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Crocetta: "La battaglia finirà o con una vittoria contro la mafia o con la mia morte"

di Federica Gastaldi e Francesco Piccinini.

E’ Maurizio La Rosa l’artefice del piano mafioso per uccidere Rosario Crocetta. La polizia di Stato, l’ha arrestato stamane insieme ad altri mafiosi residenti in Lombardia. I provvedimenti sono stati emessi dal gip del Tribunale di Caltanissetta Giambattista Tona.

A La Rosa e agli altri arrestati sono stati imputati i reati di associazione mafiosa e di aver imposto il pagamento del ’’pizzo’’ a imprese siciliane che effettuavano lavori in altre regioni italiane.

Gli agenti monitoravano i frequenti spostamenti di La Rosa tra la Sicilia e il capoluogo lombardo dove incontrava, spesso, appartenenti alle cosche mafiose di Gela. Qui, nell’Italia che spesso si sente distante dal fenomeno mafioso, che i boss proseguirebbero i loro affari illeciti e avrebbero pure la disponibilità di armi.

L’operazione denominata "Gheppio" ha fermato il tentativo di ricostituzione a Gela del clan di Cosa nostra capeggiato dalla cosca Emmanuello. 

Dell’attentato a Crocetta ha parlato anche il boss pentito Carmelo Barbieri, il cui primo verbale di interrogatorio da collaboratore di giustizia è del 6 marzo 2009. Alle sue dichiarazioni si aggiungono anche le intercettazioni da cui si riscontra l’idea degli uomini del clan Emmanuello di uccidere Crocetta, Sindaco di Gela e attuale candidato alle Europee per il PD.


Mafia siciliana e lituana in uno sposalizio perfetto e maledetto. Le loro velleità raccolte, ancora una volta in un’onda energetica da sprigionare contro Rosario Crocetta, sindaco di Gela e vessillo della lotta antimafia. Il giorno prima del suo compleanno, il candidato alle Europee riceve delle news sul regalo che il gruppo mafioso degli Emmanuello gli stava impacchettando. Si tratta di un regalo che puzza di morte.

“Questo sindaco finocchio dice sempre che Gela è mafiosa, che solo lui è pulito e gli hanno dato la scorta con due finanzieri. Però lui deve andare a casa, e come andare a casa. Ah, ah!- ride il lituano - A Kanaus, dove sono nato, c’è una squadra come Corleone. Operiamo come Corleone?»

Questo quanto emerso dalle intercettazioni del dicembre del 2003. Così Marius Denisenko, lituano nell’abitacolo della sua Mercedes, si rivolse a Rocco di Giacomo, boss di Gela.

Quello a Crocetta, non è il primo ultimatum. Già da quegl’anni il paladino dell’antimafia portava avanti il suo progetto di legalità cercando di mettere ordine nel mondo degli appalti, defenestrando imprese maleodoranti di mafia e così infastidendole.

La polizia scoprì che la “Stidda” stava preparando un agguato, utilizzando un killer venuto dalla Lituania, il suddetto Denisenko, che avrebbe dovuto uccidere il sindaco durante la processione dell’Immacolata, l’8 di dicembre. Per lui era già arrivato il tritolo.

«La polizia mi disse di non muovermi - raccontò - nel frattempo vidi attorno a me improvvise eccezionali misure di sicurezza. Io feci solo una capatina in chiesa. Lì ricordo che vidi uno che sembrava russo, era vicino a me, lo avevo già incontrato altre volte, evidentemente mi seguiva. Mentre prendeva l’ostia poteva avere la pistola in tasca e spararmi. Allora non capii nulla, poi, leggendo questa storia, ho ricostruito tutto...».

Il lituano venne rimpatriato con provvedimento della questura, mentre al sindaco venne assegnata la scorta visto il pericolo. Dopo alcuni mesi scattò l’operazione Imperium che provocò una ventina di arresti. Da qui una serie di intimidazioni destinate a Crocetta.

Quel pomeriggio dell’8 dicembre 2003 Rosario Crocetta non l’ha mai potuto dimenticare. Non ha mai potuto scrollarsi di dosso i brividi che si ingrossavano sempre più ad ogni successiva, seppur sporadica, intimidazione. Una volta venne trovata forzata la porta della terrazza che sovrasta gli uffici del sindaco, un’altra volta venne rinvenuto un coltello dietro uno dei tubi di scarico dell’acqua piovana, prossimi all’ingresso cui accede più frequentemente.

INTERVISTA A ROSARIO CROCETTA.


Sindaco prima di tutto: come sta?

Il mio è un sentimento di rabbia. Penso a quando mia madre apprenderà la notizia e penso "povera donna". Penso alle madri dei poliziotti che fanno la scorta, penso alle mogli dei poliziotti che rischiano la vita per 1300 euro al mese. Penso che questo paese sia un mondo alla rovescia dove i poliziotti che rischiano la vita sono chiamati sbirri e i mafiosi vengono ammirati. Questo è il mio sentimento in questo momento.
 
In questi giorni abbiamo letto comunicati che dicevano che lei utilizzava l’antimafia come promozione elettorale e d’immagine: questa è la risposta?
 
A me non piace la politica politicante; a volte ho più paura della politica che della mafia, perché la mafia la conosco e so che hanno deciso di eliminarmi. Più volte hanno fatto questi progetti, questa è la prima volta che ci sono stati degli arresti. E’ un fatto importante per il quale voglio ringraziare la DIA di Caltanissetta e le forze dell’ordine. Le altre volte non è andata così. Dico solo che io non sono un uomo d’antimafia di facciata. La scelta dell’antimafia è una scelta di vita. La mia è una battaglia fatta di coerenza. Negli ultimi 8 anni a Gela sono stati arrestati 852 mafiosi, insieme a Tano Grasso, a Caponetti e all’associazione antiracket abbiamo portato centinaia di imprenditori a esporre denuncia. Purtroppo essi, denunciando, finiscono subito nel mirino.
 
Per questo c’è da avere, alle volte, più paura della politica che della mafia ed è brutto questo. La politica a volte collude, altre volte abbassa la voce; la politica che pur di dare colpi bassi pensa di mettere in secondo piano un valore importante come quello della legalità.
 
Lei ha detto che questa è già la terza volta, ormai è chiaro che la mafia la voglia uccidere. Perché lei dà tanto fastidio?
 
I fatti, centinaia di arresti, denunce, nomi e cognomi in piazza, deposizioni. Quanti politici conosce che hanno deposto per sei ore e mezza in tribunale per il racket del pizzo a Gela? Facendo nomi, cognomi e circostanza.
 
Questi arresti al nord?
 
Questi arresti al nord mi fanno pensare che la cosa non finisca qui. Conosco troppo bene la mafia e so bene come è organizzata, come è ramificata e mi fa pensare che il piano di Cosa Nostra continuerà, se già tre volte è stato sventato significa che la battaglia con questi signori si concluderà o con la vittoria contro la mafia o con la mia morte. Io non vedo altri scenari.
 
Domani è il 25 Aprile, la festa della liberazione in Italia.
 
Ci siamo liberati dal fascismo e speriamo di liberarci dalla mafia, che è una forma di oppressione del popolo siciliano che impedisce il riscatto e la libertà.

Putroppo il nostro 25 Aprile ancora deve arrivare. Speriamo di liberarcene.

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