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Avviso pubblico: acqua del rubinetto, trialometani ed altro. Quando la tua salute è in deroga

E’ proprio così trasparente la nostra acqua? E cosa si nasconde in alcuni “Avvisi pubblici” spesso poco pubblicizzati da comuni o Asl? Meglio saperlo.

Cominciamo dallo speciale “Acqua” che il Salvagente dell’ottobre scorso ha, come tutti gli anni, dedicato al tema, pervenendo alla conclusione che “dai rubinetti domestici sgorga un buon oro blu”. E infatti una ricerca coordinata dal professor Benedetto De Vivo, dell’Università di Napoli, effettuata in 112 comuni italiani ha accertato la non potabilità dell’acqua in sole 5 città di questo campione.

Se però dovessimo applicare questa percentuale agli oltre 8100 comuni italiani, il risultato sarebbe che in circa 360 non si potrebbe utilizzare l’acqua per uso alimentare, mentre ben più alto sarebbe il numero di quei comuni dove l’acqua non verrebbe considerata adatta per i neonati.

Diverse sono le cause della non potabilità dell’acqua. La ricerca precisa che nei comuni di Piacenza, Marsala e Olbia la responsabilità è addebitabile alla concentrazione di nitrati oltre la norma (dovuti probabilmente all’eccesso di fertilizzanti azotati finiti nelle falde), per Viterbo invece si tratta di arsenico (legato prevalentemente al tipo di rocce con cui viene a contatto l’acqua) mentre per Mantova è lo ione ammonio, dovuto alla contaminazione con allevamenti o a cause geologiche.

Ma se si va più in profondità, ci si accorge che la situazione del nostro paese è tutt’altro che tranquillizzante, perché l’anno scorso, sempre il Salvagente riferiva che, nella sola Regione Lazio, i comuni che avevano molti parametri oltre quelli consentiti erano ben 92.

C’è poi da tener presente che l’acqua entra nel ciclo alimentare degli animali e nei prodotti orticoli, di conseguenza quello che arriva quotidianamente sulle nostre tavole contribuisce a incrementare le sostanze indesiderate o pericolose già contenute in quello che beviamo

Ma chi dovrebbe provvedere e perché le cose si trascinano senza che cambi nulla? Risposta semplice: la deroga. E’ in base a questo dispositivo che periodicamente i Comuni chiedono e ottengono che “provvisoriamente”, quel provvisorio che in Italia è sinonimo di definitivo, venga consentita l’utilizzazione dell’acqua per uso potabile, pur con parametri ben oltre i limiti.

Vediamo un caso concreto. Alcuni giorni fa a Civitavecchia, su alcuni giornali locali, oltre che sul sito Internet del Comune, viene pubblicato un anonimo “Avviso Pubblico sui valori di vanadio e trialometani totali nell’acqua”. In modo tranquillizzante “si informa la cittadinanza che la Regione Lazio con il Decreto del Presidente della Regione Lazio n. T0225 del 29/06/2011, su parere del Ministero della Salute e del Ministero dell’Ambiente, ha concesso al Comune di Civitavecchia la deroga ai valori di parametro per i Trialometani totali contenuti nell’acqua potabile entro il valore ammissibile di 60 microgrammi per litro”. Si aggiunge poi che “i Trialometani totali sono sottoprodotti delle attività di clorazione delle acque negli impianti di potabilizzazione” e dopo aver assicurato che gli ultimi valori accertati si attestano a “55 microgrammi per litro” (in una zona), “quindi entro i limiti stabiliti dal Decreto legislativo n. 31”, la ASL RM F continuerà a monitorare le acque …” .

A parte queste scarne e insufficienti informazioni fornite ai cittadini, è bene sapere che il limite dei trialometani totali, stabilito proprio da quel D.lgs 31, è di 30 microgrammi per litro (60 è il doppio del valore massimo). Questi Avvisi, ed altri annunci sparsi in tutta Italia, non rispondono inoltre ad altri interrogativi che i cittadini si pongono, come ad esempio:

  1. cosa sono e quali danni arrecano i trialometani agli organismi umani?
  2. da quanto tempo va avanti questa storia e cosa si dovrebbe fare?

Per rendere potabili le acque ed eliminare i colibatteri (contaminazione da scarichi fognari) si utilizza il cloro. Ma il cloro, a contatto con l’acqua, sviluppa una serie di sostanze chimiche note con il nome di trialometani (cloroformio, bromoformio etc.) che sono considerate potenzialmente cancerogene, come osserva il professor Vincenzo Riganti dell’Università di Pavia (vedi qui), e in particolare per la prostata come sostiene il professor Giorgio Moretti dell’Università di Padova.

Fra l’altro il locale Coordinamento medici e farmacisti per la tutela dell’ambiente e della salute, già quattro anni fa, aveva fa messo in guardia la popolazione circa la “tossicità per tutti gli organi vitali” e per la “patogenicità cancerosa” dei trialometani.

A quanto pare nulla è cambiato da allora.

Ricorrendo quindi alla “deroga”, l’acqua diventa potabile per decreto sino al 31 dicembre 2011, ma la salute non ritiene di essere soggetta a queste regole. E in più l’informazione al pubblico circa la presenza dei trialometani nell’acqua non è adeguata, come prescrive l’articolo 6 del Decreto del Presidente della Regione Lazio n. T0225 del 29/06/2011.

Poi si chiederà un’altra deroga e così via. Nulla impedisce poi che tutto finisca in mare determinando un ulteriore danno all’ecosistema, uomo compreso.

Ma come ottenere un’acqua senza patogeni e senza trialometani? Non c’è la soluzione magica e neanche la chimica ha risolto senza generare ulteriori effetti collaterali. Anche altre tecnologie utilizzate anche in altri paesi, come l’ozono o i raggi ultravioletti combinati con acqua ossigenata, si sono dimostrate molto costose (oggi) e non sempre sicure.

Quale rimedio adottare? A parte la decisione, certo difficile ma a volte necessaria, di rinunciare all'acqua se essa comporta rischi rilevanti per la salute dei consumatori, qualcosa si può fare per tutti per gli acquedotti e in particolare per quelli che utilizzano prevalentemente acque superficiali.

Se infatti la contaminazione delle acque superficiali è dovuta prevalentemente alla presenza di sostanze organiche di origine antropica, è dalla tutela del territorio che è necessario partire. Oggi, ARPA o ASL prelevano campioni mensilmente, ma sarebbe indispensabile monitorare costantemente anche il percorso dell’acqua dalla sorgente alla captazione, coinvolgendo le comunità locali, individuando ed eliminando tutte le fonti inquinanti durante il tragitto. E punire i colpevoli, naturalmente.

A questo punto qualcuno potrebbe ritenere più semplice ricorrere all’acqua nelle bottiglie di plastica, ma appare quanto mai insensato se solo si considerano i costi crescenti e gli ulteriori problemi legati allo smaltimento.

Quindi non ci sono scorciatoie. Se vogliamo ridurre i rischi per la salute dobbiamo ridurre l’impatto sull’ambiente. In assenza di nostri comportamenti virtuosi, di una nostra diretta responsabilità, l’acqua del futuro sarà un veleno. Altro che oro blu!

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.158) 6 dicembre 2011 14:29

    Bell’articolo. Esiste una soluzione per l’acqua di rubinetto che non sia l’acqua in bottiglia.
    Non solo è possibile levare i trialometani ma anche qualsiasi altra impurità o sostanza non necessaria, incluso virus e batteri.
    Si tratta dei cosiddetti depuratori d’acqua domestici.
    Particolarmente l’OSMOSI INVERSA che è la più potenete tecnologia e la microfiltrazione.
    Ovvio che bisogna affidarsi a ditte serie che forniscano prodotti made in Italy, con certificazione di alimentarietà dei componeneti e che soprattutto forniscano un installazione e manutenzione periodica e a regola d’arte.
    Io ne ho uno marcato Acqualife che mi fa anche acqua fredda e gasata, ma sopratturo me la fa oligominerale.

  • Di (---.---.---.102) 6 dicembre 2011 22:00

    Non ho citato intenzionalmente i depuratori domestici perché se l’acqua viene garantita all’utente come potabile, lo deve essere davvero, visto che non è gratis. Sui depuratori per acqua seri bisogna affrontare costi che spesso non sono sopportabili da tutti, anzi.

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