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Vivere liberi dalle minacce della fede

Aveva solo trentun anni, H. Farook. Aveva, perché è stato ucciso giovedì scorso da quattro uomini che l’hanno ritenuto “colpevole” di aver pubblicato online commenti critici nei confronti della religione.

Farook è soltanto l’ultimo razionalista a perdere la vita in India, un paese che afferma la laicità fin dal testo costituzionale. Prima di lui erano stati assassinati Govind Pansare, Narendra Dabholkar e Malleshappa Madivalappa Kalburgi. Nel vicino Bangladesh il numero di vittime è persino maggiore, gli attacchi addirittura endemici. E nell’altro grande vicino, il Pakistan, la situazione si sta rapidamente deteriorando: alcuni attivisti sono stati “misteriosamente” rapiti alcuni settimane fa, mentre nei giorni scorsi è stata dichiarata una guerra istituzionale all’ateismo da parte della politica, dei giudici e dei leader islamici. È una deriva estremista raramente conosciuta dal subcontinente indiano, dove l’ateismo ha una storia ormai quasi trimillenaria.

In questo clima pesantissimo, la divisione islamica della Bbc non ha trovato di meglio che pubblicare su Twitter una domanda veramente incredibile: “qual è la giusta punizione per la blasfemia?”. Come se la blasfemia debba sempre e comunque essere punita, a prescindere. L’emittente forse più nota al mondo si è poi scusata, ma l’episodio è comunque significativo. L’intimidazione religiosa ottiene l’effetto sperato e non risparmia ormai nessuno, ovunque, e nel mondo anglosassone è stata ormai ideologicamente metabolizzata come “normale”.

A Birmingham, la città che Kenan Malik ha portato quale esempio delle peggiori politiche multiculturaliste, una ragazza velata è stata ripresa mentre ballava per le strade. Il video è stato diffuso su internet, la ragazza ha ricevuto minacce di morte ed è stata poi costretta insieme alla propria famiglia a una umiliante abiura da due predicatori, senza che praticamente nessuno abbia trovato il coraggio di commentare la vicenda.

La sussistenza di leggi che condannano la critica della religione è un arcaismo che deve essere debellato al più presto. Non lo diciamo solo noi: è una richiesta che proviene anche dai vertici dell’Onu e dal Consiglio d’Europa. Eppure tali leggi persistono senza troppi problemi: anche in Italia, dove il vilipendio è ancora un reato e la bestemmia costituisce illecito.

Abolire ogni legislazione che condanna la blasfemia non è tuttavia sufficiente. Occorre anche garantire che ogni cittadino sia veramente libero di esprimersi, e per farlo è indispensabile essere intransigenti, a qualunque livello, nei confronti di chiunque si arroghi il diritto di minacciare, o addirittura attaccare fisicamente, fino alla morte, chi critica le sue convinzioni religiose (e, beninteso, non religiose). Perché si tratta di un atteggiamento mafioso. Non c’è aggettivo più adatto: non ti devi permettere di criticarmi, perché io sono onnipotente e te la farò pagare. Assicurare la libertà di ognuno di esprimersi contro ciò che qualcun altro ritiene essere “sacro” è quindi una sfida a cui le società che si vantano di essere “libere” non possono più sottrarsi, se vogliono continuare a definirsi “libere”.

Raffaele Carcano

Questo articolo è stato pubblicato qui

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