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Autobus inadeguati, negligenza e indifferenza: la Notte dei Musei di Roma inaccessibile per due ragazze disabili

L'odissea di Silvia e Concetta, due ragazze con disabilità motoria che volevano solo andare al museo

Sabato 18 maggio a Roma c'è stata la Notte dei Musei, un appuntamento ormai fisso per la Capitale, con monumenti, mostre e collezioni permanenti accessibili a tutti gratuitamente fino a tardi.

Ho scritto "a tutti"? Mi correggo, quasi a tutti. Sì, perché una serata spensierata come questa può trasformarsi in un vero e proprio incubo se ci si scontra con la negligenza delle istituzioni. È accaduto a due ragazze con disabilità motoria, Silvia e Concetta, che della Notte dei Musei possono raccontare solo l'odissea tra l'inefficienza dei mezzi pubblici di Roma. Ecco la cronaca di Silvia, pubblicata sulla sua bacheca di Facebook:

Cronistoria di un sabato sera come un altro di due persone disabili. C'è la notte dei musei, si decide di andare al museo dell'Ara Pacis a vedere Salgado. Premessa: c'è tempo fino all'1 di notte per prendere il biglietto e fino alle 2 per visitare la mostra. Ore 20:30 partenza da casa. Arrivo del 556, inaccessibile. Il mio ragazzo smonta la carrozzina, mi fa salire sull'autobus, rimonta la carrozzina. Arrivo a centocelle ore 21:00, si smonta la carrozzina, si scende dall'autobus, si rimonta la carrozzina, si prende il tram fino a termini. Ore 22:00 arrivo a Termini, in perfetto orario per l'appuntamento con Ketty. Attesa di Ketty per andare insieme al museo. Ketty sopraggiunge in ritardo alle 22:40 incavolata nera perché, per raggiungerci a termini da casa sua, un autista del 492 aveva fatto finta di non vederla alla fermata ed aveva continuato la corsa senza nemmeno fermarsi. Ecco il motivo del suo ritardo. Ci rallegriamo però del fatto che siamo ancora in tempo per farcela, che è sabato sera, che possiamo ancora raggiungere i nostri amici che ci aspettano all'Ara Pacis. Ore 22:50 ci dirigiamo alla fermata del 70, l'ultimo mezzo da prendere per arrivare a destinazione. Tempo di attesa del 70, 1h e 20min, infatti l'autobus arriva a mezzanotte e 10. Ultima corsa della giornata. Autobus inaccessibile. Inaccessibile non nel senso che non ha la pedana funzionante, inaccessibile nel senso che c'è una magnifica sbarra rossa in mezzo a tutte le entrate che impedisce il passaggio delle carrozzine. Autista infastidito dalle nostre lamentele chiude le porte e riparte lasciandoci a terra. Telefonata in centrale dall'ispettore per denunciare il fatto, l'ispettore, che si trovava già a Termini, ci raggiunge a piedi. Sono le 00:20. L'ispettore si scusa per i disagi e ci assicura che, non appena a termini arriverà un autobus adatto, ricollocherà quella corsa apposta per noi due e ci farà arrivare al museo. Attesa. Attesa. Attesa, bestemmie. Sfilano davanti a noi circa 20 autobus, tutti provvisti della famosa barra rossa. Attesa, attesa, sconforto. Ore 00:50 arrivo di un autobus adatto. Mancano dieci minuti e la biglietteria chiuderà, non ce la faremo mai, abbiamo perso la notte dei musei e guadagnato la notte dell'Atac. L'ispettore, fa scendere tutti dall'autobus e dà all'autista istruzione per riaccompagnarci a casa. Un autobus tutto per noi. Per una volta sono i normodotati a restare a terra infastiditi dietro le porte che si chiudono e l'autobus che riparte. Abbiamo perso l'ennesima possibilità di vivere una serata in tranquillità. Abbiamo guadagnato l'ennesimo "poverine" da parte di chi ci compatisce e l'ennesimo "arrangiati" da parte di chi ci disprezza. In fondo noi volevamo solo passare il sabato sera in modo normale. Siamo diventate disabili per l'ennesima volta, non abili, non abilitate, non adatte pur essendo due normalissime persone che volevano solo andare al museo. Il contesto ti rende disabile, gli altri ti rendono disabile, i mezzi di trasporto, il sindaco di Roma che in questi giorni si riempie la bocca di "sociale" per via della campagna elettorale, i marciapiedi senza scivolo. Non chiamateci poverine, permetteteci di arrivare al museo. Prego chi vorrà farlo di condividere il mio status e di far girare questa storia, forse non servirà a niente ma almeno non cadrà nel dimenticatoio. Grazie. 

Una storia che merita di essere condivisa e raccontata, perché episodi del genere non dovrebbero accadere in un paese che ama definirsi "civile". Eppure questi casi sono consuetudine quotidiana, figli di quell'indifferenza prontamente giustificata dall'idea che ci sia sempre qualcosa di più importante da fare o da pensare che occuparsi di certe questioni.

Vorrei poi porre l'accento su un punto, affinché non passi in secondo piano: i disservizi denunciati da questo racconto non sono da intendersi limitati al singolo evento "Notte dei Musei" e alla sola città di Roma, ma riguardano una quotidianità ben nota a tantissime persone in tutta Italia. Secondo un rapporto Istat pubblicato nel 2012 (*), sono infatti circa 500mila le persone che, convivendo con problemi di salute e di disabilità, hanno difficoltà a uscire di casa se non assistite: questo anche a causa delle barriere architettoniche e relativa assenza di supporti per la mobilità, come ascensori, scivoli, servoscala, segnali sonori, percorsi guida e così via, ovvero tutti quegli elementi assolutamente necessari per rendere accessibili città, mezzi e strutture.

"Il contesto ti rende disabile, gli altri ti rendono disabile", scrive Silvia, amareggiata e arrabbiata.

Come possiamo darle torto?

(*Rapporto: Inclusione sociale delle persone con limitazioni dell'autonomia personale. Anno 2011, Istat, 2012. È possibile consultare il rapporto qui)
Questo articolo è stato pubblicato qui

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