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A Lirio Abbate, dopo Marco Travaglio, il premio Libera Informazione, libera dai ricatti

C’è un riconoscimento, poco noto ma raro tra la miriade di premi che a vario titolo inondano la penisola, dedicato alla Libera Informazione. E’ l’annuale “Memorial Sandro Mecozzi”, ricordato a Civitavecchia non solo come insegnante e come allenatore di atletica, ma come formatore di diverse generazioni di giovani all’insegna dell’impegno nello sport e nella vita.

E proprio per l’impegno quotidiano al servizio di un giornalismo poco salottiero, fatto di inchieste sul campo che, dopo Marco Travaglio lo scorso anno, è stato premiato, nell’Aula consiliare del Comune di CivitavecchiaLirio Abbate.

Siciliano, giornalista di punta dell’Espresso sui fatti di mafia e corruzione politica, è anche autore, con Peter Gomez, del saggio I compliciTutti gli uomini di Bernardo Provenzano da Corleone al Parlamento.

E’ un peccato che le istituzioni non fossero presenti, e neanche i giornalisti. Hanno perso tutti un’occasione per conoscere i rischi, anzi le quasi certezze, che questo paese corre nel degrado politico oramai percepibile a tutti livelli, per l’assenza di un’informazione che entri in profondità nella realtà, che faccia luce sui fatti, in modo trasparente, diretto.

Nel suo intervento, Lirio Abbate ha chiarito come poco sia cambiato dall’epoca di tangentopoli quando i soldi andavano prevalentemente ai partiti, mentre dopo sono arrivati direttamente ai singoli. Un’analisi impietosa che mette sotto accusa un intero sistema politico, in cui nessuna parte è al riparo dalle infiltrazioni mafiose.

Un esempio arriva dalla Sicilia, dove alcuni giorni fa sono stati arrestati anche uomini appartenenti alla sinistra, perché collusi con la mafia. E questo fatto fa particolarmente male, aggiunge Abbate, se solo si pensa a quanti tra sindacalisti, politici sono stati assassinati e come neanche questi sacrifici siano riusciti ad arrestare l’avanzata mafiosa verso i vertici dello Stato. E’ noto come la mafia inquini la democrazia e come continui a far breccia anche nelle stesse nomine della politica locale o nazionale. Manca una consapevolezza diffusa su come si stia estendendo il fenomeno mafioso, anche in regioni come il Lazio e più a nord. La mafia, la camorra e gli altri fenomeni malavitosi sono ben consci della propria forza, quando normali cittadini che, ad esempio, subiscono un furto, non lo denunciano alla polizia o ai carabinieri, ma si rivolgono al capo locale per ritrovare un motorino o un’auto rubata, Queste organizzazioni vivono di “riconoscimenti”, da qui traggono la loro forza economica e il consenso. Un sistema talmente forte e collaudato che ha portato persino lo Stato, il riferimento è al caso del generale Mori, a trattare conRiina, dopo l’uccisione di Paolo Borsellino e della sua scorta.

Ma come i cittadini potranno mai sapere qualcosa se uno come Minzolini,“un servo dell’informazione” come lo ha definito Lirio Abbate, addomestica le notizie e narcotizza i telespettatori? Ma non sarà certo dal TG1 che gli italiani sapranno qualcosa di più. E’ probabile che per far fronte a questa “anomalia” del sistema tutto italiano dell’informazione sia necessario inventare nuove piattaforme di informazione, come dimostra il caso Santoro.

Lirio Abbate ha anche risposto alle domande del pubblico, in particolare sull’uso da parte di Enel e di altri produttori di energia di sistemi convincenti, ma non si sa quanto trasparenti, per far accettare alle comunità locali ulteriori sacrifici ambientali, in cambio di una manciata di posti di lavoro.

Su questo aspetto, cioè sulle aziende che condizionano anche la stampa, attraverso la pubblicità o anche con ricatti occupazionali, Lirio Abbate ha citato la sua ultima inchiesta pubblicata questa settimana dall’Espresso, “Il salotto dei farmaci d’oro”. Qui si fa riferimento alla nota industria farmaceutica Menarini di Firenze, della famiglia Aleotti, coivolta in una "truffa allo Stato per 860 milioni di euro. E soldi a 54 deputati del Pdl”.

Ma per ritornare alla realtà locale, proprio a Civitavecchia le cose non vanno poi così bene se è vero che Tirreno Power, controllata da Sorgenia, nel cui azionariato è presente con una quota importante Carlo De Benedetti, presidente dell’Editoriale l’Espresso, vorrebbe far bruciare in un gruppo attualmente dismesso della centrale di Torre Valdaliga Sud, le “biomasse”. Sono di ignota provenienza ma di sicuro effetto sulla già grave situazione ambientale della zona. 

E, indovinate, si parla già di …problemi occupazionali.

CGIL, IDV, SEL, i medici di di ISDE-International Society of Doctors for the Environment-Alto Lazio e tutte le associazioni ambientaliste sono contrarie. E gli altri? Forse trattano la resa e …le condizioni. E anche qui c'entra l'informazione che non morde e la politica, non è un mistero per nessuno.

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