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Alfano, Grasso e l’antimafia della volontà

Presentato a Roma l’ultimo libro di Elio Veltri, "Mafia Pulita", sugli affari economici delle mafie. Mentre a Palermo i magistrati non hanno le password per accedere ai conti correnti di Cosa Nostra.

Mafia Pulita” è il titolo dell’ultimo libro di Elio Veltri, membro nel 2006 delle Commissioni parlamentari Antimafia, Giustizia e Corruzione, e fondatore dell’associazione Democrazie e Legalità. Scritto con Antonio Laudati, magistrato di Cassazione e Direttore Generale della Giustizia Penale presso il Ministero della Giustizia, il libro racconta gli affari legali della <<Mafia S.p.A.>>, <<la prima azienda italiana per fatturato utile netto e una delle più grandi per addetti e servizi>>, che nel 2003 ha fatturato utili per 83 miliardi di euro, pari al 7% del prodotto interno lordo italiano. <<Un’industria nella quale, secondo un sorprendente documento della Dia, lavorano addirittura il 27% degli abitanti della Calabria, il 12% dei campani, il 10% dei siciliani e il 2% dei pugliesi>>. <<Il perimetro delle "mafie pulite" - ha detto ieri Elio Veltri - è il mondo>>. 

Gli affari della <<multinazionale del crimine da 1000 miliardi di dollari>> vengono raccontati attraverso la storia vera di cinque persone. Un nome su tutti, Vito Roberto Palazzolo, condannato in via definitiva per traffico di stupefacenti nel processo “Pizza Connection” e in primo grado per mafia <<in quanto uomo d’onore della famiglia di Partinico>>. Nella sentenza si legge che Palazzolo <<si è occupato di organizzare vasti traffici internazionali di droga e complesse operazioni di riciclaggio di denaro sporco>>. <<Uomo nelle mani di Provenzano>> nonché <<punto di riferimento principale di natura economica dei corleonesi>>, oggi vive latitante in Sudafrica sotto falso nome. Chi ha seguito le cronache semiclandestine del processo Dell’Utri lo conosce attraverso le intercettazioni della sorella Maria Rosaria, detta Sara, che <<è entrata più volte in contatto con Dell’Utri e i suoi familiari>> per <<risolvere i problemi di Roberto, che sono anche quelli di Marcello>>. Sara ha bisogno di alleggerire la posizione processuale del fratello, soprattutto di <<ammorbidire le richieste di assistenza e rogatoria internazionale>> e di avere un aiuto <<a livello ministeriale>> per il quale c’è bisogno di <<una buona raccomandazione>>. Di Dell’Utri, Vito dice: <<Non devi convertirlo, è già convertito>>. Dell’Utri, che viene quindi <<considerato un sicuro terminale al quale potersi tranquillamente rivolgere>> (scrivono i pm Gozzo e Ingroia), <<accetta di incontrarsi con Palazzolo Vito Roberto per il tramite della sorella>> in una telefonata di cui non si conosce la trascrizione in quanto il Senato non ha autorizzato la sua utilizzazione.

Fra le storie raccontate nel libro c’è quella di Maria Licciardi, <<’a picirella>>, diventata, <<per necessità>>, <<capo riconosciuto dell’Alleanza di Secondigliano>>. Quella di Cipriano Chianese, coinvolto nel traffico di rifiuti tossici sotterrati nei campi di Giugliano e <<candidato da Forza Italia, sostenuto dalla maggior parte dei capi dei clan, con la sola defezione, pare, di Francesco Bidognetti>>. E quelle dei narcotrafficanti della ‘Ndrangheta; di Salvatore Morabito, uomo della ‘Ndrangheta attivo a Milano, arrestato nel 2005 per associazione mafiosa.

Il libro è stato presentato ufficialmente l’altroieri in Campidoglio, a Roma. Insieme agli autori erano presenti i ministri Ronchi (Politiche Comunitarie) - che è stato capace di qualificare la “borghesia mafiosa” come <<luogo comune>> - e Alfano (ufficialmente Giustizia). Sono intervenuti anche Antonio Manganelli, capo della polizia, e Piero Grasso, procuratore nazionale antimafia nonché calciatore provetto formatosi nella Bacigalupo allenata da Dell’Utri, insieme al figlio di Gaetano Cinà.


Alfano celebra di continuo Giovanni Falcone, citandolo come fonte di ispirazione del Governo. Pubblicizza i grandi successi del Governo nella lotta alla mafia (attribuendosi anche meriti di un progetto di legge di un senatore del PD, Felice Casson), e il decreto sicurezza, “baluardo”, secondo il Ministro, della legislazione antimafia. <<Vi è stato un tempo nel nostro paese in cui aveva molta importanza l’antimafia delle parole, noi abbiamo fatto l’antimafia delle leggi>>. Nessuno gli chiede se il “decreto intercettazioni” rientri nell’”antimafia delle leggi”.

Anche Grasso, passato alla storia addirittura per aver promosso nel pool antimafia di Palermo il procuratore Pignatone, noto <<aggiustatore di patate>> (secondo la definizione di Giovanni Brusca), celebra Falcone e Borsellino <<che dagli assegni bancari fra i mafiosi erano riusciti a costruire l’organigramma dell’organizzazione mafiosa>> perché, spiega Alfano, la <<tracciabilità degli spostamenti del denaro>> è fondamentale. Viene da chiedersi, allora, come si possa accostare la necessità della tracciabilità alla disattivazione della password che permette ai magistrati di monitorare i conti correnti e che, da marzo, è stata revocata alla Procura di Palermo, tanto che il procuratore aggiunto Roberto Scarpinato ha dichiarato, furibondo, al Sole 24 Ore: <<In questi mesi, a causa di questo scippo, abbiamo perso l’occasione per sequestrare miliardi. Scandalo nello scandalo, la password non è stata data neppure alla Banca d’Italia che ha il compito di contrastare il riciclaggio dei capitali sporchi>>.

Non potendo chiederlo direttamente al Ministro, che, al termine della presentazione, si è defilato all’istante da un’uscita laterale, abbiamo chiesto spiegazione al procuratore Grasso. <<Senza quelle password l’acquisizione dei dati è molto rallentata>>, ha detto l’11 giugno al Corriere della Sera Magazine.

Eppure ieri si è mostrato incredibilmente pacato e sereno: <<Ma tanto – ci ha detto – i magistrati si possono rivolgere alla Guardia di Finanza>>. Per quale motivo gli investigatori debbano passare ad ogni controllo per la guardia di finanza non è dato sapere. Scarpinato al Sole 24 Ore ha detto: <<Con questa revoca siamo tornati agli anni in cui bisognava fare richiesta di informazioni a ogni singola banca>>.

Ieri, ad ogni modo, il procuratore Grasso ci ha rassicurati: <<Ho saputo prima che il Direttore degli Affari Penali ha firmato stamattina, ora manca solo la firma dell’Agenzia delle Entrate>>. L’epilogo di questa vergogna è vicino. Viva l’<<antimafia della volontà>>.

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.43) 26 giugno 2009 12:29

    La mafia sta approfittando della crisi e sta spingengo sull’acceleratore per allargare le proprie conquiste...

    E probabilmente sta cercando di mettere sotto ricatto il governo berlusconi con la questione delle donne di piacere...

    Se prima era lo stato a imporre condizioni ai mafiosi ora sono i mafiosi che grazie al loro aumentato potere economico e sociale stanno dettando condizioni alla stato... e alle banche che hanno bisogno della liquidità che deriva dal lavoro denaro e dal traffico di droga, armi e esseri umani.... la mafia sta diventando il primo datore di lavoro in Italia... dopo i partiti naturalmente...

  • Di Federico Pignalberi (---.---.---.118) 26 giugno 2009 18:03

    Ragazzi, gli avvocati di Dell’Utri hanno detto stamattina (seri!) che l’espressione di Palazzolo: <<Non devi convertirlo, è già convertito>> è stata ha detta << perché si è creato questo aspetto mediaticamente di un riferimento a Dell’Utri come immagine in qualche modo vicina o comunque accessible verso un sistema non perfettamente legale e corretto>>. Dell’Utri non c’entra: <<lì c’era la millanteria>>. Dovremmo quindi credere <<al comodo alibi>> di <<ogni possibilità di millantare un riferimento>> al senatore?

    Tutti i dettagli nella puntata di martedì. Buon divertimento.

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