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Banche: un paese in sofferenza. Psichica

Dunque: le nostre banche sono solide. Non hanno rilevanti problemi. È il mercato che tutto ingigantisce, e sbaglia candeggio. “E loro, allora?“. Mi ha detto mio cuggino che siamo una squadra fortissimi. Le garanzie eccedono grandemente l’entità degli affidamenti. Atlante è un affare, Atlante 2 lo sarà ancor di più. Non esiste un caso MPS. E via cantando. Mentre attendiamo che nuovi patrioti mettano soldi in Atlante 2, e tutti si stanno sfilando canticchiando, urge aguzzare l’ingegno.

Ad esempio, le casse professionali, che per ora non sentono ragioni per mettere soldi in Atlante:

“Abbiamo l’obbligo di investire le nostre risorse in maniera prudente, affidabile e trasparente, e i nostri investimenti devono essere conservativi e non speculativi. Quindi non ci possiamo permettere investimenti rischiosi”. Lo afferma alla Stampa, a proposito della possibilità di investire in Atlante 2, Alberto Oliveti, presidente di Enpam e Adepp. Sul fatto che già oggi Atlante garantisca ai suoi investitori un rendimento del 6%, Oliveti osserva: “E’ vero, non abbiamo investimenti che rendono tanto. Ma visti i tempi un rendimento del genere incorpora di per sé una quota significativa di rischi” (Ansa, 11 luglio 2016)

Premesso che Atlante non “garantisce” alcunché, sapere che le casse professionali hanno ben chiaro il rapporto tra rischio e rendimento, o meglio che un dato rendimento deve remunerare il rischio, ci apre il cuore alla speranza che non tutto sia perduto, per questo paese. Anche se la strada è ancora terribilmente lunga:

Sull’ipotesi che le previdenze Enpam e Adepp tengano però congelato così un patrimonio enorme, Oliveti replica: “Appena eletto presidente dell’Adepp ho fatto analizzare i nostri investimenti e da questo studio risulta che il 62% del nostro patrimonio è investito in Italia, una quota in titoli di Stato ed un’altra in immobili. Come traccia del nostro sostegno all’economia nazionale mi sembra più che sufficiente” (Ansa, ibidem)

Sarà anche patriotticamente sufficiente ma è fortemente autolesionistico concentrare gli investimenti a questo modo. Che poi è la storia delle nostre filantropiche fondazioni bancarie. Se quella senese avesse ceduto tutta la banca ai tempi della trasformazione in spa e quotazione in borsa, ed avesse investito il ricavato in un Etf sull’indice Morgan Stanley World, ora a Siena avrebbero un reddito pro capite che se la batterebbe con Lussemburgo e Singapore. Ma tant’è. E mentre attendiamo fiduciosi che le casse professionali, dopo aver compreso il concetto di rischio-rendimento, afferrino anche quello di diversificazione, sarà opportuno spiegare a qualcuno che il “whatever it takes” lo possono fare solo le banche centrali, che il denaro lo creano premendo un pulsante. Della serie “non provate a farlo a casa vostra”:

«Come ho avuto modo di ripetere più volte in Parlamento e nelle sedi istituzionali, per mettere in sicurezza il nostro sistema bancario erano, sono e saranno necessari tra i 15 e i 20 miliardi; 4.5 sono già compresi nel fondo Atlante, ne servono altri 15 per ricapitalizzare quelle banche che il mercato non ricapitalizzerebbe e garantire lo smaltimento degli NPL. E’ necessario ribadire, anche in sede UE, che siamo disposti a usare Cassa Depositi e Prestiti entro ogni limite possibile e la partita si chiude. La volatilità del mercato dipende dalle incertezze. Così come dimostrato da Draghi sui debiti sovrani, quando c’è un ombrello protettivo che funziona, scompaiono i timori e le paure». Lo afferma Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera su RaiNews 24 (Ansa, 11 luglio 2016)

Ma certo, onorevole Boccia, certo. Come non averci pensato prima? Ah, solo per informarla che CDP non ha licenza bancaria, quindi se acquisisse quote di controllo di banche finirebbe sotto l’immediata supervisione della Bce, e dovrebbe ricapitalizzare per importi apocalittici, vista la sua assai gracile costituzione patrimoniale. Ma questo problema non si pone:

In Europa “non c’è preoccupazione (per l’Italia, ndr), c’è curiosità su quello che si sta facendo sia a livello di mercato che di intervento pubblico, che viene visto come esempio utile”: lo ha detto il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan al termine dell’Ecofin (Ansa, 12 luglio 2016)

Dulcis in fundo, ma solo per oggi, l’editoriale con cui il vicedirettore del Sole riprende e rilancia il “suggerimento” del dominus delle fondazioni bancarie italiane:

«Per il presidente delle Fondazioni bancarie, piuttosto, sarebbe ora di far aprire il portafoglio alle grandi banche di Wall Street, che come è noto esercitano anche in Italia un controllo oligopolistico sul mercato della corporate finance e dell’investment banking. Colossi come JP Morgan, Goldman Sachs, Morgan Stanley, Citigroup e Merrill Llynch si aggiudicano tutte le operazioni più importanti del mercato finanziario italiano, dall’advisory sulle fusioni alle emissioni obbligazionarie, dalle Ipo alla finanza d’impresa: alle americane, si aggiungono soltanto tre big europei del capital market, Deutsche Bank, Ubs e Credit Suisse. Questa pattuglia di big della finanza speculativa mondiale ha incassato in Italia solo negli ultimi 8 anni (di crisi) commissioni per più di 10 miliardi di euro dalle banche e dalle imprese clienti, sia pubbliche che private. Solo l’anno scorso, banche e imprese italiane hanno pagato commissioni per oltre un miliardo di euro, di cui circa 600 milioni da aziende controllate dallo Stato: a queste cifre, andrebbe poi aggiunto il conto delle operazioni in derivati . Nessuno può costringerle ad aiutare un sistema paese da cui incassano miliardi. Ma pensare che proprio le stesse banche di Wall Street hanno pagato senza battere ciglio 230 miliardi di dollari in sanzioni per reati finanziari, crea un certo disagio: un investimento su Atlante, potrebbe generare in futuro non solo profitti di rilievo , ma anche un’immagine migliore» (Alessandro Plateroti, 12 luglio 2016)

Della serie: pagateci come atto di liberalità e filantropia, avrete un’immagine migliore aiutando un povero paese di banche solidissime a cui il mercato non crede ed a cui gli altri paesi europei guardano “con curiosità”, forse per l’inquietante mix tra urla di disperazione, minacce di farsi esplodere in solitudine in una stanza di cemento armato e compiacimento per l’ottima gestione del nostro sistema bancario. Ma se non vorrete pagare con le buone, cari spekulatori di Wall Street, qualcosa ci inventeremo. Per altri suggerimenti operativi di questa specie, citofonare Nicolas Maduro.

Un invito pressante: cercate di tornare in voi, signori. E se già lo siete, questo spiega molte cose.

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