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Autorità Antitrust, la casta degli ordini professionali

"La maggior parte degli Ordini sta resistendo ai principi di liberalizzazione introdotti dalla legge Bersani".
Così l’Antitrust si esprime in merito all’indagine conoscitiva riguardante il settore degli ordini professionali chiusa il 21 marzo scorso.

L’indagine è stata avviata a gennaio 2007 e la conclusione sembra impietosa circa l’effettivo recepimento da parte delle "caste professionali" dei principi ispiratori della legge Bersani in materia di concorrenza e competitività nell’esercizio delle libere professioni.

Gli Ordini, a cominciare da quello dei giornalisti e per finire con quello dei notai, non mostrano alcun interesse ad adeguarsi ad una legge che seppur imprecisa in alcuni punti, in quanto potrebbe essere fraintesa dal testo del decreto attuativo, è diretta a dare la possibilità a giovani qualunque di poter aspirare a svolgere una professione senza avere per forza "l’aiutino" di papà.

Un nuovo notaio è figlio di un vecchio notaio, un nuovo farmacista è figlio di un vecchio farmacista, un nuovo commercialista è figlio di un vecchio commercialista, e via di seguito.

Per questo l’Antitrust auspica nel comunicato stampa diffuso il 21 marzo:

  • l’abolizione delle tariffe minime o fisse
  • l’abrogazione del potere di verifica della trasparenza e veridicità della pubblicità esercitabile dagli ordini
  • l’istituzione di lauree abilitanti
  • lo svolgimento del tirocinio durante il corso di studio
  • la presenza di soggetti terzi negli organi di governo degli ordini
Si tratta di provvedimenti fortemente contrastati: se attuati gli ordini perderebbero il loro potere familistico, consolidato nel corso degli ultimi cinquant’anni. 

L’abolizione delle tariffe minime permetterebbe a giovani laureati, che si ritengono comunque bravi, di iniziare a farsi conoscere applicando delle tariffe più convenienti per gli utenti: se pago la stessa cifra per le consulenze del mio commercialista o ad un altro perchè cambiare?

Il potere degli Ordini di verifica della pubblicità non permette ai giovani che intraprendono una carriera notarile, medica, legale etc. di farsi conoscere.

Infine consentire lo svolgimento del famigerato tirocinio durante il corso di studio toglierebbe alla casta la manovalanza di cui si avvale sfruttando giovani neolaureati ai quali è imposto il praticantato per poter accedere all’esame di ammissione all’ordine, per poter esercitare la professione.

A tutti dovrebbe essere data la possibilità di esercitare un lavoro che piace e non solo a quei "bravi" figli di papà il cui futuro è già prospero dalla nascita per il solo fatto che ci sono delle corporazioni chiuse che hanno solo il fine di mantenere lo status quo.


I vantaggi e gli effetti positivi su tutta l’economia, nel caso in cui qualche "disinteressato" politico dovesse recepire in un disegno di legge le direttive dell’Antitrust, si potrebbero calcolare nell’ordine di parecchi miliardi di euro: quale riduzione di spesa per coloro che si avvalgono di consulenze specialistiche e aumento del tasso di occupazione per coloro i quali, terminata l’università, volessero mettere in pratica ciò che hanno imparato con tanti sacrifici.

Liberalizzare! 

E’ questo che ci sentiamo ripetere da quindici anni: liberalizzare il settore dei trasporti, liberalizzare le telecomunicazioni, liberalizzare i servizi di pubblica utilità, liberalizzare l’acqua.

Liberalizzare significa "rendere conforme ai principi del liberismo, eliminando gli ostacoli che impediscono il libero scambio".

Privatizzare significa invece "trasferire a proprietà privata ciò che invece è riservato a proprietà pubblica".

L’accusa di tutti coloro i quali si oppongono al concetto di privatizzare è quella di mettere nelle mani di pochi gli interessi della collettività, snaturando lo stesso concetto di Stato.

Il Diritto stesso non è altro che l’insieme delle norme, dei regolamenti, degli atti amministrativi posti all’interno di una comunità che si erge a Stato, al fine di assicurare la pacifica convivenza.

I diritti oggettivi sono oggi subordinati a quelli soggettivi, che mai coincidono con gli interessi della collettività, come l’infima cultura politica di questi ultimi quindici anni ci vuole far credere.

D’altronde lo stesso Parlamento non è altro che l’espressione di Ordini di casta: basta guardare le professioni di appartenenza dei nostri legislatori.

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