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Violenza, Criminalità e Speranza: come la pulsione al crimine

“Storia criminale del genere umano” è l’opera davvero imponente e disarmante del “filosofo del male” Colin Wilson (www.newtoncompton.com, http://colinwilson.world.co.uk/default.aspx).

L’attempato scrittore britannico è nato nel 1931 e grazie a molti anni di lavoro è riuscito a sviluppare questo libro che raccoglie ogni aspetto possibile e inimmaginabile a riguardo della specie più violenta, sanguinaria e perversa che abbiamo mai abitato il pianeta terra: l’uomo criminale. Infatti, giovani cittadini, “la vostra visione di una società ideale, dove tutti sono gentili fra loro, è assurdamente semplicistica. La natura umana è molto più complessa di quanto voi pensiate, e fin quando non ne prenderete coscienza in maniera completa e totale, le vostre proiezioni di una società futura non potranno che rimanere disastrosamente ingenue” (p. 9). Anche dentro all’uomo più mite si cela un sentimento di lotta e di potere ben espresso dal filosofo americano William James che dopo aver soggiornato per una settimana in un istituto religioso per svolgere alcune conferenze esclamò dentro di sé: “Aaah, che sollievo! Non ne posso più di gentilezza e luce”. E mentre ritornava a casa in treno vide un operaio in bilico su un’impalcatura e pensò: “Ecco cos’è veramente la vita: spirito d’avventura, una sfida, un continuo azzardo… E ora via alla ricerca di qualcosa di selvaggio e primitivo… ” (p. 9).

Comunque, secondo il filosofo autodidatta, tantissimi criminali si appropriano “del diritto” di portare avanti una lotta senza regole e senza quartiere all’interno della società, approfittando dell’ipocrisia e delle ingiustizie che affliggono le classi dirigenti di quasi tutte le comunità umane. Anche Dostoevskij espresse un pensiero simile quando disse: “Costringetemi a comportarmi come tutti gli altri e distruggerete la parte più preziosa si me”. Ma oggigiorno sono ben poche le persone che hanno qualcosa di prezioso da difendere dentro di sé. Il conformismo dilaga e l’attuale società ipercompetitiva e iperconsumistica, con la sua interpretazione falsata della teoria darwiniana, promuove ben poco la creatività e tende piuttosto a incentivare i desideri di possesso e di criminalità. La realtà vera è questa: per l’essere umano l’appetito più potente “è l’anelito a un significato, e se questo viene negato l’uomo può diventare feroce e violento” (p. 9). E non c’è cosa più perturbante e destabilizzante della perdita di questa prospettiva. Dopotutto il criminale che affronta il suo primo giorno di galera è di fronte a due possibilità: capire che il gioco non vale la candela o interpretare la cosa come una dichiarazione di guerra a cui deve rispondere. Questo perché egli parte dalla premessa che la vita lo abbia trattato ingiustamente e nel tentativo di ristabilire l’equilibrio, prende delle scorciatoie per ottenere quello che desidera… il risentimento col tempo cresce con la conseguenza di desiderare scorciatoie sempre più brevi (p. 85).

Bisogna però ammettere che la vita è una valle di lacrime e che la giustizia non è di questo mondo. Il pensiero che troppe persone incapaci, antipatiche o disoneste sono molto più ricche di quello che si meritano ha dominato la mente di quasi tutti noi. Qual è quindi la cosa che fa la differenza tra la persona normale e quella criminale? Se “la felicità degli esseri umani si fonda sulla sensazione di realtà della volontà”, l’infelicità deriva dalla sensazione di perdita di controllo della propria vita (p. 87). Il criminale riacquista un senso di capacità e di felicità personali decidendo di non utilizzare il proprio autocontrollo per riuscire così a conquistare potere e denaro. Attraverso le parole di un assassino recidivo e sincero si può capire meglio questa cosa: “Non potrei redimermi nemmeno se lo volessi… C’è voluta una vita per plasmare queste abitudini, e credo che ci vorrebbe ancor più tempo per perderle, anche se lo volessi con tutto me stesso… Quello che mi stupisce è come diavolo un uomo della tua intelligenza e capacità, che mi conosce così bene, può ancora mostrarsi gentile con un essere come me, quando sono io il primo a disprezzare e detestare me stesso… Se qualcuno tenesse un cucciolo di tigre in una gabbia maltrattandolo… e poi lo mettesse in libertà perché desse la caccia al resto del mondo… ci sarebbero valanghe di proteste. Ma se le persone fanno lo stesso con dei loro simili, allora si rimane sorpresi scioccati e indignati per essere stati derubati, violentati e uccisi. Loro lo hanno fatto a me, però non gli va bene che io faccia lo stesso con loro” (Carl Panzram, p. 82-83).

Quindi il criminale è un bambino cresciuto e auto-viziato, che ha deciso di usare la violenza per ottenere subito quello che vuole. È una persona che si crea un suo privato senso della giustizia. Anche lui come tutti “gli esseri umani trascorre il 99 per cento del suo tempo all’interno della sua testa (p. 89): “La mente è il carnefice della realtà” (scritto indù), nel senso che i suoi pregiudizi mentali imprigionano e annullano la realtà delle cose. Inoltre le associazioni criminali territoriali sono fatte in modo da impedire agli affiliati e alla popolazione locale di pensare con la propria testa. E una cosa simile può accadere in tutte le istituzioni umane e si verifica nei fondamentalismi religiosi e negli estremisti legati alle ideologie politiche. Non è quindi un caso se sono milioni e milioni gli esseri umani morti a causa delle guerre di religione e delle guerre civili. In teoria e nella pratica, basterebbe ascoltare i vari punti di vista e segnalare le varie contraddizioni in un dibattito interpersonale o sociale per far emergere in ogni persona il desiderio e il piacere di riuscire a pensare con la propria testa (Alfred Reynolds, consulente ungherese antinazista, 1945, p. 95). Ma non tutti sono disposti ad ascoltare… E le vecchie e logore mappe mentali religiose e politiche continuano a mettere in difficoltà le persone, che fuorviate da un sistema di navigazione ormai superato dai tempi si trasformano in vecchie navi alla deriva abitate da affamati e da topi morti.

Bisogna poi sottolineare che per molti criminali, mentire è normale come respirare e quindi non tutti si possono riabilitare (e questo accade anche per molti politici). Del resto ogni esperienza è per metà mentale e per metà reale. Quindi a volte, è per metà criminale: viene quindi dato un significo personale che va contro quello morale e sociale. Ed è più marcato nei criminali il bisogno fondamentale di fare soldi e di diventare importanti o famosi. Per questo motivo molti criminali violenti o non violenti riescono a diventare dei personaggi famosi o dei politici affermati (spesso i criminali fanno parte del 5 per cento della popolazione maschile con “i geni da capo”).

Perciò tutti i cittadini e i vari politici buonisti dovrebbero ricordare bene queste parole: “persino un criminale intelligente rimane intrappolato nel circolo vizioso della sua stessa criminalità”. Le deviazioni caratteriali che trasformano una persona in uno stupratore o in un assassino impediscono quasi sempre di acquisire il genere di autodisciplina che permette di raggiungere un’autocoscienza equilibrata e il rispetto per gli altri (p. 17). “La pazienza non è mai stata una delle principali virtù dell’essere umano. Quando si presentano problemi che ne minacciano (o ne favoriscono) la sopravvivenza, l’uomo prova un desiderio istantaneo di risolverli immediatamente” (p. 524). Anche a costo di andare incontro a gravi conseguenze a medio o lungo termine (ad esempio subire la vendetta da parte dei parenti della vittima o il carcere a vita). Inoltre il sovraffollamento delle città aumenta lo stress, spersonalizza e favorisce l’aggressività rendendo difficoltoso lo sviluppo dell’empatia verso gli altri e anche più difficile l’identificazione dei criminali.

In realtà nella razza umana operano ancora quei meccanismi animali che troviamo nei primati (le scimmie antropomorfe). Dovranno passare ancora molte generazioni prima che si instauri un regime psicologico e interpersonale veramente paritario, democratico e civile. E purtroppo riguarderà sono una piccola porzione della popolazione. La forza bruta avrà sempre qualcosa da dire e l’occasione per manifestarsi. Infatti sembra che la stazione eretta dell’uomo sia servita principalmente per correre impugnando un’arma. Inoltre le armi hanno permesso la caccia individuale e la nascita dell’autocoscienza (Robert Ardrey). La mano che si muove a comando è stata il primo specchio della coscienza che ha permesso di scoprire l’intenzionalità. E purtroppo tutte queste armi hanno consentito anche la “vantaggiosa” guerra ai propri simili per sottrarre terre, femmine, animali domestici e oro. Per questa ragione e per fare schiavi, si è sviluppata la xenofobia… E così molte culture pacifiche del passato sono state sostituite da quelle che ora bombardano donne e bambini, e hanno arsenali nucleari. Siamo i figli sanguinari dei figli di Caino ed è solo da pochi anni che abbiamo iniziato ad usare il cervello in modo veramente razionale.

Del resto non bisogna dimenticare che la consapevolezza dei primi uomini di cultura era limitata ai fenomeni naturali e non esisteva l’introspezione così come la intendiamo oggi (Julian Jaynes, Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza, Adelphi, 1976). Ora siamo in grado di capire che l’emisfero sinistro del cervello (la ragione) e quello destro (l’emozione) sono come una coppia di vicini che litigano spesso e a volte con eccessiva aggressività, perché il “cervello animale” vuol dominare. Dunque ad oggi, l’unica soluzione possibile, sembra quella di favorire una consapevolezza intenzionale basata sulle proprie e sulle altrui emozioni e riflessioni, facendo diventare il dialogo personale e quello condiviso con gli altri una sana abitudine. Inoltre, l’educazione familiare e la formazione scolastica dovrebbero incentivare la “soluzione freudiana personalizzata” e abituare così ogni essere umano a fare un resoconto giornaliero delle proprie azioni, soprattutto prima di dormire. E forse per magia il giorno dopo molti di noi si risveglieranno più buoni, onesti e civili. “Quando sogniamo di sognare, stiamo iniziando a svegliarci” (Novalis).

Che dire di più… Fate molta attenzione a chi vi lusinga: “è difficile non vedere il lato migliore della gente che ci ammira” (p. 35). E, come i criminali, anche molti politici conoscono benissimo questi trucchi da teatrante, quando fanno appello alla Patria e al buon cuore dei cittadini della propria Nazione, per riuscire a sterminare e per meglio guadagnare. Infatti sanno benissimo che dentro a ogni uomo c’è un piccolo criminale che aspetta la sua guerra privata, tribale o nazionalista, per poter scatenare i propri istinti predatori e xenofobi (in guerra quasi tutti gli uomini hanno la possibilità di uccidere, violentare o derubare impuniti). Però e per fortuna di questi tempi ci sono film, divertimenti e relazioni educative che sono in grado di vaporizzare o di esiliare le nostre molteplici tentazioni destabilizzanti (le gare sportive sono la sublimazione di una battaglia).

 P. S. Dunque ho avuto a che fare con un autore davvero eccezionale, che però è severamente sconsigliato ai minorenni perché vengono descritti i particolari più sadici e atroci di molti delitti veramente efferati e raccapriccianti.

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