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Belgio: due anni senza governo e migliora l’economia. Facciamolo anche noi!

Qualche tempo fa, durante una puntata su Rai 3 della trasmissione “Ballarò”, il sottosegretario Antonio Catricalà, ha detto – parole testuali – “Era così anche quando noi eravamo cittadini”.

Si riferiva alle criticità a tutto tondo che gli italiani si ritrovano a subire da tempo ormai immemore.

Un tempo, persino “loro” erano cittadini. Non so in quanti, spettatori della trasmissione, hanno captato questa enormità. Enormità che con "assurda onestà" bisogna riconoscere come reale.

Eh sì, perché a furia di fare “casta”, “cricca” e compagnia briscola, a furia di staccarsi dalla massa, andando continuamente verso un piano diverso rispetto alla cittadinanza, vuoi o non vuoi, la divisione è avvenuta. Ed appare oggi non solo incolmabile, ma sempre più distaccata dal resto della popolazione.

Odio usare appellativi che divengono convenzionali, quali appunto “la casta”. E’ utilizzando questi appellativi che tutti si concorre ad alimentare e rendere cosa fatta un'aberrazione nazionale.

Se “loro” non fanno parte di “noi” vorrei allora capire di cosa parliamo, quando nominiamo la parola “politica”. La politica non è staccata dall’interesse nazionale. Non è “altro” dai cittadini. Non è una cultura diversa da quella nazionale. Non è un'etnia differente.

Lo diviene se si permette ad alcuni di osare l’impossibile: assurgere a poteri che nulla hanno a che fare con una Repubblica che dovrebbe ancora essere – almeno sulla carta – democratica. Ma che democratica, fatti alla mano, palesemente non è, dal momento, appunto, in cui ci si ritrova a subire la politica e non a condividerne i valori. Ed i valori della politica non sono condivisibili da alcun cittadino, oramai. Dacché i valori della politica, nulla hanno a che vedere con valori, necessità, urgenze e prospettive di una intera nazione.

“Loro” sono sempre più trascendenti dal senso di comunità nazionale e territoriale. Fanno genia a se. Inconcepibile. Eppure il misfatto è avvenuto e si è radicato. Tanto che se oggi parli con chiunque, a qualsiasi grado e livello di istruzione, alla domanda “Perché accetti tutto questo?” la risposta, ormai ovvia, è sempre: “Non possiamo fare altrimenti. “Loro” comandano. “Loro” fanno quello che vogliono”.

“Loro comandano”? “Loro fanno quello che vogliono”?
Ma da quale oscuro libro dell’orrore è fuoriuscita questa balla?

Da quale mente paranoide?


Nemmeno Edgar Allan Poe avrebbe osato tanto in uno dei suoi terrificanti racconti. E gli italiani, consapevoli o meno, stanno quotidianamente alimentando questo aberrante potere che sconvolge qualsiasi regola sociale.

Loro per me non esistono. Ve ne spiego la ragione. Per me, coloro che oggi decidono le sorti, non più del territorio, ma della vita di ognuno, sono prevaricatori che tengono in ostaggio un’intera nazione ormai lobotomizzata ed impaurita. Ed è troppo semplice, si sa, impaurire i deboli. E’ come dare schiaffoni ai bimbi e fare i tremebondi coi gradassi. La stessa cosa.

Poiché però qui di gradassi ne abbiamo appena meno di un migliaio e fanno “Bù!” per spaventare i 45 milioni di bimbi, direi che accettare oltre misura questo danno sociale è la follia globale che attanaglia la nazione.

Fuori i gradassi dalla nazione. Fuori, via. Via dai posti di “comando” e di “potere”. Via. Che timore avete? 

Pensate si vivrebbe peggio di quanto ci accade ora se all’improvviso ci trovassimo privi di un cosiddetto governo posto solo a mal gestire la nazione ed i suoi cittadini?

Abbiamo un grande esempio davanti a noi tutti: il Belgio. Che in due anni senza governo , non solo è andato avanti, ma ha scoperto persino che in alcuni casi l’autogestione è migliorativa.

Pensate che, in circa 500 giorni di “crisi politica” decretata dalla maggioranza degli elettori che NON hanno votato gli 11 partiti soliti, in Belgio addirittura è aumentato il numero degli occupati.

Ebbene: per quale motivo da noi ciò non può essere possibile?

La crisi politica noi l’abbiamo, ma all’inverso: il mondo politico non fa politica, bensì specula sugli italiani. Punto. E noi che facciamo? Continuiamo a correre alle urne sperando sempre nel “meno peggio”? Questa è follia. Peggio di ciò che già conosciamo, cosa può capitare? 

Forse, di scoprire che un Movimento, un'organizzazione “altra” rispetto ai soliti noti detentori fallaci di potere: possiamo riconsiderare le nostre vite, la nostra società civile ed anche quei parametri che fanno di una nazione un'organizzazione che corre verso lo sviluppo e non più contro le recessioni.

Non si deve mai aver timore di lasciare la mano che ci ha condotti fin qui, se questo “fin qui” è follia. Temere il nuovo, è aberrante quanto temere di lasciarsi dietro le spalle decenni di malgoverni. Almeno, avremmo tutti diritto alla prova concreta, che in questo momento ci è negata per il solo fatto che la maggior parte dei nostri connazionali non prevede alcuna forma di vero cambiamento.

Ritengo che, nel caso in cui tutti gli italiani non prenderanno in seria considerazione la possibilità ed i metodi per uscir fuori da una realtà orrenda, si dovrà tutti accettare in silenzio la tragedia. Quella di vivere in un regime estremo chiamato inverosimilmente: "democrazia”. Democrazia estremizzata al punto da cancellarne ogni aspetto. Gli italiani lo sanno. Lo urlano. Lo bestemmiano. Poi, non sanno che fare.

Provare a vivere in condizioni diverse, è un dovere/diritto di tutti noi. Pensateci.

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