• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Mondo > A Gaza il carburante costa meno del cibo per asini

A Gaza il carburante costa meno del cibo per asini

A fianco di auto e moto superlusso dei capi di Hamas a Gaza prima imperversavano carretti trainati da asini. Lenti, ma economici ed essenziali per la sopravvivenza di una zona così fatiscente (non certo a causa di Israele o della “comunità internazionale” dalle quali arrivano quotidianamente una quantità di aiuti superiore a quella di qualunque altra popolazione al mondo). Ora, però, sono stati sorpassati da ciclomotori a tre ruote provenienti dall’estremo oriente. Contrabbandati a centinaia attraverso l’Egitto negli ultimi mesi, questa sorta di risciò, conosciuti anche come “tuk-tuks”, hanno congestionato il territorio palestinese, anche perché il carburante è diventato più economico del cibo per asini.

Alcuni trasportano semplici carichi, altri sono stati attrezzati con sedili imbottiti, con tettucci colorati e tendine merlettate. Servono come taxi, scuolabus o per consegnare le pizze. Sono diventati il simbolo dell'abilità degli abitanti di Gaza ad adattarsi alla difficile situazione causata soprattutto dalle regole autoritarie dei fondamentalisti islamici di Hamas.

I tuk-tuks hanno contribuito a creare alcuni posti di lavoro, in una popolazione che conta il 30% di disoccupati. Ahmedi Madhoun racconta che, non potendo insegnare perché non è sostenitore di Hamas, ha comprato un tuk-tuk quattro mesi fa per duemiladuecento dollari, importo che un operaio giornaliero ottiene in quattro mesi di lavoro. Ora Madhoun guadagna tra gli otto e i 14 dollari al giorno distribuendo merci tra i negozi e consegnando razioni alimentari delle Nazioni Unite.

La scorsa settimana Madhoun e altri autisti di tuk-tuk si sono riuniti davanti al centro distribuzione dell'Onu dove fino a pochi mesi fa i carretti tirati dagli asini aspettavano di prendere i sacchi di riso e farina.

L'economista Mohsen Ramadan sostiene che circa il 20% dei richiedenti piccoli prestiti alla sua agenzia desiderano il denaro per comprare i tuk-tuks che vengono importati clandestinamente perché l'Egitto non permette il commercio con la Striscia.

Questo mezzo di trasporto singolare è cominciato ad apparire nelle strade di Gaza diversi mesi fa e i vantaggi sono diventati subito evidenti, generando l'aumento della domanda. Anche il nome stesso ha trovato immediatamente posto nel vocabolario arabo palestinese acquisendo un plurale nuovo: “takatek”.

Un ufficiale di polizia sostiene che è stato vietato il trasporto di persone, soprattutto di bambini, perché pericoloso, ma nonostante questo, i carretti sono sempre affollati. In teoria non potrebbero superare gli 80 Km orari e trasportare più di 600 kili, ma queste regole non vengono osservate e si è già verificato un incidente mortale.

Il divieto imposto non ha fermato Shadi al-Ajel che trasporta operai per 25 centesimi a testa. Ha equipaggiato il suo tuk-tuk con sedili imbottiti, l'ha fornito di calotta appoggiata su una cornice metallica e ha decorato gli interni con tendine dorate e con poster che pubblicizzano l'attività di imbianchini della sua famiglia.

Con l'avvicinarsi dell'inverno e il permesso israeliano di importare automobili, i prezzi sono scesi vorticosamente e così al-Ajel ora desidera cambiare il suo tuk-tuk con un furgoncino. Ha portato il suo veicolo al mercato delle auto usate sperando di trarne un buon guadagno viste tutte le modifiche e aggiunte apportate. Non è però l'unico, molti autisti vanno fieri delle loro migliorie: tessuti, ruote, plexiglass, qualunque materiale è buono per attirare i clienti.

I tuk-tuks, quindi, generano a catena altri affari: fabbri, meccanici, sarti hanno visto le loro attività crescere improvvisamente durante il blocco.

Secondo il Ministero dei Trasporti, che ha cominciato a chiedere la registrazione dei mezzi, ci sono finora 1500 vetture, ma nessuno sa esattamente quanti siano realmente. Tuttavia è chiaro che stanno mandando in pensione gli asini che sono tornati soltanto per un breve periodo durante il quale il carburante scarseggiava a causa del blocco. L'animale costa circa 14 dollari a settimana, l'equivalente di una giornata di lavoro, con la stessa cifra si può comprare il gas sufficiente per 750 kilometri con i tuk-tuks che “sono più veloci, migliori e più puliti e infine gli asini muoiono, i tuk-tuks no”, conclude Madhoun.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares