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Yemen: potere e interessi economici, i nodi del conflitto

di MISNA Missionary International Service News Agency

“Il nostro timore, il timore della popolazione yemenita, è che questo conflitto si protragga a lungo e che trascini a fondo tutti”: così Mohammed Ismail, analista del Centro studi economici di Sana’a (Semc) intervistato dalla MISNA, mentre il paese – teatro di una guerra di potere tra milizie Houthi ed esercito regolare fedele al presidente Abd al Rabbo Mansour Hadi – rischia di precipitare nel caos e nella guerra civile.

Come si vive oggi a Sana’a, occupata da circa un mese dalle milizie della ribellione Houthi?

“Per le strade non si combatte più ma è un ritorno alla normalità solo apparente. I ribelli hanno occupato posizioni strategiche e nei ministeri ma la presenza di uomini armati per le strade è cospicua. L’attentato di venerdì si è consumato in una strada del centro, molto frequentata e sempre piena di gente. La paura che attacchi simili possano verificarsi di nuovo è alta tra gli abitanti”.

Si troverà una soluzione al conflitto, o si rischia – come ha ammonito l’inviato speciale Onu Jamal Benomar – che la guerra” si protragga come in Iraq, Siria e Libia”?

“Credo e spero che il paragone con questi paesi non sia indovinato, perché aprirebbe davanti a noi uno scenario difficile e altamente drammatico. Temo tuttavia che la decisione dei miliziani Houthi di marciare verso Taiz, la terza città del paese e oltre, minacciando di arrivare a Aden, dove si trova il presidente Hadi, segni un passo in avanti verso una radicalizzazione del conflitto”.

Quali sono gli interessi in gioco in questo momento?

“A differenza di quanto si legge sui media, l’origine di questa guerra non è settaria. Come spesso accade gli interessi politici ed economici sono nascosti sotto la superficie. Nonostante si sia ritirato dalla politica, il vecchio presidente Ali Abdallah Saleh non è affatto scomparso dalla scena. Oggi è diventato uno dei principali sostenitori dei ribelli Houthi ed è in lotta aperta contro Hadi. Dal punto di vista strategico ed economico poi, chi prende il controllo su Aden, controlla anche lo stretto di Bab el-Mandab, la porta di accesso al Mar Rosso, uno snodo fondamentale nel trasporto di petrolio mondiale. Questo fa si che l’interesse nei confronti di questa città sia così alto”.

Ci sono ingerenze di altri attori regionali nel conflitto?

“Sullo sfondo della crisi si proiettano le ombre di Iran e Arabia Saudita. In molti ritengono che Teheran supporti attivamente gli Houthi, mentre Riad – il principale rivale della Repubblica Islamica – che condivide con lo Yemen una lunga frontiera comune, sostiene il presidente Hadi. Se si troverà una soluzione a questa guerra sarà anche grazie ad accordi che travalicano i nostri confini nazionali”.

È stato scritto che quella che si consuma in Yemen è anche una guerra per la leadership dell’universo estremista tra Al Qaida nella Penisola araba (Aqap) e il cosiddetto Stato Islamico di Abu Bakr al Baghdadi…

“Ma in fondo, per noi, sono due facce di una stessa medaglia: sono tutti fanatici in lotta tra loro. In questa situazione il futuro non può che portare altra guerra, e altre vittime innocenti”.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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