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Commento di Fabrizio Cinti

su I quarant'anni del Sessantotto


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Fabrizio Cinti 10 settembre 2008 19:32

Io nel 1968 sono nato, compio 40 anni lunedì prossimo.
Di quei (pochi) anni ho vissuto gli strascichi, dalla prospettiva "privilegiata" della periferia (dove ancora c’erano ragazzini che si atteggiavano a Hippy, a fine anni ’80).

Credo che se poca gente abbia voglia di parlare oggi dei sogni del 1968, delle speranze, della volontà di cambiare il mondo... è perché è davvero triste constatare che cosa sta facendo quella generazione, oggi che è al potere.
In Italia si è instaurata la dittatura dei massoni e delle mafie, se proprio vogliamo escludere il Vaticano, e i cittadini sono ridotti a schiavi strozzati dai debiti con le banche. I figli degli extracomunitari sono la speranza di evitare la bancarotta fra qualche anno.
Gli Stati Uniti, patria degli 800.000 di Woodstock, non hanno mai smesso di fare guerre.
Parlare del 1968 servirebbe solo ad accendere nostalgia in qualche animo, ed a riflettere su come abbiamo fatto a cadere così in basso, grazie ai nostri uomini e donne più in alto.

Meglio stendere un velo pietoso. Meglio tacere e non ricordare, non pensare a quando i giovani si ribellavano fuori dalle scuole, quando ingenuamente o meno cercavano un modo per vivere "alternativo" alla mer*a che percepivano. Oggi sappiamo che non c’è alcuna speranza, oltre all’emigrazione per chi può permettersela.


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