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Al di là delle montagne di Jia Zhangke

Al di là delle montagne. Film che non brilla per semplicità o linearità, si fa pesante, ricco di scene madri e frasi da ricordare. Abbraccia la vita di tre persone – una donna desiderata da due uomini, uno dei quali, il più “buono”, rinuncia alla contesa – lungo 26 anni, dal 1999 fino al 2014 e poi al 2025. Forse negli ultimi 11 anni il regista immagina o mostra cosa la Cina diventa o cosa è già diventata, cosa diventano gli uomini col progresso: in effetti il film è anche un viaggio tra usi strade e genti, fiumi immensi e panorami, dalla Cina rurale a quella moderna con ponti e grandi opere.

Naturalmente la protagonista divorzierà da colui che sposa, manifestamente cattivo incolto e arrogante dalle prime scene ma destinato a far soldi (il futuro di cinesi rampanti che imitano le orme di occidentali loro simili), tanto da chiamare Dollar il figlio che nasce dai due e che sarà affidato al padre trasferitosi in Australia. Dei 130’ di durata ben 50’ occorrono per il prologo, l’antefatto, solo allora compare il titolo e i cinesi diventano “moderni”, ma ancora con scene di cattivo gusto, come un pianto esagerato al funerale del padre della protagonista, cerimonia condotta da un presentatore macchietta che in precedenza si vede a svolgere la stessa mansione a una festa di nozze.

Altro tema centrale è la crescita di Dollar, un ragazzo che quasi perde la sua identità per via della lontananza dalla madre che non vede da quando era bambino, identità che ritrova in parte raggiunti i vent’anni, con l’aiuto della sua insegnante, altra storia improbabile di un amore breve che sembra un succedaneo del perduto affetto materno. Della madre conserva la chiave di casa che lei gli diede, forse partirà per ritrovarla ma per fortuna il film si chiude qui e ci risparmia l’epico reincontro. L’amico buono ricompare con moglie e bambino, ma è malato e abbisogna di denaro per le cure: la mancata sposa inevitabilmente lo aiuta ma il personaggio poi si perde nello sfilacciamento del racconto.

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