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Arriva l’Atlante italiano dei conflitti ambientali, una mappa nazionale della (in)giustizia ambientale

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Environmental Justice Atlas

 

ROMA - Non ci sono dubbi, da decenni è in corso una vera e propria guerra tra chi intende salvaguardare la salute e il delicato equilibrio che regge l'ecosistema e chi tenta di far apparire sostenibile, o anche "mitigabile" come dicono gli esperti, il progressivo avvelenamento dell’ambiente in nome di un lavoro sempre più precario, talvolta un miraggio, un salto nel passato ed espressione quanto mai attuale del ricatto lavoro-salute nei tempi di crisi.

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da sinistra: Marianna Stori, Joan Martinez Alier, Marica Di Pierri, Marco Cervino

Nella memoria collettiva rimangono ancora impressi alcuni dei luoghi dove si è verificata qualche grande tragedia, ma nulla di più. Tutto il resto scompare dalle pagine dei giornali e spesso non si trova traccia nei telegiornali, neanche quando si profilano veri e propri disastri annunciati. E’ mancata, almeno in Italia, una mappa aggiornata di tante situazioni che hanno inciso in profondità la vita delle collettività ma ora questa lacuna è colmata dall'Atlante dei confitti ambientali, curato dal Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali, attivo dal 2007 nell'informazione e documentazione sulla gestione delle risorse naturali e sul loro impatto in termini di conflitti e giustizia ambientale.

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Paola Pilisio

L'Atlante, presentato nella libreria romana Fandango, non è un libro ma una piattaforma web geo-referenziata, consultabile gratuitamente, alla quale – come chiarisce la ricercatrice Marianna Stori - hanno lavorato dipartimenti universitari, ricercatori, giornalisti, attivisti e comitati territoriali. A ogni luogo è associata una scheda descrittiva. Si ritrovano località e territori entrati nell'immaginario collettivo, simboli permanenti delle più emblematiche emergenze ambientali e delle testimonianze di comunità impegnate nella difesa del territorio. Dal Vajont a Casale Monferrato, da Taranto a Brescia, dalla Terra dei Fuochi alla Val di Susa, sono 100 le schede raccolte sino ad ora, in costante aumento e aggiornabili dagli stessi utenti del portale, previa registrazione e validazione dei dati immessi.

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Daniela Patrucco

L'Atlante è probabilmente l'unico strumento di partecipazione e condivisione dei fattori di rischio ambientali che attraversano l'Italia in lungo e in largo, casi noti e tanti altri conosciuti solo in ambito locale come la geotermia dell’Amiata o gli impianti a biomasse e biogas, piccoli ma velenosi funghi prodotti da incentivi insensati.

Marica Di Pierri, la portavoce di A Sud di cui il CDCA è emanazione, cogliendo l’opportunità di sfruttare al meglio la presentazione dell’Atlante e dei suoi potenziali sviluppi, ha chiamato per l’occasione scienziati e professionisti che si interessano a vario titolo di ambiente, medicina, salute e territorio, mondi contigui non sempre in sintonia tra loro. Sono intervenuti Joan Martinez Alier, economista dell'Università Autonoma di Barcellona, già membro del comitato scientifico dell'Agenzia Europea dell'Ambiente (EEA), Maurizio Torrealta, giornalista e direttore della giuria Premio Ilaria Alpi nonché caporedattore inchieste RaiNews24, Marco Cervino, fisico del CNR-ISAC, Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima, Ferdinando Laghi, Vicepresidente Nazionale ISDE – Medici per l’Ambiente e Roberta Pirastu del dipartimento di Biologia e Biotecnologia dell’università di Roma La Sapienza ma anche vicepresidente dell’Associazione Italiana di Epidemiologia e membro del Progetto Sentieri, lo Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento, diventato un punto di riferimento indiscusso su quanto succede alla salute umana nelle aree compromesse da attività industriali a grande impatto ambientale.

Se il mondo scientifico è alla ricerca di prove, i rappresentanti dei movimenti hanno meno dubbi perché vivono sulla propria pelle gli effetti che l’inquinamento produce nelle famiglie, nella vita stessa delle persone, costrette a sobbarcarsi costi sociali elevatissimi.

Tanti gli intervenuti, tutti hanno presentato i propri racconti sulle loro terre che avrebbero bisogno di una grande attenzione da parte della politica, di decisioni coraggiose. Così dalla Sardegna, Paola Pilisio racconta un’isola di veleni e di servitù militari, nella quale la chimica verde o di qualsiasi altro colore è semplicemente insostenibile di fronte ai non pochi problemi di salute rilevati in troppe aree, ormai allo stremo. Dalla Liguria, Daniela Patrucco di Spezia via dal carbone, parla dell’energia prodotta da un carbone nero inquinante come sempre, eppure utilizzato in ben tredici centrali in Italia di cui tre nella sola regione ligure.

Egidio Giordano, lancia l’allarme dalla Campania, la regione con maggiori conflitti ambientali dove il tanto invocato “mercato” ha creato prima l'inquinamento e poi con la bonifica ha prodotto un nuovo business, ma la salute delle persone è quanto mai a rischio e appare poco credibile l’affermazione del ministro della Salute sulle responsabilità di errati stili di vita. Ylenia D'Alessandro del Comitato No Muos di Niscemi ricorda la pericolosità di un diverso e più subdolo inquinamento, quello dei campi elettromagnetici del sistema di comunicazioni satellitari che ha suscitato una rivolta popolare. 

Tommaso Cacciari esprime invece la protesta del comitato "No grandi navi" di Venezia per la pericolosità rappresentata da queste navi enormi, città galleggianti più alte dei palazzi del centro storico, alla sicurezza di un patrimonio ambientale unico oltre che alla salute dei cittadini a causa dei fumi emessi.

Questi sono solo alcuni degli interventi che descrivono un malessere crescente espresso da questo Atlante che, occorre ricordarlo, è stato realizzato nell'ambito del progetto europeo di ricerca Ejolt, finanziato dalla Commissione europea. L'atlante globale è consultabile alla pagina www.ejatlas.org.

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