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Visto umanitario. Nuovi orizzonti per il Mediterraneo

Dario Carnimeo per Segnali di Fumo

A pochi giorni dal discorso del Primo ministro Renzi alle Nazioni Unite, ritorna al centro del dibattito internazionale la strage di migranti che si consuma in maniera costante sulle coste del Mediterraneo, sempre più “cimitero delle genti”. La richiesta di risorse e fondi da parte dell’Italia conferma l’impegno con il quale il nostro governo cerca di inserire l’argomento all’interno del dibattito internazionale. Al di là delle problematiche attuative, però, restano ancora aperti quesiti di tipo teorico che non hanno trovato soluzione all’interno del Diritto.

Uno dei problemi principali rimane quello di allargare la copertura del sistema di tutela a una fascia più ampia di popolazione che migrando da un Paese all’altro si trova in grave pericolo, ma che non rientra fra gli aventi diritto. Sono un gran numero di individui che non rientrano nella stretta definizione di “rifugiato” del diritto internazionale, quindi non possono godere delle garanzie riservate a questo status, tuttavia hanno bisogno di un rifugio.

Bambini, donne, anziani in condizioni di salute ed economiche spesso molto critiche che magari non hanno il “fondato timore di essere perseguiti nel Paese d’origine per motivi di razza, religione, nazionalità […]” (Conferenza di Ginevra del 1951), ma che comunque non possono essere rimandati indietro né possono essere trattati come clandestini qualsiasi. Tutte queste storie non possono essere trascurate o abbandonate dai governi del mondo. C’è un buco fra le maglie del nostro ordinamento attraverso il quale i diritti umani non riescono a tutelare sufficientemente queste situazioni.

La soluzione a questa falla sistemica almeno in parte esiste, e si chiama Visto Umanitario, uno strumento che potrebbe essere utilizzato per concedere l’accesso legale al paese di destinazione in casi di ricongiungimento familiare, emergenze sanitarie, minori senza l’accompagnamento di adulti e addirittura di estrema necessità economica. Attraverso questo permesso eccezionale, si potrebbero migliorare in maniera efficace le condizioni di vita di esseri umani attualmente riconosciuti dallo Stato italiano come semplici e anonimi clandestini. Queste persone potrebbero invece ricevere attenzioni mediche adeguate, oltre a ottenere il permesso per una permanenza legale, almeno temporanea, all’interno del Paese.

Per il momento il Visto Umanitario non ha avuto grande seguito nei palazzi di giustizia europei. Un dibattito attivo e produttivo invece è in corso in America Latina, dove nuovi accordi internazionali prevedono un uso esteso di questo strumento di garanzia all’interno della Dichiarazione di Cartagena (1984). Speriamo che i nostri lontani cugini del Nuovo Mondo sappiano mettere in pratica questa bella iniziativa ed essere di esempio per il Vecchio Continente, che annaspa fra le dichiarazioni sensazionali ma ancora molto vaghe della politica europea.

Il Diritto per fortuna, o per sfortuna, è un animale dinamico, e da questo punto di vista i suoi limiti e le sue fragilità sono molto più sottili di quanto possano apparire. Per questo il motore della difesa dei diritti umani deve essere la sensibilizzazione della società civile, la quale tiene le redini di questo animale.

 

Foto: NoBorderNetwork/Flickr

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