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2013, che l’utopia accompagni Taranto

C’è una canzone degli U2 che in una strofa dice: ”Niente cambia a Capodanno”. Vedendo questa foto qui a fianco devo ammettere che ciò potrebbe rivelarsi vero e che, noi tarantini, dovremmo forse giungere a una conclusione: continuare oppure no?

Quando Vittorio Arrigoni nella sua battaglia pacifica a Gaza veniva tentato di smettere dinanzi ai corpi maciullati dei bambini palestinesi, ricordava dentro di sé una parola: speranza. Dovremmo agganciarci noi a questo, dovremmo sperare ma anche riempirci di momenti costruttivi per il nostro futuro, grazie alle vittorie che dovremmo avere per le nostre battaglie. Nel 2012 le battaglie sono state tante in campo ambientalista, ma abbiamo perso è inutile negarlo. L’utopia di Vittorio, di don Giorgio De Capitani, il popolo tarantino la tiene dentro di sé? È stata raggiunta, è una speranza fattibile? L’utopia raggiungibile potrebbe spronare il nostro futuro e la speranza, solo quella, non potrebbe bastare.

La differenza tra chi delle due cose avrà il giusto premio o valore per noi, sarà il percorso dei fattori decisivi e positivi che ci verranno incontro. Speranza e utopia, magari di una vittoria finale, devono essere affiancate da avvenimenti positivi. La prima vive anche senza fattori concreti, oggettivi. L’utopia è una forma di narcisismo per chi vede una meta, un traguardo e si sprona e sprona a vicenda gli altri, affinché questo traguardo lo si raggiunga a tutti icosti. La speranza è finita qui a Taranto. L’utopia deve essere il mezzo per arrivare alla meta, al destino di tutti noi.

Vittorio nell’utopia dei suoi giorni aveva e vedeva la speranza. Ha fallito forse anche lui, ma solo perché è stato brutalmente ucciso. Ma chi da lui ha bevuto il significato di ogni suo sacrificio per Gaza, ha una meta e la vede lì, nella libertà della Palestina. Quindi anche noi, immergendoci nell’utopia, vedremo forse meglio ciò che adesso la speranza ci nega.

Auguri a tutti, iniziamo assieme un altro anno.

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