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Pedofilia: la sottile linea tra psicopatologia e desideri aberranti

Sul «Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali» - per molti libro sacro della diagnostica in ambito psichiatrico, alla voce "pedofilia" si legge: "persone, aventi più di 16 anni, per le quali i bambini o le bambine costituiscono l’oggetto sessuale preferenziale, o unico. Occorre inoltre che il sintomo persista in modo continuativo per almeno 6 mesi. Non si considera pedofilia il caso di persone maggiorenni quando la differenza di età rispetto al minore è meno di 7 anni. Non sono da considerare pedofili i soggetti attratti principalmente da persone in fasce di età pari o superiori ai 12 anni circa, purché abbiano già raggiunto lo sviluppo puberale".

Comprendiamo quindi: che il pedofilo è una persona affetta da squilibrio mentale scientificamente riconosciuto, ma anche che vi sono alcuni parametri da prendere in seria considerazione per ciò che riguarda l’età del minore e la tipologia di menifestazione pedofila. Ad esempio, esistono pedofili di Tipo Esclusivo (attratti solo da bambini/e) o pedofili di Tipo non Esclusivo (attratti da adulti e minori). Ma anche pedofili differenziati (attratti da uno dei due sessi nei minori) ed indifferenziati (attratti da entrambi i sessi).

La pedofilia rientra oggi nelle parafilie, quelle malattie di origine mentale che un tempo venivano chioamate "deviazioni" o "perversioni" in cui rientrava addirittura l’omosessualità, oggi ormai accettata come tendenza sessuale e non più devianza.

Le parafilie, a loro volta, possono essere descritte come una serie di atteggiamenti - in campo sessuale - che riportano ad un comportamento compulsivo. In poche parole: se l’oggetto del desiderio sessuale rientra in alcune categorie riconosciute come "non accettabili" e se il soggetto non può fare a meno di replicare l’atteggiamento o l’attrazione sessuale verso persone, fatti oppure oggetti, ecco che si rientra nella lista delle parafilie.

Per fare un esempio: la necrofilia (attrazione verso i morti) la Zoofilia (attrazione sessuale verso gli animali) e la stessa pedofilia, rientrano in questo contesto.

C’è quindi da fare una serie di riflessioni, che non vengono mai prese in considerazione quando si parla di pedofilia. Solitamente, quando le cronache aprono il portone di qualche episodio di violenza e di abusi sui minori, l’opinione pubblica si scaglia contro il pedofilo di turno, manifestando rabbia, schifo e sconcerto. Molti, specialmente sul Web, manifestano pensieri omicidi nei confronti di chi si macchia di quel reato così abominevole, come quello delle morbose e spesso violente attenzioni nei confronti di minori.

Tutto giusto, ma dovremmo anche individuare chi è "colpevole" di un misfatto in quanto magari attratto si da un/a minore, ma lo fa per licenza sessuale, per attitudine a testare nuove strade di godimento - il cosidetto "libertino" - e chi, affetto appunto da patologia psichiatrica, non può in alcun modo gestire e controllare impulsi sessuali che lo portano ad essere - in qualche modo - vittima di se stesso.

Da un lato quindi, l’abuso per libertinaggio, ai danni spesso di ragazze in età da primi approcci sessuali, ove diviene sempre più difficile individuare uno stato di consenziente approvazione, dall’altro il malato psichico che non può fare a meno di mettere in atto e reiterare un comportamento compulsivo.

Queste considerazioni, non tolgono certo importanza e spessore alle manifestazoini pedofile, ma vogliono portare a riflettere in maniera un pò più approfondita, su ciò che l’opinione pubblica - a buona ragione - considera criminale.

E’ criminale colui che approfitta di un minore al solo scopo di trovare un’ulteriore motivo di godimento. E’ criminale il padre che abusa di una figlia. E’ criminale chi rappresenta il proprio status, anche attraverso l’"acquisto" di minori magari in paesi dove la prostituzione minorile è all’ordine del giorno e persino accettata dalla comunità.

Ma è criminale allo stesso modo chi, vittima di una psicopatologia, non riesce a frenare un istinto che lo colloca appunto fra le personi sofferenti di un disturbo psico/psichiatrico?

Riflettere su queste due facce, che sembrano di una stessa medaglia, potrà aiutare a comprendere meglio gli accadimenti e collocare nella giusta dimensione le persone protagoniste di tanti fatti di cronaca.

Oltretutto, è bene ricordare anche, che l’età del primo rapporto sessuale per le femmine e per i maschi, si abbassa vertiginosamente, come riportato da molti studi in corso, e questo determina in qualche modo, una sorta di capacità di discernimento che solo per termini di Legge attualmente non viene riconosciuta.

Se da un lato la normativa - N° 66/1996 - prevede che "minore" sessualmente sia un/a ragazzo/a fino ai quattordici anni, dall’altro i ragazzi di questa fascia di età appaiono sempre più consapevoli delle loro scelte in ambito sessuale. D’altronde, quanti sono i minori che approcciano alla loro nascente sfera sessuale con un coetaneo? In quel caso l’atto sessuale viene quasi "tranquillamente" accettato.

Da notare poi, che nel caso di adulti attratti sessualmente da adolescenti prossime all’età limite come previsto dalla Legge, non si parla più di pedofilia bensì di "ninfofilia" o "efebofilia".

Insomma: per poter determinare in maniera inequivocabile l’atto pedofilo solo ed esclusivamente come "criminale" occorre scandagliare bene sulla tipologia di adulto che effettua l’atto pedofilo.

Con questo, nulla si toglie allo sconcerto che in tutti viene generato di fronte a qualsiasi abuso nei confronti di minori. Ma conoscendo approfonditamente l’aspetto peculiare alla base dell’atto stesso, sarà più facile determinare uno stato di malattia da uno di puro abuso sessuale, generato da adulti non affetti da patologia psichiatrice.

Si tenga peraltro in considerazione, che spesso i soggetti psichiatrici affetti da pedofilia, sono stati a loro volta minori abusati. Minori che crescendo, hanno sviluppato in loro una deviazione sessuale scaturita dall’abuso subito. L’essere umano ha un’infinità di reazioni di fronte agli accadimenti negativi della vita: c’è chi "rimuove" totalmente un accadimento, e si ritrova magari da adulto a far esplodere quanto a suo tempo rimosso, e diviene a sua volta "aguzzino". C’è chi metabolizza il male ricevuto e - magari con l’aiuto della famiglia e di un buon psicologo - affronta la vita con una percezione ottimizzata dei fatti accaduti. E c’è chi - magari inascoltato, non compreso, non visto, diviene adulto senza la possibilità di arginare un dolore così grande da non poter essere accettato, e lo scaglia a sua volta contro altri soggetti, simili in utto a se stessi all’epoca delle violenze subite.

Comprendere per curare. Sapere per sconfiggere. Attraverso la conoscenza, sarà possibile sempre poter avviare un processo di gestione di quei fatti che appaiono superficialmente collocabili in atti criminali. Curare, nel caso di soggetti psichiatrici, è il passo di umanità che utti dobbiamo poter condurre nella nostra Società: per far chiarezza fra chi soffre di un disturbo e chi non teme nulla pur di soddisfare un desiderio malsano.

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