguaglianza di fronte alla legge sono cose che hanno contribuito a far sì che in noi, nuove generazioni, si radicasse l’idea che tali cose fossero la base di un mondo evoluto, dove le lotte di classe, tra ricchi e poveri o nobili e popolani, sembrano cose non più necessarie.

Quando a scuola abbiamo letto e appreso di luoghi dove uomini si sono battuti per far sì che non vi fosse più prevaricazione o sopruso, tutti i nostri cuori e le nostre menti ne sono rimasti affascinati. Prese di coscienza e, successivamente, d’iniziativa nate dall’applicazione di principi illuministici enunciati in opere come il Contratto Sociale di Rousseau e altri, tali come la Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America, la prima vera carta costituzionale che affermava l’uguaglianza di tutti gli uomini, la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e quant’altro.

Restringendoci all’ambito nazionale, sembrano davvero lontani gli anni in cui la stragrande maggioranza degli italiani era analfabeta, e nel Sud buona parte della popolazione era composta da mezzadri che lavoravano le terre per grandi latifondisti sfruttatori, o quando gli operai lavoravano nelle fabbriche senza limiti di orario e con salari da fame senza diritti a cure, pensioni e quant’altro.

Alla luce di diritti acquisiti e abissi colmati, la nostra consapevolezza di essere parte di una società evoluta e senza più – o quasi - prevaricazione ci ha fatto lontanamente immaginare un tale mondo, fino al punto da farcene dimenticare l’esistenza.

Non v’è dubbio che il peggior nemico di questa società creata da chi ci ha preceduto - con grande fatica, lotte e sacrificio - sia l’ignoranza, sposata alla più becera insensibilità. 

Alcuni spiacevoli fatti come quello verificatosi in una scuola materna del Nord, dove alcuni bambini sono stati allontanati dalle mense poiché non erano state versate le rette relative al servizio mensa, e l’altro, sempre nel ricco e opulento Nord, dove ad alcuni bambini è stato impedito l’ingresso nello scuolabus sempre per il medesimo motivo, mi hanno dato un certo dispiacere, non mi sono meravigliato, ma mi sono dispiaciuto soprattutto per la mancanza di sensibilità.

Tra queste famiglie morose, ci potranno anche essere forse - ma non lo credo - delle persone sfaticate che vivono di sovvenzioni e che non vogliono lavorare, ma non capisco perché debbano essere i più piccoli a farne le spese, soprattutto a rendersi conto che sembrano essere nati in una classe di inferiori, e anche se nessuno si azzarda a dirlo – almeno per ora – sono però trattati come tali.

Come ho detto sopra, non mi sono meravigliato; sono un figlio di questo tempo che si è reso conto da tempo che le cose stanno cambiando - in peggio, chiaramente! - tuttavia la cosa ha aperto comparazioni con la mia passata infanzia, dove da mense e da scuolabus non ho mai visto nessuno esserne escluso.

Le differenze di censo ci sono sempre state, ma stiamo rientrando in un’ottica di regressione che denota l’imbarbarimento delle coscienze e soprattutto la consapevolezza che se si può pagare, bene, altrimenti sei condannato a vivere da cittadino di secondo e terzo ordine, fino a divenire un paria.

Non abbiamo raggiunto questo stato, ma stiamo andando verso quella direzione, lo dicono spiacevoli situazioni come la protesta scritta e firmata da 200 genitori contro l’atto di grande civiltà dell’imprenditore che ha pagato le rette della mensa per i genitori morosi. Invece d’indignarsi contro il comune e contro lo Stato, per chiedere il ripristino di imposte - dove possibile - che sono state tolte in modo scriteriato, togliendo così il finanziamento ai servizi, hanno scritto una rivoltante lettera di protesta contro la beneficienza del privato cittadino; che vergogna! Gente che va in chiesa la domenica e che parla di solidarietà cristiana… è proprio questo il problema! Questa società sta regredendo a livelli di civiltà già superati da tempo, non ricorda il passato, non vuole più saperne di solidarietà e di uguaglianza per tutti. Invece di sdegnarsi per la politica populista che sta privatizzando sempre più il Paese e sta abolendo sempre più lo Stato sociale, si scaglia contro i più piccoli e i più deboli.

Sta tornando di moda il modello di prevaricazione in voga nel passato, dove tutto era pro qualitate personarum.

Sta per finire il tempo in cui lo Stato sociale - anche se con le sue illegittime ingiustizie e irregolarità - sembrava aver trionfato, garantendo a tutti i cittadini gli stessi diritti fin dall’infanzia. Abituatevi a pagare se volete dei servizi come scuola decente, sanità, giustizia e quant’altro, e se per caso non avrete i soldi per farlo, perché siete poveri o lo sarete diventati, sappiate che neanche i benefattori vi potranno aiutare. E giacché anche essi rischierebbero di passare per malfattori, se ne guarderanno bene dal passare per tali.

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