• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Europa > Ankara riconosce ai siriani il diritto al lavoro. Troppo tardi?

Ankara riconosce ai siriani il diritto al lavoro. Troppo tardi?

(di Mehmet Cetingulec, per al Monitor. Traduzione dall’inglese di Patrizia Stellato).

A metà gennaio la Turchia ha finalmente concesso ai rifugiati siriani il diritto di lavorare legalmente, dopo cinque anni dall’inizio dell’afflusso di profughi provenienti dal suo vicino meridionale devastato dalla guerra. Tuttavia, molti dei siriani più altamente qualificati fuggiti in Turchia si sono già diretti verso l’Europa, come migranti selezionati o affrontando pericolosi viaggi clandestini per terra e per mare.

Nella gestione dell’incessante ondata di rifugiati, Ankara ha dato priorità alla sistemazione di questi ultimi piuttosto che alla questione dei permessi di lavoro. Allo stesso modo, sbrogliare la situazione dei siriani qualificati e preparati traendo profitto dal loro lavoro non è stata considerata una mossa degna di un’azione rapida. Un numero enorme di lavoratori rifugiati è stato impiegato illegalmente in lavori sottopagati e poco allettanti.

Poco prima che la concessione di permessi di lavoro su vasta scala entrasse formalmente in vigore il 15 gennaio scorso, il portavoce del governo, il vice primo ministro Numan Kurtulmus, ha dichiarato che su due milioni e 400 mila siriani rifugiatisi in Turchia dal 2011, solo 7.351 hanno ottenuto un permesso di lavoro – una cifra impressionante che mostra come i siriani siano stati tagliati fuori dal mercato del lavoro. Solo i siriani benestanti, dotati di mezzi per avviare piccole e medie imprese private, hanno ottenuto il permesso di lavoro, mentre gli altri sono stati impiegati illegalmente nel lavoro a basso costo.

Un nuovo capitolo si è aperto ora per i siriani in Turchia: il regolamento del 15 gennaio riguarda tutti i siriani che hanno ultimato le procedure di registrazione nel Paese. Potranno, però, lavorare solo nelle province dove risiedono e in ogni luogo di lavoro il numero di siriani non potrà superare il 10% dell’intero personale.

Nel chiarire i motivi della decisione, Kurtulmus ha ammesso: “Qualcuno veniva qui in missioni di reclutamento, portando i siriani competenti e altamente qualificati nei loro Paesi. I siriani non sono solo bambini che vendono fazzolettini ai semafori”.

Tuttavia, tanti tra i siriani più qualificati fanno già parte delle centinaia di migliaia di rifugiati scappati in Europa. Sono andati via. Concedendo ai siriani permessi di lavoro, la Turchia tenta di evitare la fuga in Europa di quelli qualificati rimasti nel Paese, come ha dichiarato di recente il vice Primo Ministro Yalcin Akdogan. In un’intervista rilasciata al canale televisivo Haberturk il 16 gennaio, Akdogan ha affermato: “I Paesi europei… lasciano entrare i siriani che appartengono a certe categorie di lavoro qualificato. Anche la Turchia ha delle lacune in alcuni campi. Ci sono anche altri settori dove possono lavorare persone un po’ meno qualificate. L’agenzia interinale pubblica annunci per posizioni aperte in alcuni ambiti ma nessuno vi fa richiesta. … I siriani possono essere impiegati in diversi rami. Se non avessimo concesso i permessi di lavoro, la forza lavoro qualificata sarebbe andata in altri Paesi e ci saremmo ritrovati in una situazione molto diversa”.

Tuttavia, secondo alcuni la mossa del governo è poco efficace ed è arrivata troppo tardi. Erdogan Toprak, deputato senior del principale partito all’opposizione, il Partito Popolare Repubblicano (CHP), lamenta che la Turchia, per la terza volta dalla Prima guerra mondiale, non sia riuscita ad approfittare di un grande flusso di forza lavoro qualificata.

Parlando ad al Monitor, Toprak ha affermato: “Durante la prima guerra mondiale, si verificò una forte ondata di migrazione dalla Russia alla Turchia. Erano persone istruite, ma la Turchia non riuscì a impiegarle in modo adeguato… e se ne andarono in Europa. Nella seconda guerra mondiale, dalla Germania arrivarono persone colte e raffinate, tra cui scienziati, matematici e via dicendo. Pochi studiosi trovarono lavoro in posti come l’Università di Istanbul, mentre molti altri non riuscirono e andarono via. Più di recente, le persone istruite provenienti dalla Siria avrebbero potuto ricevere un diverso trattamento, ma hanno capito bene le opportunità che il Paese offriva e hanno tentato di andare in Europa il prima possibile. La Turchia non ha saputo trarne beneficio”.

Secondo Toprak, l’esodo di persone qualificate è stata la peggiore batosta inflitta alla Siria dalla guerra civile e compensare tale perdita richiederà parecchi anni anche se il conflitto dovesse finire presto. “La fuga dei capitali può essere recuperata ma per sopperire alle risorse umane qualificate ci vorranno come minimo vent’anni”.

Il deputato del CHP ha criticato il governo turco per aver definito i siriani forza lavoro “flessibile”. “Utilizzano questo termine per riferirsi al lavoro a basso costo, implicando che i siriani possano essere assunti con una paga al di sotto di quella minima”, ha dichiarato Toprak. “Considerare i siriani forza lavoro sottopagata è un errore. I lavoratori qualificati non possono essere forza lavoro flessibile. In quest’ottica, si perderanno anche le persone [qualificate] che rimangono in Turchia”.

In un’interessante rubrica del 15 dicembre, Saim Tut del quotidiano Dirilis Postasi offre un resoconto diretto di come i siriani qualificati siano stati sprecati. “Cosa abbiamo fatto per aiutare i siriani istruiti e qualificati che stanno provando a costruirsi una vita in questo Paese, che considerano il più vicino a loro? Niente”, scrive il giornalista. “Recentemente ho aiutato un giovane farmacista, laureatosi all’Università Kalamun di Damasco, ad avere un lavoro come cameriere in un ristorante di un mio caro amico. … Ieri sono andato con molto dispiacere all’aeroporto Esenboga di Ankara per salutare il mio amico Firas, un ingegnere nucleare di Hama, in partenza per la Germania. Alcuni mesi fa ho scritto un articolo intitolato ‘Lava bene i piatti, ingegnere siriano!’. Eh sì, è successo proprio davanti a miei occhi. Quanto siamo benevoli e splendidi!”.

 
 
Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità